Scienza e arte insieme
Pensiamo alla sensazione che si prova osservando il fuoco di una stufa a legna o di un falò: i colori caldi danzano e ipnotizzano, trasmettendo emozioni che evocano sentimenti e stati d’animo piacevoli, richiamano ricordi e creano un’atmosfera serena. Nel cinema, l’uso della luce e del colore può definire il genere del film e l’atmosfera di una scena: i colori luminosi ed energici alludono a una trama felice e divertente, mentre i colori scuri e monocromatici evocano un senso di mistero e di tragedia.
Il colore è una scienza e un’arte. La scienza aiuta a individuare con precisione il colore, formato da diverse lunghezze d’onda della luce. Quando la luce colpisce un oggetto, come un fiore, tutti i colori vengono assorbiti nell’oggetto, tranne uno che viene riflesso verso l’esterno: il nostro cervello percepisce quindi il colore rilevato dagli occhi.
Se vediamo una mela rossa, significa che la lunghezza d’onda della luce rossa è stata riflessa dall’oggetto al nostro sguardo (e il nostro cervello ci comunica che l’oggetto è di colore rosso). Questo è il modello di colore additivo. Oltre ai nostri occhi, anche tutto ciò che utilizza la luce per creare un’immagine ricorre a questo modello di colore, come gli schermi, i televisori e i proiettori. Questo modello impiega tre colori: rosso, verde e blu (RGB, dall’inglese red, green, blue).
All’aumentare della luce, i colori diventano più brillanti; quando le luci rossa, verde e blu si sovrappongono, si crea il bianco. Lavorando a un computer o progettando per un mezzo digitale, dobbiamo utilizzare il modello di colore RGB (detto anche spazio cromatico in riferimento ai colori che possono essere riprodotti o visualizzati da un mezzo).
In alternativa, esiste un modello di colore basato su pigmenti che vengono trasferiti sulle superfici fisiche: è il modello di colore sottrattivo. Lo abbiamo utilizzato nell’infanzia quando abbiamo imparato a miscelare le tempere. Per la stampa su una macchina da stampa vengono utilizzati quattro colori: ciano, magenta, giallo e nero (CMYK, dall’inglese cyan, magenta, yellow, black). Nel processo di stampa offset vengono utilizzate lastre di colore: la lastra con l’inchiostro nero viene stampata per prima e contiene i segni di registro necessari per allineare correttamente le altre lastre stampate. Quando lavorate con un design per la stampa, dobbiamo impiegare il modello di colore CMYK.
Questi modelli funzionano in modo diverso, quindi è importante dedicarsi al design dopo aver compreso il mezzo di destinazione. Se stiamo progettando un sito web, assicuramoci che ogni elemento usi il modello di colore RGB; quando progettiamo biglietti da visita o manifesti, utilizziamo lo spazio cromatico CMYK.
Se ci è mai capitato di apprezzare l’aspetto dei colori sullo schermo, ma non altrettanto sul foglio stampato, sappiamo già che i colori vengono rappresentati in modo diverso nei due modelli. Per questo, è importante verificare che la modalità del colore sia impostata correttamente nel file.
Un sistema per identificare i colori
È necessaria una conversione per passare dal colore basato sulla luce al colore basato sui pigmenti e tale conversione non è sempre perfetta. Questa imprecisione ha ispirato la creazione del Pantone Matching System, un sistema di numerazione di campioni e inchiostri premiscelati che una stampante commerciale può utilizzare per garantire la coerenza del colore nel processo di stampa. L’uniformità del colore è fondamentale per il branding: dobbiamo assicurarci che tutti utilizzino la tonalità corretta, in ogni occasione e per ogni materiale stampato.
Ogni volta che un’azienda assume un dipendente e deve ordinare nuovi biglietti da visita, può specificare il colore Pantone per garantire che il colore sia sempre lo stesso. Tutto questo, naturalmente, ha un costo e il prezzo viene applicato per ogni colore: questo è uno dei motivi per cui le aziende tendono a impiegare una tavolozza di colori limitata.
All’inizio di un progetto dobbiamo quindi valutare come useremo il colore alla fine e definire gli spazi di lavoro di conseguenza; dopo questa predisposizione, possiamo scegliere i colori da utilizzare nel design. Per scegliere e definire correttamente le proprietà di ogni colore, utilizziamo il modello HSB (Hue, Saturation, Brightness, o tonalità, saturazione, luminosità), impiegato anche dai selettori colore dei software di design più comuni.
Nella pratica, prima scegliamo la tonalità, o il nome del colore, per esempio il blu. Chiaramente, visto che esistono molteplici varianti del blu, spesso occorre un nome più specifico: baby blue, aqua, navy, indigo e robin’s egg sono tutti nomi di tonalità più chiare rispetto al semplice blu.
Arrivare al colore che volevamo esattamente
A questo punto possiamo regolare la saturazione, ovvero la croma del colore o il colore nella sua forma più pura. Un colore completamente saturo è nel suo stato più intenso; per desaturarlo è sufficiente aggiungere del grigio. Aumentando la quantità di grigio il tono del colore diventa più tenue, e quindi meno puro. Infine, dobbiamo scegliere la luminosità, aggiungendo il bianco per creare una tinta o il nero per creare una sfumatura. All’aumentare del bianco, il colore diventa più chiaro; aumentando il nero, il colore diventa più scuro. Regolando questa impostazione possiamo garantire il giusto contrasto tra i colori.
Gli esseri umani sentono il colore, proprio come avvertono la temperatura: la scelta di un colore caldo o freddo cambia la dinamica del progetto. I colori incidono sulla percezione delle informazioni e comunicano un messaggio e un’atmosfera: un rosso vivo crea una sensazione diversa rispetto a un rosso desaturato. L’arte del colore è proprio questo: scegliere e utilizzare il colore in base alla sua relazione con gli elementi di un design.
Questo articolo richiama contenuti dal capitolo 7 de Il potere del design.
Immagine di apertura di Denise Jans su Unsplash.
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