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Kazaa si sposta in Australia e riapre

23 Gennaio 2002

Kazaa si sposta in Australia e riapre

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Kazaa in crisi e con lui tutti i fan dello scambio gratuito di musica online? Basta, allora, fare un balzo nell’altro emisfero e ricominciare. Facciamo un passo indietro. La settimana …

Kazaa in crisi e con lui tutti i fan dello scambio gratuito di musica online? Basta, allora, fare un balzo nell’altro emisfero e ricominciare.

Facciamo un passo indietro.

La settimana scorsa il clone di Napster ha deciso spontaneamente di chiudere agli utenti la possibilità di scaricare il software necessario per lo scambio online.
Una decisione presa dopo che un tribunale olandese aveva chiesto a Kazaa di impedire lo scambio di file protetti dal diritto d’autore.

Per i responsabili del sito l’operazione era impossibile tecnicamente, poiché il sistema non prevede il controllo diretto del flusso di scambi.
Ergo, unica soluzione per andare incontro all’ingiunzione, l’impossibilità di far scaricare il software dal sito.

A sorpresa, però, la società olandese proprietaria di Kazaa ha venduto il software e il sito con lo stesso nome a una non meglio precisata e misteriosa impresa australiana.
Quest’ultima, senza pensarci due volte, ha immediatamente ristabilito la possibilità di scaricare gratuitamente il software utile per lo scambio.

Dunque, il trasferimento nella terra dei canguri arriva in un momento propizio per l’azienda, soprattutto per togliersi dai guai della giustizia in terra d’Olanda.

E i nuovi proprietari, per togliersi ogni peso dalla coscienza, indicano sul sito agli utenti che devono rispettare la legge sul diritto d’autore in vigore nei loro paesi.
Una norma che se applicata porrebbe di fatto fine al successo che questi software hanno avuto dopo la “morte” di Napster.

Con queste nuove tecnologie, però, tutta la responsabilità ricade su chi usa questi software per scambiare illegalmente file protetti dal diritto d’autore. Diventa interessante, dunque, capire quali mosse intenderanno intraprendere le major discografiche e, soprattutto, la RIAA, il loro “cane da guardia”.

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