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Internet più importante ma meno credibile?

05 Febbraio 2003

Internet più importante ma meno credibile?

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Il 61% degli utenti USA consulta il web anziché gli old media per le news, ma solo il 53% crede a tutto quel che passa. E qualche studente la usa per copiare agli esami...

Internet è “molto o estremamente” importante come fonte d’informazione. Perfino più importante dei media più tradizionali, libri, giornali e radio-tv. Questo il trend in atto sul territorio statunitense. Almeno a giudicare dai risultati di un recente sondaggio curato dal Center for Communication Policy della University of California di Los Angeles (UCLA). Si tratta della terza edizione annuale della ricerca, basata sulle risposte fornite da 2.000 famiglie con accesso online. Il 61 per cento di queste preferisce tenersi informate tramite internet, mentre il 60 per cento sceglie i libri e il 58 per cento i quotidiani cartacei. Ancora più in basso la validità riconosciuta in tal senso a televisione (50 per cento), radio (40 per cento) e riviste (29 percento). Al contempo, tuttavia, appare in leggero declino la credibilità delle informazioni online: solo il 53 per cento degli interpellati dichiara di credere a “tutte o gran parte” delle notizie diffusa su internet, contro il 58 per cento registrato lo scorso anno.

Altri dati significativi del sondaggio riguardano le ore trascorse online, mediamente 11 a settimana, una in più rispetto ai dati del 2001. Identico il tempo passato davanti alla TV, un’ora in meno dello scorso anno, e cinque ore in meno della media settimanale dei non-cybernauti. Questi ultimi, proiettando i risultati della ricerca, vengono stimati intorno al 30 per cento della popolazione totale. Motivo citato con maggior frequenza riguarda l’impossibilità di permettersi del tutto un PC o comunque uno capace di consentire l’efficace navigazione online. Anche se la metà di costoro prevederebbe di attrezzarsi di conseguenza entro un anno. Ancora, il 73 per cento dei navigatori più esperti considererebbero importante internet, contro il 67 assegnato ai libri e il 57 ai giornali. Il contrario degli utenti con appena un anno di esperienza online, per i quali l’informazione arriva prima dai media tradizionali. E per chiudere, attenzione a truffe e furti d’identità: quasi un quarto degli interpellati non usa carte di credito online, e nessuna opzione di super-sicurezza tecnologica sembra ammorbidirne i timori.

Al di là delle cifre, da prendere sempre con le molle, oltre al tipico più o meno 3 per cento di validità ribadito dagli stessi autori, vanno sottolineati alcuni elementi più generali. L’indagine di UCLA conferma l’aria che si respira in giro, ovvero la tendenza diffusa a collegarsi per seguire velocemente gli eventi d’attualità, nonché per approfondimenti e finanche discussioni a latere. Tendenza balzata alla ribalta innanzitutto riguardo fatti tragici, dall’11 settembre 2001 alla sciagura dell’altro giorno del Columbia. Come dimostrato ripetutamente in simili circostanze, l’utenza di internet è divenuta via via più matura e articolata, a tutto vantaggio del pluralismo dell’informazione. Grazie anche ad un’ampia varietà di argomenti affrontati quotidianamente da attivisti o comuni cittadini di ogni parte del mondo con cognizione di causa, nella rampante selva di blogger, web-page personali, testate indipendenti, mailing list e quant’altro. di ogni tipo.

Di pari passo, ecco però gli utenti farsi più guardinghi, usando la necessaria dose di scetticismo su quel passa online. In modo da evitare, ad esempio, l’inopportuno rilancio a dismisura di frequenti e volute “hoax”, oppure di fare beneficenza a richieste tanto catastrofiche quanto frutto di fantasia o comunque ultra-datate. Per non parlare dello slalom tra notizie approssimate o veritiere, magari inserite nella fretta di arrivare primi, oltre agli inevitabili falsi di stagione.
In costante crescita, dunque, la popolarità dell’informazione online, insieme al diffondersi di una regola antica ma sempre valida: verificare e controverificare le notizie, anzi le stesse fonti d’informazione, magari ricorrendo proprio alla vecchia cara TV, o forse meglio a radio e giornali. I quali stavolta hanno dato parecchio spazio ai dati di cui sopra, pur se con apparente nonchalance. Valutando, chissà, il modo migliore per recuperare utenti vecchi e nuovi.

In tal senso va infine segnalata una notiziola dei giorni scorsi. Relativa a qualcuno che preferisce usare (o abusare?) internet in maniera decisamente creativa, in accoppiata con l’ubiquo telefonino. In pratica, l’ennesimo caso di studenti di college che hanno risolto esami e compiti in classe ricorrendo a simili innovazioni. Sei studenti della University of Maryland hanno confessato il marchingegno che gli aveva sì consentito di azzeccare tutte risposte ma che ha finito per metterli nel sacco. Ecco svelato lo schema: lo studente porta con sé il cellulare agli esami, poi invia con degli SMS le domande dei compiti ad un amico in attesa; costui si precipita a leggere le risposte giuste sull’apposito sito implementato dai professori dopo l’inizio dell’esame per poi inoltrarle, ancora via rapidi SMS, all’amico in classe. Semplice, no? Peccato che stavolta i professori, allertati da una quantità stranamente eccessiva di esami brillanti, hanno inserito online anche delle risposte sbagliate, verificandone poi l’effettiva presenza nei compiti degli studenti in classe. Attualmente altri sei studenti sono implicati nel caso relativo alla University of Maryland, e questo non è che l’ultimo di una serie di situazioni analoghe. Il bello, appunto, è che nel riprendere il breve lancio d’agenzia, alcuni quotidiani statunitensi l’hanno tranquillamente affiancata ai risultati della ricerca dell’UCLA di cui sopra. Forse a suggerire che internet presta pur sempre il fianco ad abusi o pericoli impensati? Strategia nient’affatto nuova, anzi strisciante da sempre, ma tutt’altro che vincente…

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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