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Inquinamento elettromagnetico, salute pubblica e problemi legislativi

22 Aprile 1999

Inquinamento elettromagnetico, salute pubblica e problemi legislativi

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Sotto la spinta delle organizzazioni ambientaliste e di comitati di cittadini, si è giunti all'emanazione della legge Ronchi che fissa i limiti oltre i quali è considerata a rischio la salute dei cittadini. Ma i problemi non sono tutti risolti.

L’inquinamento elettromagnetico è un problema che ha conosciuto negli ultimi tempi una grande attenzione da parte dei mezzi di comunicazione, soprattutto da quando, con la liberalizzazione del mercato della telefonia, sono stati installati numerosi ripetitori nei centri abitati.
In questa situazione sono due le esigenze che vengono a scontrarsi: da una parte la tutela della salute dei cittadini, dall’altra la necessità di non ostacolare (magari senza ragione) lo sviluppo delle attività che producono ricchezza e benessere sociale.

Gli interventi degli organismi preposti ad esaminare il problema sono stati numerosi negli ultimi tempi e hanno, per lo più, teso a minimizzare i pericoli per la salute, senza tuttavia con questo riuscire a raggiungere una posizione unitaria.

Indicazioni riguardo l’esposizione a campi elettromagnetici sono state adottate dal comitato scientifico direttivo della Commissione europea. “Per quanto riguarda l’esposizione non termica a campi elettromagnetici – queste le conclusioni cui è giunto il comitato nel giugno dello scorso anno – la letteratura a disposizione non fornisce prove sufficienti per concludere che si manifestino effetti a lungo termine come conseguenza di tale esposizione. Pertanto, al momento attuale, non si possono formulare raccomandazioni su base scientifica per i limiti di esposizione riguardanti effetti non termici a lungo termine”.

Una conclusione, insomma, che non ha fugato tutti i timori. Una posizione parzialmente in linea con il rapporto stilato l’anno precedente dall’ENEL. Nel documento, l’ente per l’energia elettrica sottolinea che non esistono accertati meccanismi di causa-effetto tra esposizione a campi elettromagnetici e l’insorgenza di determinate patologie, sottolineando, però, i dubbi che rimangono in merito al presentarsi di alcune patologie.

Più netta, infine, la posizione dell’Istituto Superiore di Sanità il quale ha affermato che i livelli dei campi elettromagnetici a cui è esposta la popolazione, a seguito dell’installazione delle antenne radio dei sistemi di telefonia cellulare, sono tali da escludere categoricamente qualsiasi ipotesi di rischio da esposizione acuta.

Come comportarsi a questo punto ? Sagge appaiono le parole pronunciate dal consigliere del TAR del Lazio, dott. Angelo Zotti. “Questa attestazione di fiducia – osserva Zotti – non convince chi si trova nella sgradevole condizione di dover vivere nel raggio di azione di impianti che per quanto sicuri si vorrebbero sempre collocati il più lontano possibile. L’esperienza dimostra, infatti, – continua il dott. Zotti – che nel nostro paese, la percezione dei rischi e la disciplina di controllo delle attività che coinvolgono elementi vitali quali l’acqua, l’aria e l’integrità del territorio, è stata avvertita con grande ritardo ed in molti casi con colpevole superficialità”.
(Passo del convegno su Onde elettromagnetiche e salute pubblica, del 6 dicembre ’97, tratto dal sito Internet “Diritto & Diritti”).

In mancanza, fino a poco tempo fa, di un quadro di riferimento normativo unitario a livello nazionale ha aggravato le incertezze e reso difficili le scelte degli Enti Locali. Fra le Regioni, solo poche hanno cercato in qualche modo di colmare questo vuoto predisponendo norme in materia.
Ancora più complessa si è rivelata la situazione nei comuni dove i sindaci, nel concedere le autorizzazioni, erano vincolati dalla legge 241/90 che seguiva la logica di stabilire il profilo di compatibilità edilizia del manufatto su cui poggia l’impianto, senza possibilità di considerare i possibili rischi alla salute derivanti dalle radiazioni.

Sotto la spinta di diverse organizzazioni ambientaliste e di comitati spontanei di cittadini si è giunti, alla fine dello scorso anno, all’emanazione della legge Ronchi che fissa i limiti oltre i quali è considerata a rischio la salute dei cittadini.

Questi disposizioni, divenute effettive a partire dal 2 gennaio di quest’anno, proibiscono l’accesso della popolazione nelle zone d’interdizione, e negano la possibilità che vengano costruiti insediamenti abitativi, ospedali, scuole, asili, nelle zone definite “di rispetto”. L’articolo 3, poi, sottolinea una serie di definizioni tecniche fra cui è importante segnalare il “valore di attenzione”, il valore cioè che non deve essere superato e che costituisce la misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine.

L’introduzione del valore di attenzione e le modalità per la riduzione delle emissioni spettano allo Stato, che ha anche il compito di determinare i piani di risanamento e fissare i limiti di esposizione per gli ambienti esterni e per i luoghi di lavoro.

Spettano invece a Regioni ed Enti locali l’adozione di un piano di localizzazione dell’emittenza radiotelevisiva, il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti e l’istituzione di un catasto locale. La legge fissa poi le modalità per l’avvio di un piano di risanamento da completarsi entro 15 anni dall’entrata in vigore della legge e affidato agli esercenti degli elettrodotti.
Le funzioni di controllo sul territorio vengono affidate dalla legge alle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.
Una normativa chiara, dunque, che si spera riesca a porre ordine in questa immensa giungla.

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