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La festa londinese degli hacker

10 Luglio 2007

La festa londinese degli hacker

di

Che ci fanno Yahoo! e la BBC con trecento programmatori di belle speranze? Rispondono Chad Dickerson di Yahoo! e Matthew Cashmore di BBC

A metà giugno, a Londra, si è tenuto il primo Hack Day europeo. Circa 290 hacker, perlopiù ragazzi intorno ai 25 anni e poco più di 10 ragazze, sono stati selezionati dall’Inghilterra, la Germania, la Francia, la Spagna, il Portogallo, la Danimarca, la Grecia e l’Italia e dagli Stati Uniti per due giorni di kermesse di hacking. Gli hacker, nell’accezione americana, sono i creatori di software, di hardware o di entrambi, nel caso, per esempio, della robotica. Gli sponsor e organizzatori dell’evento erano BBC e
Yahoo! e gli hacker dovevano combinare insieme le Api, l’insieme delle interfacce di programmazione come Programme Information, Weather Information, Flick, del.icio.us e così via, per creare dei prototipi.

L’Hack Day si teneva dentro l’enorme sala di un palazzo in stile vittoriano adibito a grandi eventi, l’Alexandra Palace. Alla fine della seconda giornata l’hacker singolo o il team potevano presentare il progetto realizzato, il suo hack, e quelli più belli, più innovativi, più utili sarebbero stati selezionati e premiati da una giuria di giornalisti e di esperti della BBC e di Yahoo! e dai presenti, a votazione diretta. Si sono visti incroci di dati e integrazione tra foto, video, contenuti, musica e quant’altro per i fini più disparati. Dei 73 prototipi presentati ne sono arrivati in finale 15 e ognuno di questi è stato premiato; fra questi, il progetto che ha vinto è stato l’unico a utilizzare Rfid per sincronizzare cellulare e computer con dati e informazioni diverse a seconda dei luoghi e dei momenti della giornata.

Ho chiesto a Chad Dickerson, Senior Director di Yahoo! Developer Network e Matthew Cashmore, Development Producer per la BBC, quello che era per loro lo scopo e il significato dell’evento e quello che le aziende si aspettavano da questo grande sforzo economico e organizzativo, visto che molti degli speaker erano americani ed è stato offerta la rete, fatta ad hoc per l’occasione, il cibo, degli enormi cuscini sponsorizzati per dormire la notte — anche se l’idea era che nessuno dovesse dormire ma dovesse lavorare e gli stimoli a rimanere svegli fossero il cibo, le bevande, i feed e le Api.

Nonostante l’aria di libertà assoluta che si respirava nei due giorni, tutto era accuratamente previsto, preparato e controllato e se ottenere di intervistare Chad e Matthew è stato facilissimo, è bastato chiedere loro un appuntamento, farlo da sola, senza la giovane giornalista responsabile delle PR di Yahoo!, è stato arduo. L’ambiente era in apparenza una specie di Paese dei balocchi per gli hacker, un grande, gioioso Luna Park per gli amanti «di un sistema, del computer e del computer network in particolare», come recita l’Internet Users’ Glossary, ma in realtà tutti godevano di una libertà studiata e vigilata nei minimi dettagli. In fondo, eravamo ospiti di due multinazionali.

Chad è un ragazzo cresciuto di circa 40 anni, un po’ trasandato “all’americana” e poco loquace. Ha studiato in una università americana sconosciuta, ha fatto il giornalista ed è stato uno dei primi a lavorare per Yahoo!. Matthew, che gli sta seduto accanto, invece è ragazzone giovanissimo, gioviale, molto aperto. Sembra non avere molto più di 30 anni. È questo che colpisce di più, che tutti i responsabili dei vari servizi per la BBC sembrino di quell’età. Che l’Inghilterra davvero valorizzi i giovani che lavorano nella tecnologia?

Perché una kermesse di hacker?

Chad Dickerson: ll termine hacker è positivo e creativo, anzi, estetico. L’hacker non è chi penetra i siti per leggere i dati o per diffondere i virus ma è sostanzialmente un esteta, uno che fa arte. Possiamo dire che questi sono una massa di artisti che stanno creando delle cose belle. Delle linee di codice, per esempio, quando sono ben fatte non sono diverse da quadro o un’altra opera d’arte. La robotica, per esempio, è come la danza, o la recitazione. Programmare un robot è come coreografare. Io nell’hacker non vedo solo uno che costruisce o crea, ma uno che si accinge a produrre arte. Tutto questo è estetico. C’è una sua profonda bellezza nello scrivere un codice in un linguaggio di computer e chi lo fa è decisamente un artista.

Come è nato l’Hack Day?

CD: Agli inizi del 2005 io ho avuto io l’idea del primo Hackday. L’ho proposto come gara per tutti quelli lavoravano a Yahoo! da ogni parte degli Stati Uniti e l’idea è subito piaciuta. Si è tenuto a dicembre del 2005 e ha avuto un grande successo, abbiamo lavorato sodo tutti insieme e ci siamo anche divertiti. Abbiamo conosciuto tanti colleghi che lavoravano dall’altra parte della costa, è stato un momento molto socializzante. Così ho pensato di organizzarlo anche all’estero. Il primo paese è stata l’India, erano tutti entusiasti. Abbiamo detto, perchè non estenderlo a tutti i migliori hacker del mondo? Spero di tenerne uno in ogni paese. L’idea è quella di vedere chi c’è in giro, come la pensano i giovani hacker, metterli a confronto.

Il fatto che i progetti migliori verranno premiati e che i creatori verranno chiamati per dei colloqui di lavoro da Yahoo! o alla BBC – è questo il premio più grande per la maggior parte di questi ragazzi – non è forse un modo di cercare dei giovani di talento risparmiando sui costi? Non dovete pagare le aziende per le selezioni e le spese di viaggio per chi sarà intervistato e, probabilmente, avrete le menti migliori o più propositive che sono disponibile sulla piazza.

Matthew Cashmore: Noi vogliamo creare dei team di lavoro, questo è il nostro scopo. Creare una comunicazione fra i giovani creatori, le piccole aziende che rappresentano e le grandi multinazionali come la BBC. Molti di loro sono giovani o giovanissimi, ragazzi di 14 anni accompagnati dai genitori – che in realtà non si sono visti – e questo entusiasmo è il nostro più grande risultato. Vogliamo incoraggiare l’innovazione e sostenere i nuovi talenti.

La rete, a cui provvede BT e CISCO, non ha funzionato o ha funzionato a singhiozzi. Come pensate che chi lavora con Internet possa davvero creare qualcosa di originale in questo modo?

MC: In effetti il fulmine ha fatto saltare la connessione ma abbiamo chiamato i due migliori ingegneri, che stanno fuori Londra, per riparare al danno. Ma l’importante sono i gruppi che si formano, la collaborazione, la comunità che si sviluppa.

In effetti la connessione non è mai andata, anche prima della pioggia, e la comunità non l’ho vista. Anzi, mi sono stupita di come tutti si facessero i fatti propri, programmassero in solitario e parlassero solo con i compagni coi quali erano venuti…

MC: La maggior parte degli uomini che sono presenti godono di più a parlare coi loro computer che con le loro mogli o le loro ragazze, questo è il punto. Ma l’importante di questa manifestazione è il backstage, quello che si forma al di fuori dei momenti ufficiali. Il backstage è la gente, è la comunità, è quello per cui abbiamo fatto questo sforzo. Lo scopo di Yahoo! e della BBC è quello di rimuovere gli ostacoli e di offrire un ambiente adatto all’estetica della creazione su computer, un ambiente che sia il più possibile collaborativo, un ambiente che sostenga le idee in modo che tutti vincano, che tutti si aiutino l’uno con l’altro. Si crea una “conversazione” fra gli ingegneri di Yahoo!, la BBC e la gente. Così non ci sarà un vincitore ma avranno vinto tutti.

60 secondi per presentare il progetto e diventare qualcuno: per voi che cosa rappresentano? Che cosa ci guadagna la BBC da tutto questo? Capisco Yahoo!, ma voi?

MC:In India ha vinto un progetto per cucire collegato al computer. In India si sono visti i prototipi più disparati, di grande utilità pratica, cose per la vita di tutti i giorni. Noi siamo attenti alla comunicazione con la gente e fra la gente. Noi dai lavori presentati capiamo gli orientamenti della gente, i bisogni della gente.

Lo Hack Day è servito anche e soprattutto alle multinazionali per capire i bisogni della gente e i nuovi orientamenti del mercato. Invece di statistiche laboriose e realizzate su larga scala, la kermesse è servita a far capire alle multinazionali le tendenze dell’elite di Internet. Penso che ci siano anche degli altri motivi perché le multinazionali abbiano creato lo Hackday: mettere a disposizione gratuitamente le Api a un gruppo di sviluppatori per far sì che creino dei servizi per cui la massa della gente, in futuro, pagherà. Creare dei bisogni, creare consenso. Gli hacker sono anche le avanguardie del mercato, sono degli indicatori di tendenza, con i loro prototipi dicono chiaramente a Yahoo! e BBC dove dovranno orientare o potenziare il loro prodotto. Però, nonostante i miei migliori sforzi per sentirla dire, la parola “market”, non è mai entrata nella chiacchierata con Chad e Matthew.

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