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Il mestiere di giornalista è ormai inutile?

28 Marzo 2000

Il mestiere di giornalista è ormai inutile?

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Internet ha un effetto dirompente sulla fisionomia consueta del reporter e sull'abituale sistema di produzione dei contenuti informativi

“Serve ancora il giornalista?” È questo il titolo, drastico ed eloquente, di un dibattito svoltosi nell’ambito del Convegno “Come pesci nella Rete”, organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Puglia che suggerisce l’ennesimo ripensamento sulla professione di “informatore”.

Abbiamo esplorato la Rete per valutare la poliedrica realtà dell’Informazionetelematica e sondare gli umori dei giornalisti: fino ad ora gli unici mediatori di contenuti informativi autorizzati ad esercitare una discrezionalità totale nella scelta e nella presentazione delle notizie.

Più che una casta di privilegiati, gli oltre undicimila giornalisti italiani formano una variopinta congerie che affianca nomi celebri a sconosciuti e annovera improbabili “infiltrati speciali” come Lino Banfi e Pippo Baudo.

Ma cosa intendere con informazione? In un’accezione generosa è tutto quello che incrementa la conoscenza: concetto che sconfina nella produzione culturale tout court. In senso giornalistico è il racconto di un fatto, la “Notizia”: non un avvenimento qualunque, ma che contenga un elemento di interesse. Tra questi due poli si colloca il giornalismo di qualità.

Se accettiamo l’immodificabile identità strutturale di mezzo e messaggio teorizzata da Mc Luhan, e’ facile dire cos’e’ l’Informazionein Tv o nella Stampa,mezzi unidirezionali: complicatissimo definirne la natura in una Rete di Reti interattiva dalla magmatica trama architetturale. In un contesto così dispersivo, concreti catalizzatori sono stati i grandi gruppi editoriali – la Repubblica e il Sole 24 ore, i Giornali più letti in Rete – accusati di attentare al pluralistico modello di Informazionedistribuita.Internet ha comunque ampliato i confini delle conoscenze fruibili.

Da una parte ha generato un’infinità di micro notiziari che hanno beneficiato dell’abbattimento dei costi di produzione, dall’altra ha reso accessibili molte fonti di apprendimento prima precluse ai profani,come gli studi accademici. E ha messo in crisi molti Editori tradizionali. “Soprattutto quelli delle testate medie – sostiene Paolo Mieli, direttore del Gruppo Rizzoli – che non potranno inseguire i grandi giornali sul loro stesso terreno e non beneficiano di una nicchia culturale o territoriale come i giornali piccoli e specializzati”.

Questi ultimi, in passato, hanno preservato la varietà e la vivacità dell’Informazionestampata in un panorama desolante di giornalismo omologato, impegnato in un gioco di clonazione delle stesse notizie d’agenzia rinnovate con minime variazioni lessicali. Il gioco di specchi è fatalmente degenerato nella prassi commerciale dei gadget, stigmatizzata da Enzo Biagi che suggerì agli editori di regalare un panino con prosciutto ai propri lettori. “Almeno la mattina fanno colazione!”

L’editore-salumiere adombrato dalla arguzia di Biagi trova poco spazio in Rete, che restituisce il giornalismo alla sua dimensione genuina e impone una gara sul piano della notizia. Chi visita l’edicola elettronica infatti e’ attirato solo da contenuti originali.

Nel sito dell’Ordine dei giornalisti lombardo, l’avvocato Luca Boneschi condirettore della rivista “Il Diritto dell’Informazionee dell’informatica”, riassume il cambiamento in due aggettivi: “La nuova Informazionetelematica ha perduto le sue caratteristiche peculiari: la materialità e la territorialità”.

Il giornale online non richiede un supporto fisico e può essere letto in ogni parte del mondo. Gli editori della carta stampata, minacciati da questa rivoluzione, hanno provato a mettere fuori gioco i giornalisti,sostenendo che bisogna rimuovere il valore legale del giornalismo: “Con Internet non è più necessaria la mediazione giornalistica”. Per loro,non servirsi di prestazioni specializzate sarebbe un risparmio formidabile.

L’Ordine dei Giornalisti invece vorrebbe garantire la professionalità assegnando un marchio di qualità agli E-Journal registrati e che si avvalgono di personale giornalistico. Intanto Internet segue il suo corso e crea nuove figure di fornitori di informazione,come quella del webwachter, che compie su richiesta ricerche nei database www.newmediacmt.it o www.jobline.it.

In USA si diffonde il checkbook journalism, pratica spesso immorale usata da editori e facoltosi personaggi per comprare notizie “su misura”. Da noi nascono nuovi micro organi d’informazione, non sempre gestiti da giornalisti, come le newsletter distribuite da Mauro Delrio (www.send.it), che trattano una miriade di argomenti.

E mentre su “Il sole 24 ore” Vincenzo Zeno Zencovich sostiene che le nuove tecnologie impongono di modificare lo schema di inquadramento della professione (in parole semplici, abolire l’Ordine che ha la funzione di regolare l’accesso alla professione e di far rispettare il codice deontologico), i responsabili continuano a credere che basterà aggiornare le regole e modernizzare la formazione degli iscritti all’Albo. Internet ha dunque desacralizzato l’informazione, ne ha sottratto il controllo ai referenti tradizionali e le reazioni sono confuse.

La posta in gioco è ben più importante del destino dell’Ordine: è la necessità, ineludibile per lo Stato di modulare il flusso dell’Informazionestabilendone i criteri di produzione e diffusione.

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