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Il voto elettronico non è ancora maturo

07 Settembre 2022

Il voto elettronico non è ancora maturo

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I servizi e la qualità della vita di un Paese possono migliorare con la digitalizzazione. Il voto elettronico, tuttavia, rimane una questione controversa.

Abbiamo posto questa domanda a Stefano Quintarelli:
Siamo vicini al voto… ma non certo al voto elettronico. Si parla sempre più spesso, non sempre a proposito, di blockchain applicata al voto elettronico per tutelarne la sicurezza. A che punto siamo? Vedremo il voto elettronico in qualche elezione politica futura?
Ecco la sua risposta.

Pensando di fare a meno di schede di carta e urne di cartone, occorre garantire in qualche altro modo la filiera di segretezza, verificabilità, certificabilità, non vendibilità e responsabilità.

  • Segretezza, del voto individuale. Nessuno deve poter sapere per chi ho votato.
  • Verificabilità, da parte di chi vota. Voglio essere sicuro che il mio voto sia conteggiato.
  • Non vendibilità. Deve essere impossibile vendere segretamente il proprio voto o essere costretti a farlo.
  • Responsabilità, di chi gestisce il sistema.

Ci può aiutare la blockchain?

Contabilità scritta… nella pietra

La blockchain è un libro mastro condiviso per registrare transazioni. Nell’isola di Yap si usavano come monete pietre forate. Alcune di esse avevano un diametro di due metri e nessuno le spostava; quando una di queste monete passava di mano, il fatto veniva annunciato pubblicamente.

Nell’isola di Yap, come libro mastro si usava la memoria collettiva.

Leggi anche: E-lezioni di matematica

La blockchain fa lo stesso, su supporto digitale e grazie a tecniche matematiche. E almeno in teoria risolverebbe un problema importante di fiducia. In una votazione digitale, l’elettore dovrebbe fidarsi di software e hardware, nonché di programmatori e operatori, per avere la certezza che il suo voto venga conteggiato correttamente. Cosa che non serve con una scheda di carta.

Esistono numerosi precedenti di macchine di voto insicure o vulnerabili ad attacchi e qui la blockchain potrebbe certo servire a fornire la possibilità per l’elettore di assicurarsi che la macchina abbia registrato correttamente la sua scelta.

L’anonimità del voto elettronico

Con le schede cartacee, l’anonimità del voto è garantita dal procedimento: è l’elettore a infilare la propria scheda nell’urna, che rimane sigillata e sorvegliata da più parti fino al momento dello spoglio, anch’esso sorvegliato da più parti (i rappresentanti di lista) per garantirne la correttezza.

Nel mondo digitale, se una persona vuole verificare che il proprio voto sia correttamente registrato in un database, tale voto deve esserle collegato in qualche modo, anche per impedire a chiunque di verificare il voto di altri. Ciò pone dei problemi di anonimità, anche perché non deve essere possibile conoscere il momento preciso del voto (che implica la possibilità di individuare il votante). Però crittografia e algoritmi ad hoc rendono risolvibili questi problemi.

Sembrerebbe dunque di avere la soluzione. Invece, non ancora. Se una persona può verificare il proprio voto a posteriori su un libro mastro condiviso e immutabile, potrà farlo anche di fronte a qualcun altro e questo comporta il rischio di compravendita dei voti, mediante corruzione o coercizione.

Il problema dei tre corpi

La blockchain non ci aiuta, allora, a formare una filiera affidabile di voto elettronico. Più specificamente, la verifica a posteriori del voto espresso rende concreto il rischio del voto di scambio. A meno di non introdurre nel sistema una terza parte considerata degna di fiducia, il che però crea tutta un’altra serie di vulnerabilità. Ci sono casi di voto di scambio con il sistema cartaceo, ma limitati e generalmente difficili da mettere in pratica. Che cosa potrebbe succedere con un sistema di voto elettronico vulnerabile al voto di scambio su scala nazionale? Ancora: che cosa potremmo o dovremmo pensare di chi introduce una procedura di voto elettronico vulnerabile al voto di scambio?

Verrebbe da pensare a qualcuno che magari la soluzione sia impedire la verifica a posteriori del voto, per evitare tutte queste problematiche.

Però diventa necessario porre una fiducia cieca nel sistema di voto elettronico in ogni sua componente: hardware, software, ingegneri, programmatori, operatori. Fiducia che il codice funzionante al momento del voto sia esattamente quello di cui è stata approvata l’adozione, impervio a qualunque attacco o bug. Fiducia che la base dei dati dei voti espressi corrisponda esattamente a quanto accaduto nell’urna elettronica, e che questo continui a valere nel tempo.

Il voto elettronico è problematico

Siamo sicuri di poter dare queste garanzie con le tecnologie attuali? La realtà è che il digitale offre molti vantaggi a un Paese, ma non è in grado di garantire un sistema elettorale con certezza e garanzia dei risultati in misura almeno uguale a quella del voto cartaceo. E la blockchain aiuta ben poco, ove risolve certi problemi creandone intanto altri non meno rilevanti e complessi.

L'autore

  • Stefano Quintarelli

    Stefano Quintarelli è sposato con Alessandra nonché papà di Chiara ed Irene.
    Informatico (ha iniziato ad interessarsi di informatica nel 1979), ha sempre lavorato nelle telecomunicazioni/internet (dal 1985) ed è stato in prestito temporaneo al Parlamento nella XVII legislatura.
    Si interessa degli impatti economici e sociali dell’innovazione tecnologica.

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