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La longa manus dell’open source

03 Aprile 2000

La longa manus dell’open source

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Progetti aperti e circolari, non proprio informatici ma sempre dentro Internet, per aiutare a cambiare il mondo.

Per molti versi l’aspetto forse più interessante della rivoluzione open source è la contaminazione continua e trasversale che va imponendo agli ambiti più disparati. Riprendendo uno degli slogan più in voga: l’open source può aiutare a cambiare il mondo. Una pratica aperta e circolare che in pochi anni ha consentito la messa a punto di un sistema operativo eclettico, flessibile e gratuito, affiancato ben presto da una miriade di applicazioni e utilizzi senza precedenti. Si va, per dirne solo qualcuna, dal netto predominio di Apache che gira su Linux come Web server agli enormi investimenti verso l’open source attivati da società quali IBM, Compaq, Dell. Ma il bello è che la filosofia del dono e della collaborazione alla base di un tale successo va ben oltre la ‘computing community’. Lo dimostrano per l’ennesima volta un paio di progetti che meritano indubbia attenzione.

Nei giorni scorsi Chili!soft, azienda con base a Bellevue, Washington che produce soluzioni software per quelle Active Server Pages in grado di girare su server basati su Linux, è stata acquisita da Cobalt Networks per un valore di 1,15 milioni di dollari (in titoli azionari). Anziché darsi alla bella vita, Charles Crystle, fondatore e responsabile di Chili!soft, ha pensato bene di re-investire immediatamente i frutti nell’operazione in due venture di chiaro stampo open source, pur se in settori a latere di quello strettamente informatico. Innanzitutto l’avvio di una fondazione centrata sullo sviluppo tecnologico in America Centrale, finalizzata alla promozione di personale qualificato reperito in loco e alla fornitura di “capitale sociale” per la nuova imprenditoria dell’info-tech locale. L’altra, più mirata al gran pubblico online, riguarda la nascita di una struttura autonoma dedita al business musicale con base fisica in quel di Silicon Alley a Manhattan.

Obiettivo finale della seconda iniziativa, nelle parole dello stesso propugnatore, è il cambiamento del modello imposto dall’industria discografica per cui occorre vendere milioni di album prima di ottenere profitti. Un contesto in cui l’artista che vende “appena” 100-200.000 copie finisce praticamente sul lastrico. In pratica, Crystle – lui stesso musicista a tempo perso – prevede di aggirare i consueti canali di distribuzione per offrire invece download via Internet e ampliando le entrate con articoli quali video e libri. Coinvolgendosi in tale struttura, l’artista verrebbe comunque a guadagnare almeno il 50 per cento delle entrate complessive. In pratica, l’ennesimo contributo a quel ribaltamento della catena di produzione e distribuzione musicale che Internet e il formato MP3 hanno avviato già da qualche tempo in tutto il mondo. Cosa c’entra la filosofia open source? Lo spiega ancora Crystle: “Per fare un’artista occorre ben più che saper vendere album. Prendiamo i Grateful Dead: hanno sempre incoraggiato la gente a registrare e fare bootleg, eppure continuano ad avere un enorme successo commerciale. Perché il prodotto non è soltanto la musica, ma l’artista nel senso più pieno del termine.” Ergo, soltanto moltiplicando gli sforzi collaborativi, aperti e circolari sarà possibile sconfiggere i modelli chiusi e consolidati da tempo in mano alle grosse corporation discografiche. Almeno nelle speranze di questa nuova società per il momento ancora alla stadio embrionale ma decisa, appunto, a fidarsi delle pratiche open source per dare una mano a cambiare il mondo.

Medesime valenze di contaminazione vanno rilevate nel progetto di affiliati e partner in sviluppo continuo intorno all’attività editoriale del gruppo O’Reilly. Quest’ultimo ha acquistato notorietà e spazi a livello globale grazie alla pubblicazione di manuali e software in ambito open source, nonché al diretto coinvolgimento con la relativa comunità. Basti citare l’organizzazione di conferenze ad hoc (a luglio nuova edizione della Open Software Convention nell’assolata Monterey, California) e la recente iniziativa di Tim O’Reilly contro l’accaparramento di brevetti su tecnologie di uso comune intentato, per ora con successo, da Amazon, in particolare rispetto ai cosiddetti “affiliate program” e “1-click order”. Corollario inevitabile del tutto, il O’Reilly Network si pone come centro di risorse online relativamente a tecnologie innovative ed emergenti, offrendo agli sviluppatori spazi quali news, forum, strumenti operativi e altro.

Pur se mirato all’ambito più tecnico, il network non manca però di includere altre realtà. Tra queste, il Patient-Centered Guides, raccolta di informazioni al crocevia “tra l’ambito medico, pratico ed emotivo” fornite da chi ne ha fatto esperienza diretta. Si parla, ad esempio, di leucemia e cancro al seno, con annesse guide a medici, ospedali, cure e quant’altro possa tornare utile a saperne di più e fare qualcosa in concreto. Oppure Travelers’ Tales, che ripropone le storie di vita vissuta dei viaggiatori – nel mondo ‘reale’ – per quanti decideranno di seguirne le orme, o anche solo per divertirsi o imparare qualcosa su altre zone del pianeta. Una finestra aperta, assai seguita e valutata, sull’universo dei viaggi, senza filtri d’alcun tipo ma basata piuttosto su risorse e dati che ciascuno riterrà di voler scambiare in piena libertà.

Nell’epoca dell’accesso, mette in guardia Jeremy Rifkin nell’ultimo omonimo lavoro fresco di stampa, l’acquisto di oggetti e il possesso di proprietà divengono idee fuori moda mentre la norma è rappresentata dall’accesso “just-in-time” a ogni tipo di servizio, grazie soprattutto al mega-network sempre disponibile di Internet. In tale prospettiva, l’open source risulta certamente un nodo vitale del puzzle digitale contemporaneo. Soprattutto perchè impone modelli trasversali ben oltre l’ambito di programmatori e hacker informatici che pure lo hanno partorito. Modelli che, ripresi da iniziative come quelle presentate, vanno affermandosi proprio in quanto aperti, circolari e “just-in-time”. Non è certo poco.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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