Nel nostro Paese continua a essere difficile trovare persone con una formazione adeguata, e questa ricerca si farà sempre più pressante. L’anno prossimo questo gap rispetto agli altri paesi provocherà un buco di 17.000 miliardi nel Pil italiano (-0,8) per “mancato mercato”. Parola della Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati.
La Commissione ha fotografato così la situazione italiana dell’e-commerce e dello stato del nostro Paese con un’indagine apposita (la prima fatta con web-audizioni). È stato prodotto un documento conclusivo di fine legislatura che servirà da base per l’attività normativa del prossimo Parlamento.
La Commissione avverte che un eccesso di regolamentazione potrebbe rallentare il mercato dell’e-commerce, ma sottolinea, altresì, che ”non si rintraccia nell’ordinamento italiano una definizione di commercio elettronico”.
È da sottolineare anche la considerazione del presidente della Commissione Gianfranco Saraca, secondo cui formare un addetto per l’e-commerce costa 50-100 volte meno che formarlo per l’industria e oltretutto un addetto all’e-commerce entra subito a regime nel sistema produttivo. Un investimento che quindi si ripaga immediatamente e questo lo devono aver capito bene in India dove – prosegue Saraca – dal 1998 è stato avviato dal Governo un piano della durata di 5 anni per la formazione di 50 milioni di tecnici in informatica e telecomunicazioni da immettere sul mercato mondiale.
Nel mercato europeo la tendenza del commercio elettronico è di passare dal fatturato di 25 miliardi di euro del ’99 ai 510 miliardi del 2004. L’Italia a sua volta dovrebbe vedere un incremento nello stesso periodo da 1,8 miliardi di euro a 53 miliardi aumentando il suo peso sulla media europea ad oltre il 10%.
Ma molti sono i problemi individuati dalla Commissione per far decollare il commercio via Internet: le controversie tra gli ordinamenti dei diversi paesi, i problemi fiscali (in Europa esiste l’Iva in Usa no), i problemi legati alla privacy e alla tutela dei consumatori, ecc.
Per il futuro dunque la competizione è legata alla regolamentazione e all’alfabetizzazione informatica e in questo un ruolo principale lo giocheranno le pmi italiane che oggi risultano indietro: secondo una recente indagine di Confcommercio solo il 30% dei 5 milioni di aziende del paese (1,5 milioni) ha accesso a Internet e di queste solo 500.000 hanno un proprio sito.