Si è chiuso il ciclo di Nate Silver. Le elezioni presidenziali USA, otto anni fa, avevano segnato la sua ascesa, quando le sue statistiche letteralmente anticipavano le vittorie di Barack Obama con precisione quasi inquietante.
Quel successo ha conferito a Silver notorietà planetaria e gli ha permesso di aprire FiveThirtyEight, il sito dove applica i suoi modelli statistici a sport, scienza, economia, clima, industria, ogni branca dello scibile. Oltre che alla politica, ovvio: il nome del sito è il numero dei Grandi Elettori che decidono le presidenziali.
Evento seguito quest’anno da FiveThirtyEight con un modello di previsione che divideva inizialmente le probabilità di vittoria 72 contro 27 percento. Stato dopo Stato, un bot aggiornava le probabilità di vittoria e il 27 è lentamente diventato 100, un passo per volta. Più che un modello statistico previsionale, una telecronaca.
Col senno di poi
È successo altre volte che il vincitore annunciato arrivasse secondo; facile ricordare Dewey Defeats Truman. Nel 2004 il Manifesto annunciò ingenuamente a tutta pagina il trionfo di John Kerry contro George W. Bush in base ai soli risultati della costa orientale, i primi ad arrivare per il fuso orario e notoriamente favorevoli ai Democratici.
I giornalisti possono essere schierati e devono prendere decisioni sotto la pressione dei tempi tipografici; il lavoro dei sondaggisti si è complicato da quando i canali di espressione si sono moltiplicati e i telefoni fissi rappresentano un campione sempre più evanescente della popolazione.
Dall’analisi statistica, specie nell’era dei big data, ci si aspetta di meglio e lo statistico ha tutto il diritto di avere una preferenza politica, purché il suo modello rispecchi la verità delle cose. Se il modello non funziona, lo statistico vale meno di un qualsiasi comiziante. La lettura del blog elettorale di FiveThirtyEight mostra quanto, stavolta, i risultati dovessero essere quelli graditi alla squadra di Silver. Con tentativi sempre più goffi di rinviare, alla lettera, la resa dei conti man mano che la realtà si ostinava a divergere dal sogno.
Una realtà virtuale
Tutto in abbondante compagnia. Raramente la narrazione dei media ha creato una realtà altrettanto aliena. Solo che il giornalista di parte continuerà a essere di parte e tutti ne sono consapevoli. Il sondaggista schierato produrrà altri sondaggi manipolati, come da lui ci si aspetta. Dello statistico non si fiderà più nessuno. Speriamo che continuerete a visitarci con frequenza, ha scritto Silver a chiusura della notte dei risultati. Volentierissimo, per qualche buona dritta sul basket NBA, che è un gioco. Per sapere come andrà martedì 10 novembre 2020, andremo altrove.
Post scriptum: a parte qualche articolo acchiappa clic, Watson di IBM non ha predetto il vincitore delle elezioni. MogIA ha solo calcolato l’engagement sulle reti sociali, limitandosi a dire che finora chi ne ha avuto di più ha vinto; potrebbe essere solo coincidenza. Swarm ha predetto unicamente il voto popolare (sbagliando). PredictWise (Microsoft) ha sbagliato peggio che FiveThirtyEight, così come Experfy. La risposta più corretta da parte delle intelligenze artificiali è stata un pesce d’aprile.
Post post scriptum: il modello di Nate Silver era allineato con il verdetto degli astrologi. Ma era meno divertente.