C’è chi associa a questo termine un significato fantascientifico pensando che non abbia alcuna attinenza con il mondo reale. Per altri, ancora più confusi, si tratta addirittura di qualcosa inerente a pianeti e satelliti. In realtà, quello del cyberspazio è un concetto sempre più presente nella vita di oggi per chiunque, volente o nolente, faccia uso delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione: le cosiddette ICT (Information Comunication Technologies), quindi principalmente di Internet.
La stessa parola “cyberspazio” sottintende un concetto di spazialità ancora più oscuro per chi non percepisce con chiarezza questo nuovo tipo di dimensione. Occorre quindi mettere chiarezza sull’argomento e rispondere a due domande fondamentali: cosa é il cyberspazio ?
cosa é e come si può visualizzare la geografia di questa nuova dimensione sospesa tra il reale e il virtuale?
L’origine del termine cyberspazio si trova nella parola greca kyber che vuole dire “navigare” e quindi indica uno spazio effettivamente navigabile. L’inventore del termine è lo scrittore William Gibson che nel suo romanzo Neuromante del 1984 descrisse uno spazio digitale e navigabile, un mondo elettronico visuale e colorato nel quale individui e società interagiscono attraverso le informazioni.
Il cyberspazio di Gibson é un universo di reti digitali di computer, un mondo nel quale multinazionali, corporazioni e pirati informatici si scontrano per la conquista dei dati e delle informazioni. È un nuovo fronte culturale ed economico.
“Cyberspazio. Un’ allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da miliardi di operatori legali, in ogni nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti matematici…Una rappresentazione grafica di dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Impensabile complessità. Linee di luce allineate nel non-spazio della mente, ammassi e costellazioni di dati. Come le luci di una città, che si allontanano…” (William Gibson, ‘Neuromancer’, 1984)
Dall’uscita di Neuromante in poi il concetto di cyberspazio é stato ripreso, riutilizzato e modificato ma il contesto nel quale ha trovato la sua collocazione é comunque sempre stato quello del mondo della comunicazione e informazione via computer e quello delle realtà virtuali.
Rendersi conto che il cyberspazio ha una spazialità e una geografia proprie, con regole spesso diverse e autonome da quelle della geografia classica é in fondo abbastanza facilmente comprensibile senza avere il bisogno di dilungarsi in complesse dissertazioni tecniche o informatiche.
Quando si naviga in Internet non si ha forse la sensazione di muoversi in uno spazio? Quando ci si aggira trai siti Web non si ha forse la sensazione che il sito del nostro vicino di casa possa essere più difficilmente raggiungibile e ‘lontano’ di un sito dall’altra parte del pianeta? Non é questa una nuova geografia? Se si incontrano altre persone in una ‘stanza’ di chat non si sta forse generando uno spazio di interazione sociale nuovo, con regole e dimensioni proprie? I mondi delle realtà virtuali non creano forse nuove dimensioni con geografie autonome? Chi non ha mai percepito i file contenuti dal proprio computer come disposti in uno spazio ordinato o ordinabile al quale si accede per poter ‘richiamare’ gli oggetti sul monitor?
Penso sia sufficiente porsi queste o altre domande simili per iniziare ad avvertire di avere ben chiaro che cosa sia il cyberspazio e che forse solamente non ci si era mai soffermati a riflettere a riguardo.
La realizzazione di mappe del cyberspazio é una pratica che oltre a essere affascinante ed evocativa ha spesso una concreta utilità pratica, proprio come la realizzazione delle mappe ‘convenzionali’. La visualizzazione geografica, in tutte le sue forme e manifestazioni, é sempre parte integrante di come noi capiamo il mondo, e questo é valido anche per il cyberspazio.
Nel caso di mappe finalizzate alla rappresentazione degli aspetti del cyberspazio che hanno riferimenti geografici e una concretezza fisica reale (le infrastrutture delle reti, le ICT), la realizzazione di una mappa, di una rappresentazione visiva ci fornisce i mezzi coi quali visualizzare e descrivere la posizione, la distribuzione e la struttura di cose concrete ma spesso nascoste sottoterra, ospitate in stanze anonime, che orbitano nello spazio o che sono chiuse in scatole metalliche.
Queste mappe ci possono rivelare importanti intuizioni su chi controlla l’infrastruttura, su chi ha accesso alle reti, su come il sistema può essere analizzato e misurato, e su come e da dove il cyberspazio viene usato.
Ma ci sono anche forme di cyberspazio che possono essere parzialmente o totalmente prive di riferimenti geografici o di attributi spaziali o di entrambi; in questi casi le forme e attributi spaziali dei dati del cyberspazio possono essere mappati attraverso un processo chiamato di spazializzazione .
Viene cioè applicata una struttura spaziale dove non ne esiste già una e non ce ne é una istintivamente applicabile, questo viene fatto al fine di fornire gli strumenti per visualizzare e comprendere lo spazio. Viene utilizzato il potere della rappresentazione spaziale, nelle sue diverse forme, al fine di descrivere spazi di informazioni di difficile comprensione in una nuova veste più facile da interpretare. Creare mappe può così dare gli strumenti per facilitare la comprensione, la navigazione e documentare l’estensione di queste svariate forme di cyberspazi.
Non é mai veramente esistita una disciplina che studiasse la geografia del cyberspazio nella sua globalità e le tecniche per visualizzarlo e mapparlo, ma moltissimi negli ultimi anni sono stati gli studi e i lavori finalizzati alla comprensione e rappresentazione di specifici aspetti e parti di questo nuovo spazio virtuale. Sono studi di origine e finalità totalmente diverse tra di loro, molti sono studi universitari o di laboratori di ricerca, altre sono rappresentazioni a scopi promozionali e commerciali create dalle società che realizzano le infrastrutture delle reti, altre ancora sono realizzazioni artistiche fatte per il cinema o solamente per la pubblicazione sul Web.
Sono stati per primi Martin Dodge e Rob Kitchin con i loro studi sulla geografia del cyberspazio a raccogliere tutti gli studi e i lavori maggiormente rappresentativi del mappaggio del cyberpspazio.
Hanno così suddiviso le mappe per la loro natura e tipologia. Ci sono mappe geografiche classiche dei cavi e dei satelliti usati per le infrastrutture, mappe degli Internet Service Provider, le mappe generate dai programmi di traceroute che visualizzano il percorso dei dati lungo la rete Internet e mappe che cercano di fare un censimento delle persone che accedono al cyberspazio; queste sono le mappe con maggior riferimenti geografici e attributi spaziali.
Ma ci sono anche mappe concettuali e topologiche, mappe, paesaggi e spazi delle informazioni presenti nel cyberspazio; ci sono mappe che visualizzano la struttura, la disposizione o la interconnessione dei siti nel World Wide Web, mappe che tracciano la navigazione degli utenti sul Web. Ci sono infine le rappresentazioni artistiche del cyberspazio e le visualizzazioni dei mondi delle realtà virtuali.
Gli studi di Dodge e Kitchin sono stati pubblicati nei loro due libri “mapping cyberspace ” e “Atlas of Cyberspace ” e Martin Dodge ha realizzato il bellissimo sito cybergeography.org sulla geografia del cyberspazio che comprende un bellissimo Atlante che raccoglie le più belle mappe (di cui esiste una versione italiana nel sito del Museo della Scienza di Milano, curata da Giuliano Gaia e Paolo Cavallotti).
Un mondo ampio e articolato quindi quello della geografia del cyberspazio, un mondo dal grandissimo fascino che con le sue mappe a volte ci spiega e ci fa capire tanto, altre volte rimane difficile alla comprensione ma comunque ci mostra e ci evoca “fotografie” di un mondo invisibile e virtuale ma ormai protagonista nella nostra vita di ogni giorno.
All’interno del sito del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano esiste la versione italiana dell’Atlante del Cyberspazio, la più significativa raccolta di visualizzazioni del Cyberspazio, realizzata da Martin Dodge. Da questo lavoro é nata anche la sezione finale della mostra “Terra: dal mito di Atlante alla geografia delle reti”, inaugurata a Palazzo Reale a Milano il 26 settembre scorso e visitabile fino al prossimo 3 febbraio 2002.