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Il Tribunale di Torino si pronuncia sull’utilizzo di codici per le ricariche dei cellulari contenuti in schede prepagate rubate

11 Dicembre 2002

Il Tribunale di Torino si pronuncia sull’utilizzo di codici per le ricariche dei cellulari contenuti in schede prepagate rubate

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Il Tribunale di Torino ha recentemente escluso che l'aver utilizzato i codici segreti a 14 cifre contenuti in schede telefoniche prepagate risultate rubate, integri i reati di detenzione abusiva di codici di accesso a un sistema informatico e di frode informatica

Con sentenza del 30 settembre 2002, il Tribunale di Torino ha ritenuto che si esaurisca nella fattispecie di furto con mezzi fraudolenti la rilevanza penale della condotta di chi utilizzi, per ricaricare la SIM Card del proprio o altrui telefono cellulare, il codice segreto a 14 cifre contenuto nelle Value Card della compagnia telefonica – in vendita presso i vari gestori e in molti esercizi pubblici e tabaccherie – sottratte illecitamente al rivenditore.

Nel caso di specie, il pubblico ministero aveva chiesto la condanna dell’imputato per i reati di cui agli art. 615 quater e 640 ter del codice penale, cioè per essersi procurato mezzi idonei all’accesso ad un sistema telematico protetto da misure di sicurezza e per aver procurato a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, intervenendo senza diritto su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico.

L’imputato, infatti, era accusato di aver acquistato per strada, da uno sconosciuto, codici segreti di illecita provenienza, per effettuare numerose ricariche. Il tribunale ha, però, escluso che questa condotta integrasse gli estremi dei reati contestati.

L’art. 615 quater, si legge nella sentenza, sanziona soltanto le condotte che, in modo effettivo o a livello preparatorio, violino sistemi informatici “protetti da misure di sicurezza”, mentre la condotta in esame non sembra integrare gli elementi costitutivi di tale reato, in quanto mancano sia l’idoneità del codice digitato dall’utente a consentire l’accesso a un sistema informatico, sia il carattere protetto del sistema.

La chiamata effettuata dall’utente, al numero telefonico della compagnia telefonica destinato alle operazioni di ricarica del credito telefonico, prosegue il giudice nella motivazione del provvedimento, “non costituisce, neppure lontanamente, una forma di accesso al sistema”, ma serve solo per dialogare con esso, ed è altrettanto evidente che non esiste alcuna misura di sicurezza protettiva, essendo preciso interesse della compagnia “che la clientela abbia un accesso il più agevole possibile al risponditore automatico onde incrementare il traffico telefonico”.

Il codice segreto a 14 cifre non serve per accedere al sistema informatico, né per essere abilitati a modificarne i programmi o ad alterarne i dati, ma semplicemente per comunicare l’acquisto di una “ricarica”, al fine di consentire la verifica di tale acquisto e l’accredito della cifra corrispondente alla disponibilità di traffico telefonico.

“Gli strumenti repressivi proposti dal P.M. – conclude il giudice – sono stati introdotti dal legislatore per combattere forme assai raffinate di criminalità (hackeraggio, pirateria informatica) caratterizzate dall’uso di complesse conoscenze di informatica, e mal si attagliano a descrivere e sanzionare condotte che, a ben guardare, consistono semplicemente nel furto, in danno di ignari tabaccai, di schede cartacee, le quali sono state successivamente utilizzate esattamente secondo le modalità previste dalla compagnia telefonica”.

L'autore

  • Annarita Gili
    Annarita Gili è avvocato civilista. Dal 1995 si dedica allo studio e all’attività professionale relativamente a tutti i settori del Diritto Civile, tra cui il Diritto dell’Informatica, di Internet e delle Nuove tecnologie.

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