Il fascino della luce uniforme
Quando si è davanti all’illuminazione naturale si prospetta un binomio che per il fotoartista è inscindibile: stimolo-scatto. È necessario comprendere una cosa fondamentale: un’immagine ben riuscita è quella che coincide con la previsualizzazione. Ogni fotografia in bianconero deve essere frutto di una perfetta captazione degli effetti che la luce produce nel momento in cui rivela le forme dell’oggetto. La difficoltà sta nel cogliere l’attimo sfruttando prontamente gli stimoli visivi, che mutano continuamente.
Nelle riprese d’immagini direttamente in bianconero (TIFF o JPEG), oppure a colori (RAW) ma destinate alla conversione in bianconero, è necessario porsi in condizioni di massima uniformità di luce evitando di fotografare quando il sole, o qualsiasi altro tipo di illuminazione, conferisca al soggetto un excursus tonale superiore a cinque diaframmi.
Secondo la mia esperienza per il bianconero, un’illuminazione uniforme, senza forti contrasti, pone l’operatore in uno stato di assoluta creatività in quanto, senza penalizzare alte e basse luci, offre la possibilità di regolare efficacemente, con un’esposizione ponderata e con gli strumenti offerti dalla post-produzione, la luminosità e il contrasto della scena.
In tutti gli altri casi è bene attenersi alle regole canoniche per non incorrere in risultati deludenti. Mi riferisco in particolare alla ritrattistica, che per antonomasia non sopporta il sole allo zenit nemmeno in nome dell’interpretazione personale. Un’illuminazione diretta e puntiforme, invece, può essere sfruttata limitatamente a particolari esigenze interpretative, per esempio per accentuare le dune e la trama della sabbia nella ripresa di un paesaggio desertico.
In definitiva, il tipo di luce che reputo ideale per la fotografia in bianconero, con eccezione dei casi suddetti, si trova nelle prime ore del mattino, nel pomeriggio e quando il sole è coperto da nuvole. Vediamo di seguito di approfondire praticamente gli effetti dei diversi tipi d’illuminazione naturale adatta alla fotografia in bianconero.
Luce del mattino (dall’alba e poco dopo): ottima per un gran numero d’immagini di tipo paesaggistico, ma anche per soggetti in cui l’atmosfera di solitudine caratteristica delle prime ore della giornata gioca a favore sia della discrezione sia della morbidezza degli eventi naturali.
Dal momento che l’intensità di questo tipo di luce è soggetta a cambiare repentinamente nel tempo, è necessario agire rapidamente per non perdersi atmosfere uniche. Per esempio, l’immagine nella prossima figura, con un moderato viraggio digitale al ferro, raffigura un tratto di campagna abruzzese nelle prime ore del mattino. La presenza di una leggera nebbia, durata pochissimo tempo, ha favorito la realizzazione di un’atmosfera davvero unica.
Luce del pomeriggio (in ombra piena): per i ritratti la luce migliore è quella del tardo pomeriggio, specialmente se corretta da sorgenti di luce supplementari (pannelli riflettenti) che permettono di definire meglio il soggetto. Per esempio, l’immagine nella figura seguente è stata resa possibile grazie alla presenza di luce pomeridiana diffusa da un cielo coperto in ombra piena. In questo caso, la luce ambiente funziona come supporto avvolgente che poggia su uno sfondo tridimensionale sfocato, che fornisce il bokeh perfetto per far risaltare il primo piano.
Luce diretta, parzialmente filtrata da nuvole: l’intensità di questo effetto dipende in larga misura dallo spessore e dalla quantità di nuvole che la luce solare deve attraversare. Per i motivi già descritti, è un tipo d’illuminazione ideale per la fotografia in bianconero in low key. L’immagine qui sotto rappresenta un tipico esempio di luce frontale, parzialmente filtrata dalle nuvole, che in controluce assume una valenza particolare come si manifesta nell’effetto finale.
Questo articolo richiama contenuti dal capitolo 5 di Fotografare in bianconero, di Marco Fodde.
Immagine di apertura originale dell’autore.
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