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La prima fu Eva

24 Novembre 2015

La prima fu Eva

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Cosa manca al movimento dei bio maker per risuscitare dal letargo in cui sembra cullarsi? Forse una rivoluzione. Insulina fatta in casa?

Alla fine del 1930 i coniugi ebrei cecoslovacchi Eva e Victor Saxl scapparono a Shanghai, salvandosi dall’occupazione tedesca. Purtroppo Eva si trovò a combattere, improvvisamente e suo malgrado, con un diagnosticato diabete di tipo 1 e le farmacie di Shanghai erano tutte chiuse o sfornite di insulina per via dell’occupazione giapponese.

L’unica risorsa possibile era rivolgersi al mercato nero, con conseguenti costi e con tutti i rischi collegati. Molti, in quel periodo, furono i diabetici morti per la cattiva qualità dell’insulina recuperata.

I Saxl non si dettero per vinti. La sfida era già stata affrontata dal 1921 quando Frederick Banting e il suo giovane assistente Charles Best, per primi, usarono l’insulina estratta dal pancreas di diversi animali domestici, oltretutto procurando al dottor Banting il premio Nobel due anni dopo.

Seguendo le orme dei pionieri e con la complicità di un chimico cinese che affittò loro il suo laboratorio, Eva e Victor cominciarono a sperimentare l’estrazione di insulina dal pancreas dei bufali. Arrivati a purificare un liquido marroncino che avrebbe potuto funzionare, ne testarono gli effetti sui topi per più di un anno, prima di prendere la grande decisione: iniettare in Eva l’insulina fatta in casa.

Il fatto che Eva Saxl sia morta a Santiago nel 2002 racconta il successo della storia, che oltretutto ha contribuito a salvare centinaia di diabetici anche loro costretti nel Ghetto di Shanghai.
Oggi l’insulina ha tutt’altre fonti e ognuna si ispira a procedure di manipolazione genetica di batteri e lieviti, tecnica sviluppata a partire dal 1978 da Genentech, industria farmaceutica che come altre ha coperto di brevetti il metodo proprietario capace di ottenere insulina di tipo umano. Indubbiamente meglio che iniettarsi estratti di pancreas di bufalo, ma anche molto più costoso, come sanno bene milioni di persone in tutto il mondo affette da diabete.

Sarebbe un grande regalo all’intera umanità la possibilità di produrre insulina con metodi semplici e alla portata di piccoli laboratori. Pura fantasia? Prima di affermarlo, varrebbe la pena esplorare il mondo della biologia con lo sguardo della filosofia open source. Biomaker sono già scesi in campo, come Ryan Bethencourt, direttore di Indie Bio che riesce a elargire fondi per accelerare nuove startup in campo biologico.

Biomaker al lavoro

Biomaker al lavoro. Sanno quello che fanno, forse.

O come Counter Culture Labs, CCL, che invece i soldi li sta cercando per promuovere una vera Citizen Science. È loro la raccolta di fondi per il progetto Open Insulin, tramite la piattaforma di fundraising Experiment, dedicata al finanziamento di progetti di ricerca scientifica. Se raggiungeranno l’obiettivo previsto entro la fine di questo mese, troveremo presto descritto nel biocloud come viene chiamata la condivisione di informazioni del mondo dei biomaker, il protocollo che dovrebbe portare alla produzione economica di un’insulina di grado farmaceutico a partire da modificazioni genetiche del batterio E. coli.

Un enorme passo avanti per dare possibilità a chiunque di curarsi da una delle malattie in assoluto più diffuse a tutte le latitudini, anche nei Paesi dove la mancanza di insulina è ancora più drammaticamente sentita per le gravissime conseguenze di un diabete non curato.

Indubbiamente i canonici centri di ricerca e le schiere di biologi che nel mondo li abitano potrebbero rimanere perplessi di fronte agli spazi informali di una realtà biomaker, come si può ben vedere anche in 3D visitando il sito CCL.

Ricercatore al lavoro
Ambienti informali per risultati formali.

Ma ricordiamoci di Eva e Victor, segregati nel ghetto di un Paese straniero durante una guerra. Nonostante tutto, hanno ottenuto un risultato strabiliante.

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