La conoscenza non è un’esperienza poi così felice come cercano di farci credere! Solo dei replicanti o delle note a pié di pagina ambulanti possono darci ad intendere che la loro esperienza scolastica fosse stata un parco giochi intervallato dal godimento dei compiti a casa, con dei momenti di acme nelle interrogazioni e nei compiti in classe
Il fatto è che, dopo avere trascorso una vita a occuparti solo di quello, una volta che scopri di non doverlo più fare per dovere, mentre stai per buttare nella pattumiera gli strumenti con cui ti sei torturato per procura, vieni assalito dal senso di colpa e scopri che un po’ ti manca tutto quello. Come il detenuto addetto alla biblioteca dal film Le Ali della Libertà, una volta libero ti scopri addosso istinti suicidi.
L’unica alternativa che ti rimane è proseguire gli studi. Se hai sofferto molto in quegli anni (e magari, per un classico meccanismo psicanalitico, hai ribaltato i tuoi sentimenti) puoi arrivare alla soglia estrema del sadomasochismo istituzionale e scegliere di propinare conoscenza al prossimo come lavoro.
Studiando il fenomeno, ho scelto come cavie alcuni amici che fanno, in modo diverso, della conoscenza il loro mestiere. Si tratta di persone con una cultura abbastanza vasta ed eterogenea. Ciononostante, dopo varie notti insonni, ho avuto un’illuminazione da cui ha preso vita una legge da me brevettata come “La prima legge gnoseodinamica del Martignago”. Nonostante abbia ormai almeno una quindicina d’anni e che sia pure un po’ sbagliata (da affinare, insomma) è la prima volta che mi è consentito di pubblicarla nella sua versione originale che suona più o meno così:
Per scelta, ogni uomo, donna, bambino mira a imparare ciò che già conosce
In una seconda, edulcorata versione recita:
Le persone hanno la propensione a prediligere un ampliamento innovativo delle conoscenze su cui hanno maggiormente investito per il proprio piacere che talora coincide anche con le necessità o, ben più raramente, con i doveri.
Mi dicono che così è più precisa e assomiglia anche ai principi della psicologia sociale e della Gestalt (mai sentito parlare di un signor Festinger? o di un tal Heider?), ma a me piace di meno.
Prima che mi strappino l’articolo e mi calpestino gli occhiali, preciso: sì, stiamo parlando di formazione e di quella che declina in “e-” (perché non è poi così diversa).
Gli uomini e le donne di questo millennio che si occupano di e-Learning si stanno dannando a cercare la ricetta per motivare “gli studenti designati” (cioè tutti) a usare i loro corsi. Non si capacitano del fatto che, con tutto quel ben di Dio a disposizione, “gli altri” non ne attingano a piene mani!
Il fatto è che mi capita di scorgere il volto degli e-studenti di fronte a quei macro-cataloghi, sperduti e oppressi dal peso della conoscenza, come se la pioggia che irriga il mondo dovesse riversarsi prepotentemente nel medesimo istante tutta quanta nel loro piccolo orticello, riservato da decenni alla coltivazione della stessa valerianella e dei tulipani, ereditati di generazione in generazione.
Stanno ancora domandandosi quegli e-benefattori per quale ragione non portarla anche agli artigiani, visto che sono l’elemento distintivo dell’economia del Bel Paese.
In questi casi penso che la “Prima Legge del Martignago” potrebbe tornare utile.
Prova a mettere da parte gli e-cataloghi e a partire da quello che la gente sa già – e che magari non ha nessuna voglia di raccontarti, o almeno di regalarti.
Beh, innanzitutto, se fossi io quell’e-studente, vorrei dimostrarti che la so più lunga di te, anche e soprattutto se non ci credi. Mi piacerebbe sperimentarmi a insegnare qualcosa. Ma io non sono tutti. Così un altro mio amico vorrebbe metterti alla prova su quello che già sa e quindi può verificare, ma non con un trattato: con poche idee, brillanti, originali (non una ribollita di Bignami della materia) per sapere con chi ha a che fare. Poi potrebbe accettare di prendere in considerazione il loro punto di vista, di provare a smentirlo e poi, se lo reputa all’altezza, sarà felice di apprendere gli aggiornamenti della materia e, con il tempo, anche di estendere lo studio alle materie collegate. Anche lui però non è tutti, ma certo, fra la mia e la sua soluzione, più qualcun’altra, siamo prossimi a una popolazione considerevole.
Per molti, lo studio rimane una fatica improba e un tedio insopportabile: forse qualcuno potremo recuperarlo, magari divertendolo per sollevarlo dall’intellettualità o con delle simulazioni realistiche, ma per tutti gli altri non potremo che offrire la mia personale massima comprensione.