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«La personalizzazione, il nostro filo rosso»

19 Febbraio 2007

«La personalizzazione, il nostro filo rosso»

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Il viaggio di Apogeonline tra le realtà italiane legate al web 2.0 fa tappa in Excite, uno dei pochi portali sopravvissuti alla new economy e oggi tra i primi ad aprirsi alle logiche della generazione dei contenuti dal basso. I progetti presenti e futuri nelle parole del responsabile dei contenuti Diego Bianchi

Dopo aver scoperto innovative start-up e nuove modalità di lavoro in Rete su progetti web 2.0, andiamo oggi a vedere come i grandi attori della vecchia guardia stiano cambiando per far proprie le logiche profonde di questo fenomeno, arrivando a proporre alcuni dei servizi più interessanti e promettenti del panorama Italia. Parliamo con Diego Bianchi, responsabile dei contenuti editoriali di Excite Italia. In poche parole qual è il tuo background e di che cosa ti occupi in Excite?

Laurea in Scienze Politiche, corsi vari di marketing, stage alla Commissione Europea, consulente di marketing per enti locali e imprese del settore turistico legati alla Confesercenti Nazionale e assunzione in Excite come producer del canale viaggi, anno 2000. Attualmente sono Content Production Manager, cioè responsabile dei contenuti editoriali di Excite Italia e più in generale di molti altri servizi del portale. Scrivo per il portale, faccio scrivere, cerco e trovo collaboratori esterni che scrivano per noi. Ideo e realizzo prodotti più o meno ortodossi (tipo i video di queste settimane sul Grande Fratello). Ultimamente sono molto attivo in ambito pubbliche relazioni per far sapere che Excite è ancora vivo e lotta insieme agli altri, a volte meglio di altri.

Parliamo di web 2.0. Come si è posizionato e intende muoversi Excite su questo tema? Quali sono le vostre iniziative più importanti?

Come si è posizionato è forse presto per dirlo. Credo che all’inizio non si abbia consapevolezza con precisione di quando una cosa è 2.0 o non lo è. Detto ciò, il prodotto che al momento più di ogni altro ha attirato l’attenzione verso di noi in chiave 2.0 è sicuramente il Mix. Un portale che per alcuni è molto 2.0, per altri meno, per noi era semplicemente un passo necessario, quasi naturale. Excite è storicamente il portale della personalizzazione. Era il nostro tratto distintivo, ma la nostra MyPage era un po’ superata dagli eventi. Il Mix altro non è che una start page al passo con i tempi, sviluppata in Ajax da noi e ovviamente molto più personalizzabile.

Avete di recente lanciato anche un nuovo canale web 2.0. Giusto?

Sì. Il prodotto è stato lanciato su UK, Italia, Germania e a breve sarà lanciato anche in Spagna e Francia. Editorialmente, dopo un momento di concentrazione dei contenuti, ora stiamo di nuovo ampliando l’offerta. Qualcuno lo chiama nanopublishing. Io li chiamo semplicemente canali. Un tempo i contenuti venivano forniti da provider più istituzionali. Ora a scrivere sono spesso blogger competenti, più semplici da individuare e contattare. Il canale 2.0 è un esperimento che non punta a fare ziliardi di page view, ma ad attirare l’attenzione di nuovi utenti e persone interessate al tema.

Come evolverà il rapporto tra web 2.0 e media tradizionali? Saranno più i giornali a imparare e farsi contaminare dai social media o il contrario?

A mio avviso, la differenza, più che le metodologie di partecipazione, la fanno sempre i contenuti. Se un media tradizionale riesce a far partecipare in maniera sociale utenti e competenze che possano migliorare la qualità complessiva del prodotto allora il social media ha senso. Se il social media produce dal basso contenuti replicati mille volte altrove, esso aggiunge poco valore. È poi importante tenere presenti il proprio contesto e pubblico di riferimento. Per me, non hanno molto senso le non redazioni. Un filtro redazionale, qualitativo, ragionato a un certo punto deve intervenire per garantire la qualità complessiva del prodotto, a prescindere da chi sia a produrre i contenuti.

I canali e gli altri contenuti di Excite saranno ancora scritti da giornalisti professionisti o il loro ruolo si è spostato altrove, appunto come filtro che garantisca la qualità dei contenuti?

Premesso che noi non siamo giornalisti professionisti, in prospettiva il peso sarà più o meno 50 e 50. Il nostro ruolo è produrre, selezionare e filtrare, cercando di dare una logica complessiva al prodotto. Questa logica non sempre è così coerente, me ne rendo conto, ma bisogna cercare di tenere insieme sia logiche di qualità che di commerciabilità delle cose che produciamo

Chiarissimo. Si fa tanto parlare di Web 2.0. Se ne è parlato in modo centrale in tutti gli eventi più recenti legati ai media, alla pubblicità, al web. Rimane però la percezione che anche tra gli addetti ai lavori non esista una definizione comune. Cosa significa web 2.0 per te e per Excite. Dov’è la carica veramente rivoluzionaria?

Per me il 2.0 è quello che viene dopo l’1.0. Credo che non abbia molto senso stare a fare le pulci a ogni sito che si proponga sul mercato per dare bollini 2.0. La carica rivoluzionaria dei sedicenti siti 2.0, siano essi blog, aggregatori o altro, è sicuramente quella di permettere una partecipazione attiva a tutti, un forte protagonismo, a tratti esagerato. Insomma ci sono davvero le potenzialità affinché una qualche intelligenza collettiva selezioni le cose migliori e più utili, offrendo alternative ai media così come li abbiamo vissuti fino a qualche anno fa. In questa massificazione della produzione, chi vale emerge, oggi più che mai. Credo infine che, parlando d’informazione, sia sbagliato candidarsi in opposizione ai media tradizionali. È più utile contribuire a un miglioramento della qualità generale perché tanto le mie zie continueranno a vedere il Tg1 o leggere il Corriere come hanno sempre fatto.

Sai che la domanda più in voga sembra essere come fare soldi con il web 2.0; non posso quindi evitare di domandarti: chi sta guadagnando e come, in base al tuo punto di osservazione?

Da quanto io posso vedere, tutti si guardano intorno e si chiedono come fare, magari nella speranza di trovare qualche entità con un ampio portafoglio disposta a comprarli. Per quanto riguarda Excite, il fatto di nascere 1.0 ci premia in quanto i nostri prodotti più 2.0 come il Mix, il canale web 2.0 e altri prodotti editoriali sono comunque integrati nell’offerta dell’intero portale. Il nostro obiettivo nel breve e medio termine è quindi attirare utenti che poi trovino motivi d’interesse per rimanere anche nel resto del portale che si basa principalmente sulla pubblicità. Più utenti, più soldi e se questi utenti sono portati da prodotti 2.0, ecco che col 2.0 si fanno soldi. L’impressione generale è che siamo di fronte a uno stato embrionale della cosa, con pochi soldi in ballo in Italia.

Alcuni importanti attori si sono però mossi concretamente per esempio sui video generati dagli utenti e stanno nascendo anche le prime promettenti start-up. Qual è lo stato del mercato italiano, secondo te?

In generale mi pare che la base utenti delle iniziative italiane sia ancora limitata. Quello del video è il nuovo mercato, almeno in Italia. La mia fissazione resta però la stessa: tutti si concentrano sull’infrastruttura e pochi sulla produzione. Per me la differenza viene fatta ancora dai contenuti. Di YouTube o di Libero Video non se ne potranno fare infiniti, o comunque il successo sarà sempre minore via via che si andrà a replicare l’esistente. Chi invece avrà contenuti di qualità potrà sempre alzare la mano in mezzo alla folla, vantare una competenza, un valore rivendibile. I casi di successo saranno quelli che proporranno cose originali. Tanti servizi purtroppo non si distinguono dagli altri e la semplicità d’utilizzo è fondamentale per cercare di avvicinare qualsiasi utente al web 2.0 senza neanche sapere che di web 2.0 si tratta.

Ci sono secondo te competenze, idee e voglia di fare sufficienti in Italia? Che cosa ci manca perché i servizi web 2.0 esplodano per esempio anche all’interno delle aziende?

L’impressione è che ci sia tutto ciò, ma va fatto capire, va fatto sapere magari badando meno alla forma e all’apparenza e più alla sostanza. Il discorso vale anche per le aziende dove è necessario capire che l’utente o il cliente non sono solo una vacca da mungere o addirittura un nemico, ma fondamentalmente un collega a tutti gli effetti, un consulente. Più ci si apre, più se ne guadagna. Infine è comunque necessario trovare una misura, dosare controllo e partecipazione in modo appropriato.

Ti chiedo quindi un suggerimento concreto per la crescita del web 2.0 italiano. Quali sono i primi passi da seguire?

Intanto uscire dalla spirale delle definizioni. È più utile cercare di capire dove andiamo con questi nuovi strumenti, far emergere le idee migliori, collaborare, incontrarsi, piuttosto che definire tutti insieme cosa è un blog, cosa è 2.0 e via dicendo. Sono felice di ammettere che a ogni incontro ho conosciuto qualcuno che mi è tornato utile in chiave Excite, anche solamente per far sapere che Excite non è mai sparita e che siamo una realtà internazionale con buone idee ed una rete di competenze completamente gestite da Roma.

Per chiudere, come vedi Excite tra qualche anno? Verso quali nuovi prodotti vi state orientando?

Il nostro lavoro mira a dare coesione e a ricondurre a un’unità social parecchi prodotti che attualmente non sono sufficientemente integrati: il Mix, i blog, i commenti ai nostri prodotti editoriali, i canali verranno tutti fatti evolvere in maniera tale che un utente possa facilmente avere visibilità su ciò che ha prodotto in prima persona o su ciò che è stato prodotto per quanto riguarda un determinato tema dagli altri utenti. Inoltre, la nostra dimensione internazionale ci sta garantendo molto interesse anche dall’estero, dal mercato inglese in particolare. Vogliamo pertanto mostrare come certi formati possano essere replicati efficacemente su altri mercati e come produrre contenuti originali paghi sul lungo periodo in termine di differenziazione e qualità.

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