«In quel momento ebbi l’impressione di riconoscere una diversa dimensione della politica, e invidiai chi la può fare con la gente e con le idee della gente anziché con le proprie idee. Mi parve anche di capire che in Italia per un tempo indefinito anche la gente meno objectionable avrebbe continuato a fare la politica nel modo assurdo in cui la vedevo fare (o dire) davanti a me; mentre gli altri, avidi e furbi, già allungavano le mani». Così Luigi Meneghello al congresso del Partito d’Azione, nel tumultuoso 1945-46.
Luigi e un suo giovane amico, colti, vivaci, giovani, ex-partigiani, progettano a Malo, il loro paese dell’alto vicentino, una rivista dal sapore europeo e dal richiamo alla sobria tradizione di Cattaneo. Ma nessuno li bada, il consenso se lo pigliano altri, e la vita si piglia poi loro, portandoli da altre parti.
E perché mai? La risposta arriva di sera, nella stanza di un albergo, ripensando alla giornata al congresso. La Malfa, Lussu: interventi di quattro, cinque ore. La notte, Luigi e l’amico se li sognano, addirittura, e sognano di fare l’unica cosa che li può salvare. Suonare e cantare. Ma per quello, si capisce, erano più bravi altri.
Cari amici nerd, è presto detta. È una chiamata, adesso, e bisogna anche sapere come si suona e si canta. O si torna a far altro.
(La citazione è tratta da Bau-Sète!, Rizzoli, Milano, 1988, pagina 69)