L’ingresso dei tablet nelle scuole, sia pure diverso dagli Stati Uniti alla Thailandia nella propria declinazione e ancora a macchia di inchiostro nel nostro Paese, è segno palese di quanto abbia bisogno di cambiare l’istruzione.
Qualcuno equivoca e crede che si tratti di tablet contro computer, lavagne magnetiche interattive contro insegnamento orizzontale per reti diffuse o altre amenità. Il progetto One Laptop per Child (OLPC) ha dimostrato con un semplice esperimento che in gioco c’è ben altro, paracadutando tablet in Etiopia, presso villaggi dove non è mai apparsa una parola scritta, all’incirca un tablet per bambino e microschede SD a tracciare l’uso degli apparecchi. Così descrive l’esperienza Nicholas Negroponte, fondatore di OLPC:
Abbiamo lasciato le scatole nel villaggio. Chiuse. Nastrate. Nessuna istruzione, nessun istruttore. I ragazzi giocheranno con le scatole, pensavo! Entro quattro minuti un ragazzo aveva aperto una scatola e anche trovato l’interruttore di accensione. Non aveva mai visto un interruttore. Ha acceso. Cinque giorni dopo venivano usate 47 applicazioni per ragazzo per giorno. Due settimane e nel villaggio cantavano canzoni dell’alfabeto [in inglese]. Cinque mesi dopo avevano modificato Android. Qualche idiota nel nostro team o nel Media Lab aveva disabilitato la videocamera! Si sono resi conto che c’era una videocamera e hanno modificato Android.
Nel mondo, stima l’articolo relativo su Dvice, cento milioni di bambini non hanno accesso alla scuola. Il punto non è tuttavia se possano essere aiutati lanciandogli tablet a energia solare.
Il punto è che per esempio su Slashdot ci si chiede Con l’esistenza della Khan Academy e altre esperienze analoghe a livello di liceo, e corsi online di massa a livello universitario, gli insegnanti sono sulla strada del dodo?
Slashdot ha identità provocatoria e cinica, mai va preso alla lettera. Ciononostante, sembra che nel dibattito sull’istruzione prossima ventura ci sia grande attenzione ai libri digitali, ai supporti multimediali, al programma, che guai a non seguire (e, nella mia esperienza personale, a fine anno resta sempre incompleto). Porrei un’altra domanda: il docente è capace di catalizzare le risorse formative disponibili, specialmente quelle digitali, e moltiplicare il loro effetto grazie alle sue capacità?
Perché ricordo benissimo docenti che entravano in classe, aprivano il libro e cominciavano sostanzialmente a leggerlo, dando come compito a casa la parte che non era stata letta in aula. Nell’anno 2012 conviene lasciare sulla cattedra uno scatolone di tablet. Conviene ai ragazzi.