Ancora pochi anni fa, l’accostamento del computer al “mestiere” del filosofo sarebbe sembrato poco felice, se non del tutto inopportuno. Ma anche per la più astratta (almeno apparentemente) fra le attività, è venuta l’ora di misurarsi con il mondo digitale.
L’informatica e le discipline affini – come l’intelligenza artificiale o la vita artificiale – offrono sicuramente molti argomenti di riflessione, che coinvolgono concetti e temi centrali della filosofia tradizionale, come quelli di mente, pensiero, creatività o vita. Analogamente, gli impieghi dei computer sollevano problemi che l’etica filosofica non può trascurare.
I filosofi d’altronde si sono sempre occupati di scienza e tecnica. Quel che colpisce di più è che il computer sta modificando i metodi e i modelli utilizzati dai filosofi. Per la prima volta, in effetti, i filosofi hanno a loro disposizione un laboratorio in cui concretizzare e mettere alla prova le loro idee e le loro teorie.
Nel caso della filosofia della scienza, per esempio, come scrive Paul Thagard, i filosofi “hanno impiegato tradizionalmente metodi diversi, come l’analisi logica e casi di studio storici. La modellazione computazionale fornisce un metodo ulteriore, che ha già fatto progredire la comprensione di problemi tradizionali della filosofia della scienza quali la valutazione della teoria e la scoperta scientifica. […] Lo scopo della modellazione cognitiva è quello di simulare aspetti del pensiero umano; nella filosofia della scienza, lo scopo diventa quello di simulare il ragionamento usato dagli scienziati nella costruzione e nella valutazione delle ipotesi”.
Su un altro fronte, l’uso del computer nell’insegnamento è una opportunità aperta a tutte le materie, ma la filosofia sembrerebbe fra le più refrattarie (per sua natura, non per scarsa disponibilità dei suoi cultori). Eppure, alcuni esperimenti hanno dimostrato quanto siano ampie e sorprendenti le prospettive aperte dalla tecnologia: il CD-ROM A Right to Die? The Dax Cowart Case, per esempio, propone il caso di Dax Cowart, un giovane di 25 anni rimasto gravemente ustionato in un incidente, che chiede di poter morire. Il CD contiene il resoconto dei fatti, interviste con il paziente, i medici, i dirigenti ospedalieri, resoconti di altri casi che hanno qualche elemento in comune. Lo studente può interagire liberamente con tutto il materiale; alla fine dovrà dare la sua valutazione. A differenza del semplice riassunto scritto di un “caso esemplare”, questo strumento mette lo studente di fronte a un ambiente coinvolgente, che ricostruisce almeno in parte la complessità anche emotiva della situazione.
Questa è solo una piccola serie di esempi di quel che sta succedendo in università, centri di ricerca, associazioni filosofiche. Non sarà un fenomeno ancora diffuso ovunque, ma è degno di nota e ci è sembrato meritasse attenzione e una piccola cassa di risonanza anche in Italia, a maggior ragione alla vigilia dell’avvio di una riforma universitaria che, sia pure con tutti i suoi limiti, potrebbe contribuire a risvegliare un po’ il nostro mondo accademico.
Apogeo ha sempre cercato di svolgere una funzione di alfabetizzazione nel campo delle nuove tecnologie, di incoraggiare la diffusione di nuove idee e di esplorare i confini della “cultura digitale”. È questo lo spirito con cui abbiamo scelto di tradurre The Digital Phoenix, curato da Terrell Ward Bynum e James H. Moor, pubblicato in inglese da Basil Blackwell.
Il libro, disponibile dal 13 giugno nelle librerie, esce in italiano con il titolo La fenice digitale e contiene una serie di ventisei saggi, firmati da autori di fama internazionale come Paul Thagard, Jon Barwise, John Etchemendy, Mark Bedau, Paul M. Churchland, William G. Lycan, Hubert L. Dreyfus, Margaret A. Boden.
Siamo convinti che il libro possa dare una prima informazione generale a chi insegna e a chi studia filosofia (e ai molti che hanno un interesse non superficiale per le discipline filosofiche), sul fermento provocato dalle nuove tecnologie.
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