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Il pinguino sempre a caccia di grandi capitali

21 Settembre 2005

Il pinguino sempre a caccia di grandi capitali

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Mentre Red Hat cresce, Novell tentenna e Panasonic insiste con Linux, punto cruciale è tenersi buoni gli investitori a lunga scadenza

Red Hat continua a crescere, in borsa e nel mercato. Pur essendo (fortunatamente) impossibile ripetere il boom della storica “bolla Internet”, è vero che da qualche tempo le azioni del maggior distributore Linux appaiono in chiara ascesa. Solo nell’ultimo mese sono salite del 15 per cento, raggiungendo il livello più alto dell’anno, oltre i 16 dollari a titolo. Un andamento positivo che ne conferma il momento felice più generale, grazie alla combinazione tra la forte richiesta del mercato, una certa diminuzione della concorrenza e il consolidamento in atto per l’intero settore. “È il riconoscimento generale della continua solidità del loro business model – spiega Steve Ashley dell’agenzia d’investimenti Robert W. Baird & Co. in Milwaukee -. Pian piano il mondo di Wall Street sta imparando a conoscere Red Hat”. Pur se, nota dolente tipica per le aziende del giro Linux, non è detto che il tutto sia sufficiente per garantirsi la fiducia degli investitori nei tempi lunghi. Ciò è dovuto sostanzialmente ai dubbi, anch’essi tipici di queste situazioni, sull’effettiva quantificazione del flusso di introiti, basati per lo più su abbonamenti per personalizzazione, servizi ad hoc e assistenza tecnica, rimanendo il software libero e gratuito se prelevato via Web.

Dubbi che tuttavia vanno scemando dopo la chiusura positiva del secondo trimestre fiscale, lo scorso agosto, e dopo il giudizio altrettanto lusinghiero ricevuto da un pool di quotati analisti sulla base dei dati forniti da Bloomberg News. Il rapporto di uno di questi, Mark Murphy di First Albany Capital, sottolinea tra l’altro il recente patto siglato con Hewlett-Packard teso proprio a rafforzare la posizione complessiva di Red Hat. Anche la minaccia Novell, tornata all’open source puro e maggior rivale diretto, non si è rivelata così pressante come temuto inizialmente. Mentre la consolidazione del mercato, con la decisa espansione di Oracle anche in ambito Linux per meglio opporsi a Microsoft, non potrà che creare ulteriore spazio per la società di Raleigh, North Carolina. “Più grande diventa Oracle, più clienti conquista, e meglio sarà per Red Hat”, scrive ancora l’esperto finanziario nella sua relazione. Anche se, a scanso di equivoci, nessuno dipinge un futuro tutto rose e fiori. Anzi, in fondo, prudenza e scetticismo si rivelano elementi salutari: “Pur se i recenti risultati sono notevoli, continuiamo a chiederci come sia possibile sostenere a lunga scadenza un modello come quello di Red Hat”, ha insistito Brad Reback, analista presso CIBC World Markets.

Non è quindi un caso che la stessa Novell senta sul collo il fiato degli investitori. I quali premono per importanti cambi strategici nella conduzione generale, onde garantire supporti e denari consistenti, oltre che sempre necessari. È il caso di Blum Capital Partners LP, in possesso del 5 per cento della proprietà, a cui ha richiesto più volte l’avvio di passi importati: tagli alle spese, vendita di unità non cruciali, programmi di riacquisto azionario. Nonostante tali richieste siano state delineate e discusse collegialmente fin da maggio, finora la società con base a Waltham, Massachusetts ha fatto orecchie da mercante. Motivo per cui nei giorni scorsi l’agenzia d’investimenti californiana ha presentato un formale esposto alla Securities and Exchange Commission per chiarire la faccenda. Ciò in aggiunta alle contemporanee raccomandazioni, diffuse dagli analisti di Credit Suisse First Boston, atte a migliorare strategia e visione per “diventare un business più profittevole”. Oltre ai vari tagli di spesa, si chiedono maggiori investimenti nel software aperto tramite partnership e acquisizioni finalizzate all’offerta di servizi vari anziché (soltanto) alla consulenza, con l’obiettivo finale di ampliare l’enfasi sui pacchetti open source.

Non si parla di nuovo management, almeno per ora, pur se il CEO Messman ha ammesso che l’azienda si trova nel bel mezzo di una “complessa trasformazione”: dopo il declino del proprio NetWare, l’acquisizione di nomi quotati quali SUSE e Ximian va necessariamente spingendo Novell verso un diverso approccio commerciale; un passaggio per nulla semplice come dimostrato i dati negativi del trimestre chiuso a fine agosto. Senza contare, appunto, la crescita costante del diretto rivale Red Hat. Insomma, gli investitori sono preoccupati e ai dirigenti Novell non resta che darsi da fare onde mantenerne il sostegno: già prevista una nuova fase di ristrutturazione, dopo i 120 licenziamenti estivi, pur senza dettagli sulle unità colpite o sulla necessità di nuovi mutamenti operativi.

Qualcun altro che da tempo va investendo variamente in Linux è infine Panasonic, in particolare con un equity investment in MontaVista aperto nel marzo 2002, mentre lo scorso autunno l’azienda-madre, Matsushita, ha firmato un accordo generale con la stessa MontaVista, i cui prodotti ora vengono usati copiosamente nella corporation giapponese. Una relazione alquanto consolidata, quindi, che sta per espandersi ulteriormente con il lancio di un “Linux incubator” all’interno del Digital Concepts Center gestito da Panasonic Ventures in quel di San Josè, California. Il Technology Collaboration Center (noto anche come Linux Collaboration Center) prevede di offrire spazi e attrezzature per progetti collaborativi con varie start-up del giro electronics, in cambio del diritto all’acquisto di quote azionarie fino al 10 per cento delle nuove aziende coinvolte. Secondo Brad McManus, direttore del centro, questo è interessato soprattutto allo sviluppo di “middleware e applicativi, ma anche di strumenti e tecnologie d’interfaccia, quali input multi-modali e vocali, capaci di far comunicare tra loro i vari apparecchi, in generale, tecnologie costruite su un’architettura standardizzata”. Un progetto centrato su sistemi embedded e ovviamente su Linux, divenuto man mano la prima scelta di Panasonic rispetto ad altri sistemi operativi open source per le affermate doti di robustezza e risparmio economico.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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