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La SIAE non è più sola

21 Ottobre 2014

La SIAE non è più sola

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Un'ordinanza di primo grado apre una crepa evidente nella posizione monopolista della SIAE in tema di diritto d'autore.

Con tutte le cautele necessarie quando si ha a che fare con provvedimenti di primo grado (per la precisione un’ordinanza, nonostante molti abbiano parlato di sentenza), la notizia si è comunque meritata massima visibilità.

Anche solo per il suo valore simbolico e poi per il riconoscimento di legittimità dell’operato di soggetti come SoundReef sul territorio italiano.

Sulla questione la SIAE aveva insistito più volte ed espresso la sua posizione in un documento ufficiale). La notizia evidenzia comunque una irrimediabile crepa nell’edificio ormai fatiscente del cosiddetto monopolio legale.

Tenevo però a precisare la ratio giuridica del fenomeno, dato che di proclami ed eccessive semplificazioni se ne sono già sentite fin troppe.

Bisogna in effetti dire che il problema dell’esclusiva (questo sarebbe il termine più corretto) nella gestione dei diritti d’autore non è una scelta di SIAE bensì una scelta del legislatore italiano, radicata nell’articolo 180 comma 1 della legge sul diritto d’autore:

L’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla SIAE.

Una norma che ha questa impostazione dal lontano 1941, in un periodo storico dove la centralizzazione di certi servizi poteva ancora avere un senso e anzi corrispondeva ad uno specifico disegno politico. Poi per fortuna i tempi sono cambiati e il mercato è diventato libero, allargato ad una prospettiva quantomeno europea se non, con l’avvento di Internet, addirittura globale.

Lungi da me difendere SIAE, la quale indubbiamente non ha mai avanzato proposte specifiche per superare la situazione e ha potuto quindi continuare ad avvantaggiarsi di questa sua posizione privilegiata. Direi che il nostro legislatore di tempo e occasioni per mettere mano a quell’articolo ne ha avuti. Molti giuristi hanno segnalato questa esigenza ma sono stati ignorati; altri l’hanno invece giustificata parlando di un monopolio naturale; qualcuno si è addirittura attivato con una petizione. Vediamo ora se almeno lo spunto lanciato abbastanza chiaramente da un tribunale (un tribunale di un certo peso in materia qual è quello di Milano) avrà qualche riflesso, sia come esempio per altri giudici sia come stimolo per il legislatore.

Se così non fosse (cosa probabile, viste le note resistenze nell’intervenire sulla legge sul diritto d’autore), non ci resterà che aspettare ancora una volta l’arrivo di una direttiva europea che non lascerà più scampo nemmeno ai legislatori più pigri tra quelli dell’UE. A dire il vero dovrebbe già aver visto la luce, ma anche il legislatore europeo non sembra così deciso sulla strada da imboccare e non tutti ne hanno salutato con entusiasmo l’ultima versione di bozza; anche perché il tema è effettivamente delicato e richiede una riflessione accurata, visto che una liberalizzazione fatta male e di fretta rischierebbe di peggiorare ulteriormente la situazione.

Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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