Una delle numerose “liberazioni” imposte dalla massiccia penetrazione di Internet rimane la creazione della mini-imprenditoria online. Fenomeno alquanto diffuso attraverso ceti sociali e paesi differenti, sta a indicare per lo più l’avvio di piccoli business casalinghi finalizzati a integrare il bilancio familiare. Si va dalla vendita di articoli per bambini o alimenti integrali per mamme spesso “bloccate” tra le mura domestiche ad articoli d’antiquariato o di varia natura per chi è comunque costretto a trascorrere lunghe giornate in casa.
Non è un mistero come il trend abbia preso quota sull’onda del successo globale ottenuto in questi anni soprattutto da eBay, dove oggi operano oltre 724.000 “professional sellers” registrati e “misurati” regolarmente dalla vasta comunità che gira intorno al sito.
Un recente sondaggio condotto dalla e-azienda tra costoro ha anzi rivelato dati alquanto interessanti (e curiosi), relativi allo scorso anno: ciascuno di loro ha ricevuto 22 e-mail giornaliere concernenti la propria attività; ogni settimana si è recato 4,3 volte all’ufficio postale; il 38 per cento ha dormito meno di sei ore a notte; l’84 per cento gestisce il business direttamente da casa, usando una media di due stanze per magazzino e ufficio, mentre il 6 per cento afferma di “occupare tutta la casa” nella stagione bollente pre-natalizia, come quella avviata da poco.
Ciò come ulteriore testimonianza del fatto che, pur senza strafare nelle entrate, si tratta comunque di attività remunerative e rampanti, visti i tempi di ristrettezze economiche un po’ ovunque. Tant’è vero che negli Stati Uniti questo periodo si preannuncia assai promettente non solo per i giganti alla Wal-Mart o Amazon ma, appunto, anche per questa schiera di mini-rivenditori online.
In generale, cresce il numero di acquirenti che si rivolge loro anziché (soltanto) ai grandi nomi, per motivi diversi: evitare fastidiosi impicci, nel restituire la merce e recuperare il denaro speso, apprezzare il carattere sempre amichevole della transazione, premiare l’alacrità della famiglia della porta accanto.
È così che per Amy Morosini, una mamma di Oakland, California, gli ordini settimanali di articoli per bambini, normalmente sui 400 dollari, ora sono arrivati a 1.000 dollari. Mentre Whitney George, un disabile sempre della Bay Area, prevede di incassare circa 3.500 dollari a dicembre, rispetto ai 2.000 delle comuni entrate mensili, vendendo su eBay tazze di ceramica e altri articoli da regalo, motivo per cui ha sparso anche sotto il letto gli scatoloni con la merce acquistata all’ingrosso. Ancora, Kim MacBeth, giovane madre di Los Gatos che ha deciso di darsi alla vendita di indumenti intimi online, afferma di spendere almeno 12 ore al giorno a quest’attività anziché le solite 8-10 ore dei mesi passati. Storie simili, rilanciate in questi giorni come semplici curiosità soprattutto dai media tradizionali, danno comunque il polso del costante interesse che circonda le mille facce di tale ondata di mini-imprenditoria online.
A dire il vero, il senso di tutta questa storia va ben oltre l’imprenditoria. Il mantra – rapidamente diffusosi online e non solo – riguarda la nascita di comunità centrate sulla comunanza di situazioni e interessi, come ribadisce la mission della stessa eBay: “Abbiamo creato un luogo dove la gente può ritrovarsi. Per scambiare idee e condividere esperienze. Ed espandere i propri business…questo incredibile spazio nuovo dove c’è chi vende e chi acquista praticamente qualsiasi cosa…stiamo cambiando letteralmente il volto del commercio ogni giorno.”
Ovvio che la spinta e la visibilità del mega-sito per aste online abbiano rapidamente prodotto un’infinità di analoghi spazi-web, inclusa la “Shop-osphere” attivata da Yahoo! per presentare i prodotti migliori scelti proprio dagli acquirenti che usano il popolare network.
È così che, pur senza farlo notare troppo, i grandi retailer sentono il fiato sul collo di questa rivisitazione delle classiche vendite tra amici o porta-a-porta, elemento aggiuntivo alle comuni dinamiche commerciali, correndo rapidamente ai ripari in preparazione dell’attuale stagione natalizia. Dove, per inciso, sembra proprio che gli statunitensi siano decisi a spendere nuovamente alla grande, dopo le titubanze dovute agli strascichi dell’11 settembre. Con un risalto maggiore del solito riservato alle super-offerte, anzi alla guerra degli sconti onde attirare il maggior possibile di consumatori.
È il caso eclatante di Wal-Mart che, per recuperare il terreno perduto lo scorso anno, stavolta è partita con parecchi tra gli oggetti preferiti per i regali natalizi, dalle bambole ai gadget elettronici, scontati del 3,2 per cento in meno rispetto al maggiore rivale, Target, per poi raggiungere addirittura il 5.9 in meno. Anche se, fanno notare gli esperti, questa tendenza al ribasso alla fine si tradurrà nella riduzione delle entrate complessive, come ha già lamentato il gruppo Gap, Old Navy e Banana Republic.
Promozioni e mega-sconti devono cioè fare i conti con un eccessivo ricorso all’acquisto all’ingrosso per avere i magazzini stracolmi. Oltre che, appunto, con la presenza di un net-business casalingo di proporzioni ridotte ma ormai onnipresente. Trend che rispecchia la diversificazione di scelta (e l’empowerment) degli acquirenti, grazie alle multi-potenzialità di Internet.