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La Mela della concordia

03 Marzo 1998

La Mela della concordia

di

Il futuro dell'infomatica visto attraverso il caso Apple

Tanti sono i sentieri che, come in un racconto di Borges, si incrociano nei fatti di casa Apple che ogni aggiornamento è sorpassato mentre si scrive.
A noi, però, i fatti interessano solo quel tanto che basta per svelarne gli aspetti impliciti che sfuggono al faro della cronaca. Non si era mai sentito fare tanto il nome di quest’azienda come da quando è caduta sotto l’influsso di un’annosa crisi finanziaria che tuttavia non ne ha causato quella morte preconizzata erroneamente dagli analisti, ormai da troppo tempo esautorati di ogni fondamento. Tuttavia, da quando il suo amministratore delegato, Gil Amelio, ha rassegnato le dimissioni assieme ai suoi principali collaboratori, i giornali si sono riempiti di “fruttuosi” calambour. La notizia che ha fatto più scalpore è stata quella dell’accordo economico fra i vecchi “amici/nemici”, Bill Gates e Steve Jobs. Di fatto i guai di Apple sono dovuti in minima parte al successo dei padrini di Windows, mentre il resto è dovuto alla politica commerciale cocciutamente protezionistica e anacronistica dei manager dei primi anni ’90. Dopo quegli errori se ne fece solo uno in più… ma imponente: tentare di porvi riparo quando era troppo tardi.

Un po’ di storia

Per molti versi MacOS è ancora il miglior sistema operativo e ha, comunque, un’interfaccia utente che non dovrà temere rivali per molti anni ancora. Ma questo non è sufficiente. I giornalisti informatici stilano tabelle differenziali del tipo “ce l’ho/manca” per individuare vantaggi e svantaggi laddove bastano due parole. Microsoft ha fatto due rivoluzioni: la prima imponendo un modello standard e assistito di produttività individuale diffusa per il PC-DOS (a cui IBM non ha mai creduto); la seconda, di gran lunga più importante, chiudendo violentemente la porta del controllo centralizzato dell’informatica e riducendo il predominio dell’informatica dei sistemi a una – per quanto lucrosa – nicchia industriale.

E questo con il coraggio di chi insulta il despote nel palazzo, con un folle divorzio unilaterale di Davide da Golia, dopo il quale nulla è più rimasto lo stesso.
Innumerevoli aziende elettroniche si sono ridimensionate o hanno chiuso, mentre non si contano gli effetti catastrofici sulle principali software house dell’epoca. A tutte queste, Apple ha resistito tutto sommato molto bene. Ma l’informatica non era già più la stessa. Era nato qualche cosa di nuovo. Come qualcosa di nuovo era nato nel 1984 con il Macintosh OS a cui ben pochi, oltre Steve Jobs (padre creatore e riscopritore di un progetto Xerox degli anni ’60), in casa Apple credevano. Più di tutti ci dovette credere Bill Gates, che subito gli regalò i primi e insuperati programmi, Word ed Excel, con cui fece la fortuna del mezzo. Nulla di strano dunque che cercasse di imitarlo in tutte le maniere. Ancora una volta in casa Apple nessuno credeva a una minaccia di nome Windows, neppure quando con la versione 3.X arrivarono molto vicino. Con Word 2.0 ed Excel 3.0 persino gli applicativi per Windows pareggiavano i conti con quelli Mac. Con Windows 95 fu evidente a tutti che Gates è, a oggi, la persona che più a lungo ha creduto in Macintosh, al punto di rifarlo a beneficio della maggioranza dei computer del mondo.

L’inizio della fine

Windows 95 non è però un inizio, ma piuttosto la fine del modello di informatica nato nel garage di Jobs negli anni ’70 e proseguito sotto le bandiere corsare a finestra di Gates per tutti gli anni ’90. Lo deve avere ben chiaro Gates, visto che cerca di prendere tempo negando su tutta la linea e a ripetizione. Prima negò a proposito di Internet e poi ha ammesso di esserci arrivato in ritardo solo quando fu pronto a partire con la guerra a Netscape. Poi negò sul Network Computer, quando Larry Ellison chiamò il PC un “ridicolo elettrodomestico”. L'”affare Apple” sembra dare ragione a Ellison, mentre ricompone a un incrocio simbolico nomi, destini e nozze improbabili. E con questo è chiaro che Jobs e Gates, i due visionari dell’informatica credono definitivamente e partendo da considerazioni comuni in uno scenario nuovo per quella che fino a oggi – e ancora per poco – abbiamo chiamato “Informatica”. Cerchiamo di capire quali possano esserne i contorni.

Identikit del cambiamento

Una prima voce che spicca dall’operazione Apple si chiama Internet. Gates, infatti, si aggiudica così il primato del proprio browser sulle piattaforme Macintosh. MS Internet Explorer sarà preinstallato in maniera probabilmente “trasparente” tanto sui computer Windows 98 che sui Macintosh, a scapito di Netscape (a cui un tentativo simile non era andato in porto). MS Office verrà ottimizzato per Macintosh e sarà integrato alle risorse di Explorer, come già avviene con Windows 95.

Qualcuno considera questa una donazione di Gates, dimenticando che il solo comparto Macintosh di Microsoft fino a qualche anno fa aveva volumi di installato che lo collocavano alla posizione della settima software house del mondo.

L’altra voce si chiama sistema operativo a oggetti. Il NeXtStep denominato Rapsody che Apple sta posizionando per Macintosh e per Windows ha tutte le carte per cambiare le regole del mercato dei sistemi operativi. Nato in ambiente UNIX (incline quindi a operare con tutti i sistemi professionali e aziendali) si basa su componenti (microkernel) straordinariamente adattive, in grado di riconoscere qualsiasi macchina con la promessa di superare le attuali barriere software e hardware. Tutti i tipi di macchine potrebbero presto essere in grado di lavorare con lo stesso ambiente, comune anche ai sistemi di rete (seguendo una logica complementare a Java). Può essere una buona mossa essere soci del proprio principale futuro concorrente, specie quando questo può servire a moderare gli influssi negativi sul mercato prodotti dall’eccesso di monopolio del proprio stesso prodotto. Nella manovra, poi, non c’è solo Gates (che nell’azienda non ha neppure diritto di voto) e nel Consiglio di Amministrazione spiccano nomi provenienti da IBM, da Intuit (un altro importante concorrente di Microsoft nel settore finanziario e bancario) e da Oracle, l’azienda leader nei database distribuiti e nei servizi di rete, con un forte presidio delle reti multimediali (e Apple rimane la regina del multimedia). È lo stesso Ellison che litigò con Gates a essere a capo di Oracle e ora in posizione di predominio nel CdA di Apple. Proprio lui, che a suo tempo cercò invano di comprarsela per intero, promise la realizzazione dei non-computer.

La stessa promessa la fece molti anni prima Sculley, allora CEO di Apple, quando mise sul mercato i primi PDA, i Newton. I Network Computer che Allison promette per domani trovano oggi le difficoltà analoghe e speculari dei Newton di allora, mentre i Newton di oggi, a saperli ben posizionare, possono costituire la vera rivoluzione rispetto ai desktop tradizionali, affermandosi come i veri elettrodomestici di comunicazione digitale (ovvero, Network Computer): l’altra voce fondamentale del nostro scenario. A compendio di questi sviluppi non vanno trascurati quegli ibridi fra videogioco e web-tv che sono le consolle Pipin progettate da Apple e vendute da Bandai. L’idea finora è stata migliore del prodotto finito, ma anche qui i progetti possono venire perfezionati, per esempio consentendo la compatibilità con altre consolle, come le Playstation di Sony, e migliorando la qualità dell’interfaccia con gli schermi televisivi. I Newton per il mercato executive e per i sistemi verticali (finanza, marketing, sanità) e consolle Pipin per quello domestico segnano i contorni dell’informatica mobile e del non-computer. In più, a confermare l’interesse per questo trend, Apple ha annunciato per il 1998 l’uscita di Nework Computer Apple a poco più di 600 dollari.

Esiste poi il reparto grandi aziende ancora dominato da Big Blue. IBM sta abbandonando OS2, ma non trova in NT un valido sostituto per l’integrazione dei sistemi aziendali (altro elemento dello scenario), e così il futuro sistema Apple può risultare la risposta vincente.

Nel consiglio d’amministrazione di Cupertino mancano poi ancora due membri: un leader della cultura e un esperto di educazione (bello è il computer per studenti Emate, a forma di borsa rigida, funzionante con tastiera e penna e pronto per interagire via infrarossi con server di classe). Due versanti strategici del mercato Apple e dello scenario futuro in generale. In questo futuro il computer dev’essere sempre meno “calcolatore” e sempre più “comunicatore”, supporto per la trasmissione della conoscenza.

Il futuro dell’informatica

Sistemi operativi modulari e mimetici, strumenti per l’integrazione dei sistemi e per la trasmissione della conoscenza e per la comunicazione diffusa, altamente modulabili in base alle esigenze di ampie tipologie di clienti: questi sono gli scorci sul 2000 che Jobs può aver mostrato ai nuovi partner. Non avrà neppure avuto bisogno di eccessivi sforzi per convincerli, in particolare Ellison e Gates. Più difficile è invece superare le resistenze dei clienti e dei partner software e hardware, da sempre conservatori e scettici. Se questo è vero, i nostri computer di oggi avranno lo stesso destino che l’escalation delle workstation individuali e dei sistemi client/server sancì nei confronti dei Commodore, da un lato, e dei midi e mini, dall’altro. Ci saranno tanti oggetti, uno per esigenza, e l’era del PC-tuttofare sarà un tenero ricordo dei padri e dei nonni.

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