La notizia è il primo compleanno della Digital Public Library of America (DPLA), però si sappia che per una volta non ci siamo fatti bagnare in naso. Sebbene controverso e costoso, il progetto Europeana è partito in netto anticipo.
In ottica futurista, piacerebbe che di biblioteca digitale ne nascesse una sola e approfittasse della rete per mettere a disposizione la cultura globale nella finestra di ogni singolo browser. Non si tratta infatti di istituzioni esistenti che digitalizzano la propria collezione, bensì di aggregatori delle collezioni stesse:
DPLA si può descrivere come piattaforma che collega in una singola rete gli archivi online di molte biblioteche della nazione. Questi archivi possono essere esplorati attraverso il sito della biblioteca digitale e gli sviluppatori possono costruire app che sfruttino i metadati della raccolta mediante le interfacce di programmazione (API) pubblicamente disponibili.
La Grande Biblioteca Unica tuttavia aspetterà. Varare iniziative digitali di questo calibro richiede anche grandi sforzi analogici e finanziamenti consistenti; DPLA (sette milioni di voci in archivio) ha ricevuto nel primo anno di vita oltre due milioni di dollari in lasciti e donazioni. Il varo di Europeana (venti milioni di voci), finanziato dai contribuenti, è costato ufficialmente quasi quattro milioni di euro. Tra le molte difficoltà da fronteggiare vi è anche il problema onnipresente dei diritti d’autore.
Tuttavia progetti ben realizzati potrebbero portare a un nuovo Rinascimento culturale globale. Il vero valore, per il potenziale di diffusione e fruizione dell’iniziativa, è costituito dalle API. Mentre il sito di DPLA ha ricevuto un milione di visitatori unici nel primo anno di vita, le API sono a quota nove milioni.
Le interfacce di programmazione sono servite per esempio a creare una web app come Culture Collage e uno script che localizza in DPLA immagini e testi attinenti a un articolo di Wikipedia. App come OpenPics sono anzi più vicine al sogno della biblioteca globale, perché ricercano ecumenicamente su DPLA, Europeana e altre fonti ancora (Europeana ha una app ufficiale). Per giunta OpenPics è anche open source.
L’idea della cultura mondiale a portata di telefonino può legittimamente suscitare anche qualche inquietudine. Sarà ancora una volta la dimostrazione che il digitale è buono se e quando viene usato bene. Intanto, neanche la pioggia e le chiusure dei musei saranno più scusa buona per genitori troppo pigri: almeno qualche nozione cellulare di chi siamo e da dove veniamo può passare sempre.