Innanzitutto rispolverate la cassetta degli attrezzi, come Stephen King chiama il kit di strumenti dello scrittore nel suo manuale di scrittura On Writing, una lettura piena di sapore che persiste. Così racconta il maestro americano:
Gli utensili comuni stanno di sopra. Il più comune di tutti, il pane dello scrivere, è il vocabolario. A questo riguardo, potete tranquillamente continuare a usare quello che già possedete senza il minimo senso di colpa o di inferiorità.
Per il digitale si parte dalle premesse di qualsiasi altra forma di scrittura, dunque proprio dalla scelta delle parole. Come per una ricetta culinaria, le materie prime di qualità sono quelle che contano. E allora, al bando luoghi comuni, frasi fatte, arcaismi, allitterazioni, passaggi ripetuti, informazioni date due volte. Ci sono altre regole base, che riassumiamo.
Riconoscibilità
Al di là delle regole di buon senso per la scrittura, in quale aspetto si distingue il gesto della scrittura per l’online rispetto a quella per la carta? È una questione di riconoscibilità: web e social media sono un flusso continuo di parole, appoggiate tutte allo stesso livello, sulle stesse piattaforme.
Il segreto per arrivare al lettore è diventare riconoscibili. Il verbo riconoscere è parecchio interessante: da una parte significa accorgersi e rendersi conto, da qualche segno o indizio, che una persona o cosa si era già conosciuta, che è quella stessa che si era conosciuta precedentemente (Treccani), dall’altra assume la sfumatura del distinguere.
Con il nostro testo dobbiamo distinguerci rispetto agli altri e allo stesso tempo rimanere memorabili, riconoscibili a una seconda lettura. Provate a dare un’occhiata al blog di Francesca Crescentini e non avrete dubbi.
La retorica
È l’arte di saper usare bene le parole, orali e scritte. Cicerone nell’Orator ci ricorda che le funzioni degli elementi persuasivi devono rispondere a tre punti: docere et probare, informare e convincere; delectare, catturare l’attenzione con un fil rouge vivace e non noioso; movere, commuovere il pubblico per far sì che convenga con il mittente del messaggio.
Dai primi pubblicitari invece arriva ai giorni nostri un acronimo più diretto: AIDA. Attirare l’Attenzione, mantenere l’Interesse, destare un Desiderio, portare all’Azione.
Un obiettivo
Con le direttive di Cicerone in tasca, impostare una mission diventa più semplice. Volete emozionare? Persuadere a provare un servizio o partecipare a un evento? Volete raccontare una storia personale? O il dietro le quinte del serial tv preferito? Definite il vostro goal, anche se non tifate per Mourinho.
Il formato
Una volta definita la specificità della storia che vogliamo raccontare e gli obiettivi da raggiungere, scegliamo la forma del contenitore che ospiterà la nostre parole. Abbiamo davanti tre strade principali: corta, lunga o molto lunga. Il primo format è dedicato alla scrittura in breve, che si presta bene ai contenuti concatenati sui canali dei social media, dai 140 caratteri di Twitter in su.
Nel caso fosse necessario più spazio, si preferirà la soluzione degli articoli per blog e magazine, di solito dalle 300 parole; anche se manuali ed esperti di SEO insegnano che un testo, per essere ottimizzato al meglio, dovrebbe raggiungere almeno le 1.500 parole.
Infine, il long form: impatto visivo massimo, incentivo allo scrolling, mescolamento di contenuti multimediali, strutture esplorative e una grande idea alla base. Fiction o nonfiction. Uncube Magazine è un buon benchmark per capire e confrontarsi.
Chiarezza
Ma senza formule in burocratese o legalese. Una raccolta utile di guide di stile, per concludere degnamente, la trovate qui, a cura di Luisa Carrada de Il Mestiere di Scrivere.