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Internet aumenta davvero la produttività?

14 Luglio 2008

Internet aumenta davvero la produttività?

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Cresce il numero dei computer e si diffonde Internet: quant'è cambiato, di conseguenza, il modo di lavorare? Molte risposte sul nuovo paradigma tecnologico si trovano nel rapporto sulla società dell'informazione della Commissione europea

Nei primi 20 anni di informatizzazione di massa (grossomodo gli anni ‘80 e ‘90) si è osservato il curioso fenomeno del Paradosso della Produttività: benché i computer si fossero diffusi nelle aziende e negli uffici con la promessa di aumentarne l’efficienza e la produttività, non si è riusciti a riscontrare per anni alcuna evidenza dell’impatto positivo di questa introduzione sulla produttività complessiva delle imprese. Il fenomeno è stato rilevato dagli economisti fin dalla fine degli anni ’80 e ha alimentato discussioni in tutti gli anni ’90, momento in cui sono comparsi i primi studi che, cambiando modello interpretativo del concetto di produttività, hanno iniziato a notare un aumento legato all’uso del computer soprattutto sul lungo periodo, anziché anno su anno.

Non è questa la sede per approfondire il problema (consigliamo, tuttavia, alcune risorse in proposito). Ma è almeno l’occasione per ricordare che gli shift nella tecnologia non sempre corrispondono a immediati salti di efficienza. Bisogna assorbire le innovazioni, e questo avviene con dei cicli tipici che tengono conto di una certa inerzia dovuta alle necessarie riorganizzazioni di processo e alla diffusione culturale di nuove prassi e nuovi metodi di lavoro. Inoltre bisogna spesso cambiare il modo di guardare ai fenomeni noti, in questo caso al modo di misurare produttività ed efficienza.

L’uso della Rete ha negli anni recenti cambiato nuovamente il paradigma tecnologico per privati, enti pubblici e imprese. Ora non solo si usa il computer, ma ci si connette istantaneamente in un ambiente dalle possibilità infinite. I dipendenti e i colleghi perdono molto tempo online, alcune attività spostate sulla Rete non necessariamente accorciano i tempi e la nostra capacità di attenzione e concentrazione sembra, secondo alcuni osservatori, pericolosamente in picchiata. Non staremo dunque rischiando di trovarci nuovamente in una specie di padadosso della produttività, parte seconda? Quali indicatori abbiamo che Internet stia effettivamente contribuendo ad aumentare le nostre possibilità di sviluppo e la nostra ricchezza (ci riferiamo qui a quella strettamente economica, consapevoli dei limiti di questa analisi) e non sia in realtà semplicemente un bellissimo – ma dispersivo e oneroso – passatempo di lusso?

L’esperienza personale in questo campo conta relativamente. Più affidabili i dati tendenziali medi di sviluppo di interi comparti, raccolti da apposite società ed enti di rilevazione dati. In particolare, uno sguardo istituzionale europeo al problema è offerto dal rapporto annuale sulla società dell’informazione prodotto dalla commissione europea per il 2008 (di cui abbiamo già parlato in relazione alla diffusione della banda larga e del suo impatto nelle disuguaglianze digitali).

Produttività sopra la media

La cosa più interessante che la prima parte del report sottolinea (e che ci fa tirare un primo sospiro di sollievo) è che la produttività del macro-settore dell’Ict è stata più alta di quella generale, che viene nel report già giudicata buona, attorno al 2,7% nei paesi dell’area Euro. Sono calati i prezzi di beni e servizi di telecomunicazioni e nel lungo termine è previsto un progressivo utilizzo dell’Ict nella riorganizzazione del business delle imprese, il che dovrebbe portare a un aumento dell’efficienza dovuto a un incremento multifattoriale di produttività stimolato appunto da queste tecnologie. La crescita di questo settore all’economia è comunque inferiore (0,3%) rispetto a quello statunitense (0,4%) nel periodo 2000-2004. Questo avviene sia perché il settore è relativamente più modesto in Europa (pesa per il 5,3% dell’economia contro il 6,6% negli Usa), sia per una minor efficienza relativa nella produttività (5,5% contro il 6,2%).

La maggior efficienza del settore Ict in Europa (rispetto agli altri comparti economici) ha portato a un significativo differenziale di stipendi: 34.090 euro contro una media generale di 19.887. Tuttavia il traffico commerciale in questo settore è insoddisfacente nell’Unione europea, a causa di una generale minor capacità di innovazione comparata con altre aree del mondo. Inoltre, l’Italia in particolare sembra non aver usato efficientemente le tecnologie di Ict, in quanto nel nostro caso l’incremento nell’indice di “efficienza multifattoriale”, derivante dalla ristrutturazione del business con l’adozione a diversi livelli di tecnologie della comunicazione è addirittura negativo. In pratica, le aziende che usano le Ict sembrano fare peggio di quelle che non le usano. E questo probabilmente per un deficit culturale: le imprese non sanno bene come usare le nuove tecnologie e sprecano tempo prezioso nell’adattamento. Ma che usandole si possa ottenere un significativo aumento di efficienza pare almeno assodato dall’esperienza europea: sarà solo questione di tempo?

I settori trainanti

Il settore di gran lunga più importante nell’Ict è quello delle telecom, cioè dei fornitori di connettività (44% del settore di mercato). Il che conferma che l’industria dei contenuti digitali è, al contrario, una piccola industria, comparata a quella più strettamente infrastrutturale. Dico conferma, perché l’illusione che i contenuti sarebbero stato il settore trainante in Internet è stata veicolata per molti anni ai tempi della new economy, quando si indicava nella vendita dei contenuti online (anzichè nel software) il luogo dove si sarebbero tratti i maggiori guadagni – il che portò, assieme a molti altri errori di valutazione e a un obiettivo deficit di regole e controlli, a quel bel fenomeno speculativo che fu la new economy. I contenuti dunque non sono sovrani: l’infrastruttura e le tecnologie di relazione lo sono. Valeva all’epoca del telefono (quando si credeva che sarebbe servito a distribuire contenuti in voce e invece servì a consentire relazioni uno-a-uno), vale anche ai giorni nostri, con l’entrata di Internet nell’età della sua piena maturazione.

Se l’infrastruttura tecnica copre quasi la metà del mercato Ict, la fornitura di software e servizi di Information Technology (che include ad esempio il business della sicurezza informatica) ne copre circa un altro terzo, ed è la componente più dinamica di questo mercato. In questo settore si sta verificando un importante cambiamento nel business model, che sta premiando nuovi modelli come l’SaaS (Software as a Service) e Soa (Service Oriented Architecture). In ciò la rete Internet è chiaramente un motore decisivo, con lo spostamento verso la fornitura di software e servizi remoti attraverso la Rete (se sia soltanto una rivoluzione di facciata, o addirittura un peggioramento del servizio, è un dubbio che qualcuno si pone e che viene discusso, fra gli altri luoghi, su Mlist).

Da qui al 2011 gli analisti si attendono un forte aumento dell’uso di software di tipo collaborativo, di comunicazione e di condivisione all’interno delle aziende. L’equivalente del web 2.0, ma dentro l’impresa, con la nuova buzzword enterprise 2.0 a diventare sempre più importante. Questo porterà inevitabilmente con sé una riorganizzazione interna, nei rapporti e nel modo di comunicare, delle imprese. È interessante notare che il software e i servizi generati dall’open source sono stimati in forte crescita nelle dinamiche di mercato del software. In senso ampio, servizi e software basati sull’open source potrebbero arrivare al 32% del mercato di riferimento entro il 2010. La Rete e i servizi SaaS e Soa giocano in questo caso un ruolo decisivo, anche grazie all’emersione di nuovi standard e tecnologie (Rfid, l’Internet ubiqua, l’Internet delle cose, i dispositivi portatili ecc.).

Il contenuto online in chiaroscuro

E il contenuto online quale fine fa in questo molto sintetico quadro tracciato dal report? Che non sia il re – ovvero che la gente cioè non sia predisposta a pagare per il contenuto online – ormai l’abbiamo sostanzialmente capito, ma è vero che questo è solo un lato della medaglia. Infatti, stanno per esempio registrando un forte incremento i contenuti generati dagli utenti, così come l’advertising online (che non è solo pubblicità, ma anche, e forse soprattutto, investimenti nella targettizzazione e nel Seo) e il gaming online. La difficoltà del contenuto online di creare un vero e proprio mercato è forse, ipotizza il report, provocata dall’ancora lenta e disomogenea diffusione della banda larga, che abbiamo visto essere determinante nel modificare qualitativamente le abitudini d’uso della Rete. Al momento, dunque, piuttosto che creare un vero e proprio mercato dei contenuti online, la sfida è renderli facilmente accessibili e user-friendly.

Tuttavia, seppure gratis, gli utenti usano sempre di più la Rete per informarsi e per divertirsi, a scapito di altri media (l’abitudine è evidente soprattutto per le nuove generazioni, come evidenziato da molte indagini indipendenti già negli anni scorsi). Molto sfruttati i cosiddetti media sociali, anche se questa etichetta include mezzi assai diversi fra di loro. Gli utenti postano sui blog, inseriscono video, partecipano a reti sociali, recensiscono e segnalano libri ed eventi. Il problema per l’industria è semmai come far fruttare questa tendenza. Come cioè renderla monetizzabile. Problema non risolto e che ha spinto anche un gigante come Murdoch a rivedere il proprio impegno e le proprie strategie dopo le performance non proprio brillanti della pubblicità targetizzata su Facebook.

In ogni caso il mercato del contenuto a pagamento più importante è senza dubbio quello del gaming. I giochi online, con 3 milioni di abbonati, hanno generato nel 2007 più di 300 milioni di euro, un incremento del 28% in un solo anno, sebbene questi dati rimangano inferiori a quelli degli Stati Uniti (4 milioni di abbonati). Lo sviluppo appare più rapido in Germania e in Francia che nel resto dell’Europa. Gli altri settori degni di menzione, anche se con ricavi decisamente più modesti, sono quello musicale (dove l’online fornisce tuttavia solo il 4% dei guadagni del settore in Europa) e quello del video on demand, ancora poco sviluppato da noi e soprattutto ancora non molto monetizzato: gli utenti scaricano volentieri più di quanto paghino, e questa non suona esattamente come una sorpresa.

L’IpTv, la tv sui protocolli internet, è un caso particolare. Infatti, sebbene vi siano 7,5 milioni di abbonati in tutta Europa, si concentrano quasi tutti (5 milioni) in Francia, dove il servizio è a un livello più avanzato. Già nel 2006, quando da noi si lottava per piazzare un’Adsl, a Parigi erano comunissimi ed economici pacchetti bundle che includevano telefonia flat e offerta di tv via Internet.

Una crescita maggiore del previsto

Questa panoramica non fa che confermare quanto altri autori che si sono occupati del rapporto fra internet e produttività hanno sostenuto: Internet è un motore di sviluppo in grado di cambiare molte dinamiche, e soprattutto di creare nuovi modelli di business. L’uso di Internet però non automaticamente porta a una maggior efficienza e a una miglior produttività: dipende da una varietà di fattori, fra i quali il modo in cui viene impiegata all’interno di un ufficio, di un’organizzazione, di un’azienda.

Che l’Italia sconti qualche ritardo è forse legato anche alla tipologia di impresa prevalente (piccola e piccolissima). Per strutture leggere di questo tipo, forse il telefono è uno strumento ancora più importante rispetto all’uso di Internet (un imprenditore o un professionista è abituato a risolvere problemi al telefono in ogni momento, in viaggio). In ogni caso alcuni settori beneficiano di internet e dell’Ict in generale in modo decisamente più marcato di altri. Internet è naturalmente decisiva per il settore telefonico infrastrutturale e per quello software, dove sta cambiando i modelli di business e favorendo la crescita dell’open source, mentre per quanto riguarda i contenuti si registra una certa difficoltà ad adottare modelli di business adeguati alle abitudini degli utenti. In definitiva non siamo di fronte a un nuovo paradosso della produttività. Ma certamente bisogna sforzarsi di cogliere il meglio di quanto le opportunità tecnologiche ci offrono, che non sempre sta nei settori che a prima vista avremmo immaginato.

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