Ho ricevuto tempestivamente e con piacere la comunicazione di emettere fattura relativa a una prestazione professionale effettuata a favore di un ente pubblico, con relativa richiesta di dati anagrafici e di pagamento.
Mi ha sorpreso il ricevere una comunicazione cartacea. Soprattutto, lunga quattro fogli. Il secondo unicamente per firmare, perché il documento tracimava oltre la prima pagina. Quattro fogli per questo equivalente:
L’importo è questo. Abbiamo bisogno dei dati anagrafici e delle coordinate bancarie, da inserire e inviarci. Pagheremo al ricevimento della fattura.
Chiedendomi che cosa valesse il contratto firmato al momento di effettuare la prestazione, contenente quasi tutti i dati richiesti, ho compilato. Sui fogli mancava qualsiasi riferimento immediato – telefono, email – da contattare in caso di problemi. A meno che valga il numero di centralino di un ente pubblico, il top del servizio. Mancava anche lo spazio per qualsiasi mio riferimento. E se mi scappasse un errore?
Ho cercato sul sito dell’ente una pagina per inserire rapidamente le coordinate anagrafiche e fiscali, senza trovarla. Qualcuno, posto che la raccomandata arrivi, trascriverà in un computer i dati scritti a mano. Se scapperà una inesattezza in quel momento, sarà a mia insaputa.
In teoria quei dati, oltre che per il pagamento, servirebbero a chissà quali incroci e verifiche allo scopo di escludere collusioni con il crimine organizzato. Date le premesse, mi aspetto che nessuno controlli alcunché o che avvenga con efficacia risibile.
Il frusciare della carta, l’odore dell’inchiostro, l’emozione tattile dello sfogliare, sono argomenti interessanti parlando di libri. Trasferiti alla burocrazia comunalregionalstatale, inducono depressione anche se si affaccia la primavera. Invece che farneticare su open data e digital divide, cominciamo da form e database, materia da scuole medie.