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In crisi i giornali online americani

07 Gennaio 1999

In crisi i giornali online americani

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Ancora un anno in rosso per quasi tutte le versioni Internet dei quotidiani statunitensi. A fare eccezione è solo il "Wall Street Journal".

Per l’editoria elettronica statunitense, che ha investito in questi ultimi anni ingenti somme (e molte speranze) in Internet, il 1998 si chiude con un bilancio particolarmente deludente: il segno rosso contraddistingue i bilanci di quasi tutte le versioni Web dei quotidiani Usa. Probabilmente, come osservano molti commentatori d’oltre oceano, il giornalismo ha incontrato il futuro e il futuro ha il suo prezzo.

I dati, per certi versi frustranti e per altri allarmanti, sono emersi durante i lavori della Paine Webber Media Conference tenutasi a New York a fine anno. Il quadro delle perdite non lascia dubbi a interpretazioni:

  • “Tribune.com”, che ha dato vita a quattro siti Web, uno per ognuno dei suoi quotidiani, nel 1998 ha perso 35 milioni di dollari e prevede di perderne altrettanti nel 1999.
  • Il gruppo Knight Ridder, che si è spostato nella Silicon Valley per essere più vicino al cuore della nuova industria dell’alta tecnologia e dei nuovi media, registra un rosso di 23 milioni di dollari.
  • Times Mirror, calcola di aver perso nel ’98 circa 15 milioni di dollari con i suoi siti Web.
  • Il “New York Times” non sta meglio e registra perdite tra i 10 e i 15 milioni di dollari.
  • Il “Washington Post” non fornisce dati, ma ammette di essere “sostanzialmente in perdita” con il proprio sito Web.
  • Central Newspapers, che pubblica online “Arizona Repubblic” e “Indianapolis Star/News” ha raggiunto il pareggio spendendo 12 milioni di dollari e incassandone altrettanti. Ma ad un’analisi più approfondita del bilancio, anche su ammissione del management del gruppo editoriale, le perdite ci sono e anche in questo caso sono ingenti.
  • Infine Dow Jones, editore tra l’altro del “Wall Street Journal Interactive Edition”, uno dei pochi giornali online al mondo che si può permettere il lusso di pubblicare una versione Internet del proprio giornale a pagamento, prevede di realizzare i primi profitti nel 1999, in particolare con i propri servizi Newswires e Dow Jones Interactive. A ulteriore dimostrazione che, per il momento, l’unica informazione online remunerativa è quella finanziaria ed economica.

Il quadro che emerge dai bilanci dei principali quotidiani online americani lascerebbe supporre che la strada di Internet è, oltre che difficile da percorrere, anche sbagliata. Soprattutto per gli editori europei che non possono contare su un bacino di utenti vasto come quello americano. Nel Vecchio Continente gli utilizzatori di Internet sono molto pochi in rapporto agli Stati Uniti e se Oltre oceano i quotidiani online registrano perdite, perché quelli europei o italiani, dovrebbero guadagnare?

La parola d’ordine potrebbe essere: “Alla larga da Internet”, almeno fino a quando dagli Usa non arriveranno segnali incoraggianti, almeno fino a quando nel nostro Paese non ci saranno abbastanza utenti per giustificare degli investimenti seri nel nuovo media.

Personalmente ritengo si tratti di un atteggiamento sbagliato, viziato da un eccesso di prudenza. La domanda da porsi è un’altra: Internet ha un futuro nel panorama dei media? La risposta non può che essere affermativa e tutti quelli che staranno alla finestra ad aspettare di vedere cosa succede, potrebbero rimanerci per ammirare i successi altrui. Certo nella nuova impresa c’è un margine di rischio, ma questo fa parte del gioco. Questo dovrebbe far parte del gioco.

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