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“La meraviglia del mistero e la soddisfazione di capirne qualcosa”: alla ricerca di vita aliena con Claudio Grimaldi

13 Settembre 2024

“La meraviglia del mistero e la soddisfazione di capirne qualcosa”: alla ricerca di vita aliena con Claudio Grimaldi

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Le civiltà extraterrestri potrebbero essere tante; ma identificare una loro tecnofirma dalla Terra rimane una missione complicata che è ancora agli inizi.

Come una vasca idromassaggio rispetto agli oceani

Apogeonline: Molti ricercatori dello spazio hanno iniziato da una passione per la fantascienza. È accaduto anche a te? Nel caso, chi sono i tuoi padri nobili?

Claudio Grimaldi: Racconti, romanzi e film di fantascienza, ma anche di orrore, hanno sicuramente accompagnato la mia infanzia e adolescenza. All’epoca, ero anche molto affascinato dal fenomeno UFO, e leggevo praticamente tutto ciò che veniva pubblicato sull’argomento. Due episodi apparentemente in contrasto segnarono il me tredicenne: l’uscita nelle sale del film di Steven Spielberg Incontri ravvicinati del terzo tipo, che mi meravigliò molto più di quanto avesse fatto, qualche mese prima, Guerre stellari, e una trasmissione di Piero Angela dedicata all’ufologia, dove spiegava con grande eleganza la vera natura di molti avvistamenti classici che mi erano familiari. Per me, la meraviglia di fronte al mistero e all’enigma e la soddisfazione di capirne qualcosa sono due sentimenti che vanno bene insieme.

Il tuo libro effettua un grande controllo di realtà sull’effettiva probabilità di individuare civiltà extraterrestri: ci sono dati che spingono al pessimismo e altri che accendono una speranza. Sei più pessimista o speranzoso?

Diciamo che sono agnostico circa la possibilità che la nostra galassia abbia ospitato civiltà extraterrestri nel corso della sua storia. Tuttavia, anche ammettendo che esistano e siano numerose, resto relativamente pessimista riguardo alla possibilità di scoprirle. Questo pessimismo nasce dal fatto che affinché anche solo un segnale extraterrestre attraversi la Terra, e possa dunque essere potenzialmente rilevabile, la galassia dovrebbe essere riempita per oltre la metà da tali segnali.

Una derivazione del principio antropico (se l’universo fosse differente da così, non saremmo qui a osservarlo) afferma che i miliardi di anni passati dal Big Bang sono stati indispensabili per arrivare alle condizioni odierne e sostenere una civiltà come la nostra. Se fosse vero, significherebbe che siamo la prima civiltà a essersi sviluppata, o una delle prime. L’implicazione è che sarebbe difficile trovare civiltà molto più antiche della nostra e potenzialmente molto più evolute. È un volo di fantasia o una considerazione possibile?

In realtà, dato che il tasso di formazione di pianeti rocciosi nella nostra galassia ha raggiunto il suo picco circa 8-9 miliardi di anni fa, e che la Terra esiste solo da circa 4,5 miliardi di anni, è possibile che la nostra civiltà non sia la prima, né una delle prime, a essersi sviluppata. Anche nell’ipotesi che la nascita di civiltà sia un fenomeno piuttosto raro, diciamo una ogni miliardo di anni, potremmo essere gli ultimi arrivati dopo che un’altra decina di civiltà sono comparse nella nostra galassia. La questione di fondo rimane comunque quanto tempo una civiltà sia in grado di esistere, ovvero quale sia la sua longevità. Maggiore è il tempo trascorso dalla comparsa di una specie tecnologica, più lunga deve essere la sua esistenza affinché oggi sia, almeno potenzialmente, rilevabile.

Il concetto di sfera di Dyson è molto utile per ragionare su grandezze galattiche e intergalattiche, ma nella pratica presuppone una civiltà sviluppata infinitamente o quasi, capace di imbrigliare sistemi planetari e stellari per la produzione di energia. Il concetto è utile… ma è realistico?

Una sfera di Dyson, o altre megastrutture costruite attorno a stelle o buchi neri per sfruttarne l’energia, è un concetto che non contraddice le leggi della fisica attualmente conosciute. Tuttavia, determinare quanto sia realistico è un discorso completamente diverso. Personalmente, trovo più plausibile che una civiltà tecnologicamente avanzata possa essere in grado di padroneggiare la fusione nucleare o l’annichilazione materia-antimateria per ricavarne energia, piuttosto che smantellare il proprio sistema planetario per raccogliere il materiale necessario alla costruzione di una sfera di Dyson.

Scrivi che abbiamo esplorato l’universo alla ricerca di alieni in misura equivalente a quella di una vasca idromassaggio rispetto a tutta l’acqua presente sulla Terra. Ed è un progresso, perché non molto tempo fa eravamo a un cucchiaio. Questo progresso ha rafforzato o reso più preciso l’impianto teorico? Sappiamo un po’ meglio che cosa aspettarci?

In poco più di dieci anni, siamo passati da un cucchiaio o un bicchiere a una vasca idromassaggio. Questo è senza dubbio un progresso, ma l’acqua contenuta in una vasca idromassaggio rappresenta solo una frazione infinitesimale, circa una parte su cento milioni di miliardi, rispetto a quella contenuta in tutti gli oceani terrestri. Questo significa che siamo ancora agli inizi della nostra esplorazione, nonostante siano passati più di sessant’anni da quando l’umanità ha iniziato a cercare segnali extraterrestri nel cielo. Tuttavia, anche se ci troviamo ancora alle prime fasi della ricerca, è ormai evidente che la galassia non sembra essere affollata da civiltà extraterrestri estremamente evolute e così rumorose da essere immediatamente rilevate appena puntiamo i nostri telescopi verso lo spazio.

Abbiamo sonde che dopo decenni di viaggio si affacciano nello spazio profondo (Pioneer, Voyager); scandagliamo lo spettro ottico e quello radio; proviamo a inviare segnali potenti in direzioni specifiche; insomma, proviamo in tutti i modi a captare una eventuale tecnofirma. Secondo te, quale tecnologia potrebbe più probabilmente darci quello che sarebbe l’annuncio più sconvolgente nella storia dell’umanità, che non siamo soli?

L’annuncio piu sconvolgente per l’umanità dovrebbe essere un fenomeno che sia allo stesso tempo e senza ambiguità di chiara origine extraterrestre e artificiale. Per esempio, l’atterraggio di un’astronave aliena sul nostro pianeta, oppure un segnale di qualche tipo che contenga una qualche sorta di messaggio e che duri un tempo sufficientemente lungo per essere analizzato a fondo.

Ricercare forme di vita extraterrestri (che potrebbero anche essere microscopici batteri) è diverso dal ricercare civiltà aliene. Ma se una delle prossime imprese spaziali nel Sistema solare ci confermasse l’esistenza di qualcosa di vivente sotto la crosta ghiacciata di Encelado o Titano, questo potrebbe magari fornire indizi anche ai cacciatori di tecnofirme?

Certamente! Se dovessimo scoprire l’esistenza di forme di vita all’interno del nostro sistema solare, generate indipendentemente dalla vita terrestre, allora potremmo dedurre che l’abiogenesi è un fenomeno comune. Una scoperta del genere sarebbe di per sé un evento straordinario nella storia dell’umanità. Inoltre, ciò fornirebbe un motivo molto valido per intensificare la ricerca di specie tecnologiche extraterrestri.

L’astronomo Fred Hoyle teorizzò la distribuzione nell’universo dei mattoni fondamentali alla vita attraverso gli impatti cometari sui pianeti. Questo potrebbe autorizzarci a pensare che una ipotetica civiltà extraterrestre vicina alla nostra – soggetta grosso modo ai nostri stessi transiti cometari – potrebbe essere una forma di vita simile alla nostra?

Bisogna vedere cosa si intende per forma di vita simile alla nostra. Anche nell’ipotesi che gli impatti cometari forniscano i mattoni fondamentali per la vita, non è detto che questi necessariamente si organizzino per formare strutture come il DNA. Tuttavia, secondo la teoria della panspermia, forme di vita microscopica incapsulate nei detriti espulsi nello spazio a seguito di collisioni tra pianeti che ospitano la vita e meteoriti o comete potrebbero essere trasportate da un pianeta (o un sistema planetario) a un altro. In questo caso, potrebbe esserci una correlazione tra le forme di vita su pianeti diversi.

Quanto ti sei divertito a scrivere il tuo libro?

Cercare l'ago extraterrestre nel pagliaio cosmico, di Claudio Grimaldi

Con rigore scientifico e uno stile alla portata di chi astrobiologo non è, questo libro ci accompagna ad ascoltare l’universo più profondo in cerca di qualcun altro là fuori.

Malgrado il poco tempo a disposizione, mi sono in effetti molto divertito a scrivere questo libro. Diciamo che un bel momento della giornata era quello in cui, specialmente la sera, potevo immeggermi nella scrittura, pensando a come meglio presentare gli argomenti e descrivere i risultati. Alcuni capitoli sono riusciti meglio di altri, e si potrebbe sempre migliorare, ma alla fine mi ritengo abbastanza soddisfatto del risultato finale.

Dici che un bimbo nato oggi potrebbe leggere dell’esistenza di una civiltà extraterrestre nel corso della sua vita, diciamo entro cento anni?

Francamente non lo so! Tuttavia, se ciò dovesse accadere, potremmo dedurre, come discusso nel libro, che in media più di cinque tecnosegnali raggiungono la Terra ogni cento anni. Questo implicherebbe che, solo nella nostra galassia, le specie tecnologiche extraterrestri nascono con una frequenza superiore a quella delle esplosioni di supernove nella Via Lattea.

Immagine di apertura originale della redazione di Apogeonline.

L'autore

  • Claudio Grimaldi
    Claudio Grimaldi è un fisico teorico della materia affiliato al Politecnico di Losanna e al Centro Ricerche Enrico Fermi di Roma. Laureatosi in Fisica presso l'Università La Sapienza di Roma, ha conseguito il dottorato di ricerca presso il Max Planck Institute di Stoccarda. È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche su una vasta gamma di argomenti, tra cui superconduttività, trasporto elettrico e percolazione in nanocompositi, spintronica e astrobiologia.

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