Nei giorni successivi alle ultime elezioni italiane, si discuteva con amici e colleghi su quale sarà la nostra prossima destinazione quando la situazione economica italiana diverrà talmente tragica da costringerci a fare le valigie.
Il canto delle sirene delle startup berlinesi si sente forte anche in Italia e anche la scena IT di città come Londra o Parigi è sicuramente interessante. Ci si chiedeva però se il Vecchio Continente, con i suoi lenti ritmi di crescita, fosse il posto giusto dove stare.
Pochi giorni fa, durante la conferenza Filling the gaps: e-Skills & Education for Digital Jobs, la risposta è arrivata dal presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, che ha fotografato la realtà del mercato del lavoro ICT in Europa in modo molto chiaro:
La realtà mostrata dalle recenti indagini è che in Europa si trova davanti a 900 mila posti di lavoro ICT vacanti. Nel momento in cui il numero di lavori digitali cresce del 3% ogni anno – perfino durante una crisi – il numero di diplomati e di altri lavoratori ICT è in calo. La conclusione da trarre in base a questa situazione paradossale è chiara: esiste una necessità cruciale e pressante di rispondere alla mancanza di lavoratori capaci in cerca di impiego e ai crescenti squilibri tra domanda e offerta di competenze digitali specifiche.
La buona notizia è quindi che, se siete un professionista ICT e vivete in Europa, per i prossimi anni il lavoro non vi mancherà.
La cattiva notizia è che forse l’Italia rischierà di vedersi depauperata dei migliori programmatori, sistemisti o formatori ICT, che si sposteranno là dove il sistema Paese funziona meglio e gli stipendi sono più alti.
In una campagna elettorale in cui la presenza dei social network è stata pervasiva e si è parlato come non mai della forza della rete, mi domando se rimarrà qualcuno in grado di farla crescere e funzionare e se la vera decrescita non sarà quella delle menti migliori di questo paese.