Malcostume, malcostume. Da un po’ di tempo, l’e-mail che ricevo è fatta quasi solo di attachment. Chi mi scrive apre il suo Word, compone una lettera tradizionale e impaginata, poi prende Outlook, Eudora o quant’altro e mi spedisce il file Word come attachment. Risultato: se va bene, a riceverlo ci metto almeno tre volte il tempo che avrei impiegato se mi avessero mandato un normale messaggio e-mail.
Questi cultori dell’attachment sembrano dimenticarsi che, in posta elettronica, il “francobollo” lo paga chi riceve, sborsando alla Telecom il costo dei minuti di ricezione. Perché mai dovete farmi spendere di più, se non avete da mandarmi altro che un salutino o un messaggio fatto solo di parole?
La maleducazione è anche vezzosa.
Arrivano messaggi con spettacolari grafismi di background, fiorellini, animaletti, giocattolini. Non me ne può importare di meno, ma sono bytes, intasano sconsideratamente la rete e il mio modem: quando li vedo, l’avversione per il mittente scatta inesorabile.
Oltre che vezzosi, i maleducati dell’attachment sono anche pedanti.
Inorridisco al ricordo del messaggio, peraltro banale, di un tizio che volendo impressionarmi, aveva farcito il suo immancabile file Word non solo con il logo della sua azienda (come se non bastasse a identificarla l’automatica e inevitabile indicazione del “sender” sul messaggio), ma anche con quello della mia, in modo che tutte le volte in cui lo sciagurato la nominava appariva un loguzzo tirato su da uno scanner Attachment farcito senza alcuno scopo, file pesantissimo, avversione per il mittente in crescita esponenziale.
Lancio questo messaggio in bottiglia senza alcuna speranza che possa convincere questi signori a smetterla. Altro che l’e-mail come nuovo linguaggio, con i semiologi scatenati a trovare novità negli emoticons che un tempo erano di moda, i patetici disegnini fatti di parentesi e puntini a simulare stati d’animo, smiles, incavolature varie: gli odierni intasatori di modem, se vogliono farti sapere che sono allegri, ti mettono, ovviamente in attachment, il file audio dell’Inno alla gioia
Il vertice della rabbia da bolletta telefonica e da inquinamento della rete si raggiunge sotto Natale. Più i mittenti ti sono semisconosciuti e indifferenti, più ti riempiono di spaventose cartoline multimediali, con gif animati, applet java, suoni e luci, babbinatali che si automoltiplicano ballando sullo schermo, bingcrosby canticchianti e via andare.
Il tutto inviato (lo scopri) a mailing-list sterminate, per cui la rete si intasa di babbinatali e tutti sono contenti.
Facessi il semiologo, direi che l’e-mail si è rapidamente trasformata in un fax, in cui non faccio altro che infilare un “foglio di carta” altrimenti prodotto, “facendo il numero” (ossia scrivendo l’indirizzo) per spedirlo, e basta. Interessante fenomeno di costume, meriterebbe farci su un convegno.
Siccome però non faccio il semiologo, ma sordidamente pago bollette del telefono, vi supplico: piantatela.
(nota: questo disperato appello, senza formattazione alcuna, in formato Word, pesa 23 kb; inviato come normale messaggio e-mail con Outlook, pesa 4 kb: meditate).