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La comunità che non c’è

15 Ottobre 2014

La comunità che non c’è

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Arrogandosi il diritto di rappresentare una comunità senza consultarla, almeno capire il senso di quello che la comunità scrive.

Sono amico di Francesco Lanza dai tempi del liceo, quando era il direttore del giornalino della scuola; per vivere conduce un’azienda di consulenza informatica, ma è anche fervidamente blogger e punzecchiatore del web 2.0.

Si diverte a disturbare bonariamente VIP e politici con interventi sarcastici che a volte colpiscono davvero nel segno, e infatti vanta un discreto seguito sui suoi canali social. Lo seguo ormai da anni e posso garantire che in questa sua attività non vi è mai stata alcuna vena di odio, violenza, volgarità o cattivo gusto; solo sano sarcasmo. Di recente ha pubblicato su Facebook quanto segue:

Qualche giorno fa ho scritto la mia solita frasetta per ridere: “Essere italiani dovrebbe essere illegale”. Il meccanismo comico/satirico è abbastanza semplice, non c’è bisogno di un QI superiore a quello della scimmia per capire la frase e l’intento. Poco fa mi sono trovato fuori da Facebook e ho dovuto riloggarmi. Non appena avuto di nuovo l’accesso, un messaggio mi ha informato che quello status era stato rimosso per aver violato gli Standard della Comunità.

Non è dato sapere se il signor Facebook abbia proceduto “d’ufficio” o se il tutto sia partito dalla segnalazione di un utente (più verosimile). Resta il fatto che davvero con quello che gira impunito su Facebook, specie su alcuni gruppi e profili (insulti gratuiti, notizie false e diffamatorie, incitazioni alla violenza su persone e animali, messaggi discriminatori di ogni tipo…), questa frase appare davvero innocua. Mi è capitato qualche volta di segnalare dei post effettivamente inopportuni su Facebook e tutte le volte mi è stato risposto con un messaggio automatico del tipo “Grazie per la tua segnalazione; ma abbiamo verificato e il post segnalato non viola gli Standard della Comunità“.

Ancor prima di entrare nel merito specifico del senso (probabilmente frainteso) della frase di Francesco, a un giurista come me viene una domanda: questi benedetti Standard della Comunità chi li ha scritti?

Risposta: il signor Facebook, senza che questa fantomatica Comunità li abbia in qualche modo discussi e approvati. Forse sarebbe il caso di ricalibrare le parole: più che membri di una comunità siamo utenti di un servizio le cui regole vengono definite a priori e ci vengono semplicemente comunicate così come sono. Possiamo solo decidere di accettarle e far parte della cosiddetta Comunità oppure di non accettarle e rimanere fuori dai giochi. Non siamo affatto di fronte ad un meccanismo democratico.

Non solo, chi impone queste regole è un soggetto squisitamente privato che opera in un’ottica ovviamente commerciale, risiede in California applicando però la legge del Delaware (per sua scelta) e ha anche un distaccamento europeo a Dublino; soprassediamo su dove versa le tasse, altrimenti ci vorrebbe lo spazio di altri cinque articoli.

Ulteriore quesito: chi di preciso giudica sul rispetto di questi standard? Risposta: lo stesso soggetto che ha definito gli standard; solo Dio sa se lo fa servendosi di algoritmi o di persone, e se queste persone siano più o meno qualificate in materia di diritto e di policy making.

Risultato: una frase che non è affatto contraria alla legge (sicuramente non alla legge italiana, ma credo nemmeno a quella del Delaware o della California) viene rimossa perché contraria a norme interne di cui non si conosce bene la ratio e l’origine.

Questo meccanismo pericoloso di mettere le norme private sopra la legge è un fenomeno tipico di internet, su cui è necessario riflettere attentamente prima che sfugga di mano del tutto.

Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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