Secondo alcuni osservatori, certe recenti manovre nel mondo dell’informazione di Hong Kong non sarebbero altro che le prime avvisaglie delle restrizioni in arrivo dal regime di Pechino. Con appena 6,8 milioni di abitanti, Hong Kong rimane uno degli stati asiatici più competitivi e liberi in tale ambito, dove sono attive 45 testate tra quotidiani e settimanali oltre a tre stazioni televisive.
Recentemente il nuovo governo locale ha dato uno scossone alle trasmissioni radio-TV nazionali annunciando il trasferimento del suo aggressivo direttore, Cheung Man-yee, a Tokyo in qualità di dirigente commerciale. E il consiglio nazionale della stampa, organo attivato apparentemente a tutela della privacy dei cittadini, è stato investito dell’autorità di emanare salate multe a quei giornalisti che dovessero mettere in atto “pratiche poco etiche.” Decisione quest’ultima criticata dal console generale statunitense in loco, mentre alcuni rappresentanti dei media non hanno mancato di sottolineare il fatto che a questo punto “parecchi articoli dovrebbero essere vagliati da un avvocato” prima di essere pubblicati. E nel marasma generale, la Asia Television ha deciso di sostituire giornalisti professionisti dei TG con un noto presentatore di varietà e un’ex-bellezza locale.