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Internet non è nata per fini militari

09 Settembre 1999

Internet non è nata per fini militari

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Nonostante le cose siano andate in modo diverso, è ormai convinzione comune che Internet sia stata creata dal governo americano per fini militari e più precisamente per rafforzare la sicurezza nazionale, mettendo il Paese in condizione di comunicare anche durante un attacco nucleare.

Contrariamente a quanto detto e scritto fino ad ora, Internet non è nata per scopi militari e forse basterebbe osservare con un po’ di attenzione la Rete, la sua evoluzione e soprattutto le sue caratteristiche, per comprendere che uno strumento di comunicazione così aperto, democratico, antigerarchico, non può essere il frutto di un progetto dell’esercito americano o di qualsiasi altro esercito.

L’idea che aveva portato alla creazione di ARPANET, la rete antesignana di Internet, era infatti delle più pacifiche: collegare i computer dei laboratori scientifici disseminati su tutto il territorio statunitense in modo che gli scienziati potessero condividere le loro risorse informatiche.

Fu solo in un secondo tempo che la Rand Corporation, un istituto di ricerca che lavorava principalmente per il Pentagono, immaginò che quella robusta rete, capace di ricostituirsi da sola e di funzionare anche se mutilata, poteva costituire la struttura portante di un sistema di telecomunicazioni in grado di sopravvivere ad un attacco nucleare.

Siamo negli anni ’60 e l’America è in piena psicosi da guerra atomica. Gli americani vivono terrorizzati dall’idea di un attacco a sorpresa da parte dell’Unione Sovietica, i bambini fanno esercitazioni nelle loro classi nascondendosi sotto i banchi di scuola e i bombardieri strategici sono in volo 24 ore su 24.

Uno scenario apocalittico del quale i giornali americani si impossessano immediatamente, alimentando una serie di leggende, tra le quali quella di Internet come strumento nato per difendere la nazione: un’informazione errata, ma più d’effetto sui lettori. A commettere l’errore e a creare la leggenda fu una delle testate più prestigiose degli Stati Uniti, il settimanale Time che, pur avendo ricevuto immediatamente una lettera di smentita, non rettificò mai la notizia.

A scrivere quella lettera mai pubblicata era stato Bob Taylor, uno dei padri della Rete, direttore e responsabile della ricerca informatica presso l’ARPA. Bisognerà aspettare il 1994 perché la verità venga ristabilita. Nell’autunno di quell’anno, infatti, una dozzina di persone si ritrovarono a Boston per commemorare quello che insieme avevano fatto 25 anni prima: la creazione di ARPANET. Quella sera al Copley Plaza, dove quelle persone si erano ritrovate per cenare insieme, Taylor poté parlare con Charlie Herzfeld, il suo capo dei tempi dell’ARPA. Herzfeld era il solo che potesse confermare quanto lui aveva già detto più volte sulle origini civili di Internet, senza essere ascoltato.

Purtroppo le notizie sbagliate sembrano avere più forza e più capacità di sopravvivenza di quelle vere e forse dovremo ancora attendere perché la storia della Rete venga raccontata nel modo giusto. Non si tratta solo di meticolosità o pedanteria. Gli stessi ideatori della Rete hanno sempre vissuto male questa alterazione dei fatti, ancora più dal momento che tutti nutrivano sentimenti pacifisti e si erano schierati contro la guerra del Vietnam. Il loro spirito pacifista e libertario ha caratterizzato Internet dalla sua nascita ed è lo stesso spirito che caratterizza la Rete anche oggi: forum aperti, possibilità di “postare” un messaggio che tutti possono leggere, un sistema di posta elettronica che non ha alcun rispetto per le gerarchie.

Per comprendere il presente è necessario conoscere il passato e per comprendere la rivoluzione che Internet ha avviato nella nostra società è necessario conoscerne le origini, le peculiarità. Stiamo assistendo ad un processo di democratizzazione sociale e culturale operato da una invenzione che non è scaturita dalle grigie menti dei militari, ma dallo spirito libertario degli anni Sessanta.

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