La paura quando c’è e non si sa come affrontarla, spesso, fa compiere errori.
Come succede al Pentagono che, per problemi di sicurezza, vuole chiude le frontiere ai lavoratori stranieri che lavorano nell’informatica.
Andando avanti di questo passo, negli Stati Uniti non entrerà più nessuno e a soffrirne sarà proprio il settore tecnologico che, più di chiunque altro, ha bisogno di forze e cervelli stranieri.
La presa di posizione del Pentagono, dovuta agli sforzi che l’organizzazione militare sta facendo per rinforzare la protezione dei suoi dati, porterebbe a limitare l’impiego di stranieri nelle aziende in subappalto che lavorano nel campo dell’informatica “sensibile”.
Il progetto, attualmente allo studio come dichiarato da Pete Nelson, direttore aggiunto per la sicurezza al dipartimento della Difesa, riguarderebbe le persone che lavorano nelle aziende informatiche che hanno contratti con la Marina e potrebbe essere esteso ad altre armi.
Nelson ha precisato che il piano della Marina risponderebbe a una direttiva “che chiede che tutte le persone, compresi i fornitori e gli stranieri impiegati in alcuni posti precisi e sensibili, senza essere schedati, saranno sottoposti a un’inchiesta appropriata secondo il loro posto”.
Esistono già restrizioni per gli stranieri che lavorano su progetti classificati. Secondo i termini della nuova direttiva, spiega Nelson, “alcuni stranieri – quelli che occupano gli impieghi più sensibili – potrebbero non essere autorizzati a restare”.
Lo stesso direttore aggiunto ha fatto notare che queste misure risponderebbero al fatto che con l’evoluzione dell’informatica, alcune delle aziende subappaltatrici potrebbero essere all’estero, soprattutto “in regioni dove gli stipendi sono più elevati”.
“Se questa tendenza non prende simultaneamente in considerazione gli imperativi della sicurezza – dice Nelson – ci sarebbero ragioni per preoccuparsi”.
Le nuove misure potrebbero essere applicate tra 60 e 90 giorni.