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La RIAA e la guerra alla pirateria musicale

07 Febbraio 2003

La RIAA e la guerra alla pirateria musicale

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RIAA costringe Verizon a rivelare il nome di un suo abbonato reo di troppa voracità nello scaricare musica

La RIAA, il cane da guardia delle major discografiche americane, ha ottenuto che Verizon svelasse il nome di un suo abbonato, reo di essere troppo vorace nello scaricare musica online senza licenza.
Verizon ha fatto ricorso alla sentenza del giudice, ma il caso ha infiammato un dibattito che dura ormai dalla prima causa intentata contro la “buonanima” di Napster.

Gli analisti del settore giudicano che mettere in causa l’anonimato degli internauti potrebbe avere un impatto enorme sull’avvenire della rete, con conseguenze negative.
Sul fatto, poi, che gli operatori siano giudicati responsabili di quanto fanno i propri utenti “è come se si facessero pagare ai costruttori di automobili gli eccessi di velocità”, dice un utente.

La RIAA ha portato in causa Verizon sulla base della controversa legge del 1998, che avrebbe dovuto proteggere il copyright entrato nell’era digitale.
L’associazione dei discografici sostiene che la cattiva volontà dell’operatore l’ha obbligata per la prima volta a portare un caso di frode davanti al tribunale.

“Abbiamo già utilizzato 95 volte la clausola che ci permette di conoscere l’identità di un utilizzatore che viola i diritti d’autore – spiega uno stupito portavoce della RIAA – è la prima volta che un fornitore di accessi oppone un rifiuto”.

Verizon si è appellata a una possibile perdita economica, spiegando che avrebbe potuto perdere clienti restringendo gli spazi di libertà.
In secondo luogo lo sviluppo della larga banda si deve agli appassionati di musica, che in questo modo possono scaricare più velocemente e per maggior tempo.

Le major, dopo aver distrutto Napster (ma non il sogno di libertà e gratuità che il sito portava con se), hanno fatto nascere dei servizi simili ma a pagamento.
Servizi troppo cari per le possibilità offerte, stimano gli analisti.

Le piattaforme a pagamento “hanno tardato ad aumentare” la loro offerta di brani, come spiega un analista della Jupiter Research.
Impossibile che possano rivaleggiare con i milioni di titoli offerti da Kazaa, Morpheus, WinMX, ecc.

Esistono, poi, ragioni sociologiche ed economiche al calo degli acquisti di musica.

Non è pensabile credere che la crisi economica mondiale abbia toccato, ormai, tutti i settori, soprattutto quelli dei generi voluttuari e non il settore musicale.

In tutti questi, si è assistito a un calo dei fatturati, degli utili e, di conseguenza, degli stipendi e compensi.
Non sarebbe opportuno che le case discografiche e i grossi artisti, pensassero di ridurre il loro tenore di vita così come facciamo tutti, purtroppo?
O solo loro, devono mantenere i loro budget personali per poter continuare ad allevare cavalli di razza araba e alloggiare in suite principesche soddisfacendo i loro capricci da bambini?

Riducendo di un po’ i loro cachet potrebbero abbassare i prezzi dei CD musicali, oggi vergognosamente alti. Lo stesso, sta accadendo nel cinema dove anche le star più pagate si accontentano.

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