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Il governo americano vuole controllare l’ICANN

23 Settembre 2002

Il governo americano vuole controllare l’ICANN

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Il governo americano ha fretta nel sistemare le cose nel mondo del cyberspazio. Così, lancia un ultimatum all’ICANN per riformarsi. È stato il dipartimento americano del commercio a dare all’ICANN …

Il governo americano ha fretta nel sistemare le cose nel mondo del cyberspazio. Così, lancia un ultimatum all’ICANN per riformarsi.

È stato il dipartimento americano del commercio a dare all’ICANN un anno di tempo per mettere la parola fine alla riforma.
Eppure, l’Internet Corporation for Assigned names and Numbers (ICANN), l’ente che gestisce i nomi di dominio internazionali dovrebbe essere un’organizzazione senza scopo di lucro e indipendente dal governo americano.

Un’indipendenza del tutto ipotetica, oggi, in un momento in cui gli Stati Uniti danno ordini a tutti, comprese le Nazioni Unite e sta per partire il programma di difesa del cyberspazio.

Il dipartimento del commercio ha accettato di lasciare all’ICANN la supervisione dei nomi di dominio per il prossimo anno. Dopo di che, niente è più sicuro.

La stessa direttrice dell’amministrazione delle telecomunicazioni americane, Nancy Victory non ha nascosto la sua “delusione” per la lentezza con la quale l’organismo si sta riformando e che dura da mesi.
Una delusione dovuto al fatto che la riforma serve a rispondere ai bisogni degli internauti e per adottare un funzionamento più trasparente e democratico.

Lodevole l’interesse del governo e amministrazione americana al problema della riforma dell’ICANN.

Ma preoccupa il richiamo di Washington a un miglior controllo nella gestione dei nomi di dominio per proteggersi contro ogni attacco informatico.
Fa fede il documento presentato la settimana scorsa e anticipato nella nostra rubrica dal titolo “Una strategia nazionale per la sicurezza del cyberspazio”.

Che gli Stati Uniti vogliano prendere il controllo, anche formale, della rete con la scusa di una maggiore protezione del cyberspazio? Per proteggere cosa?

In un’intervista apparsa sull’ultimo numero del Venerdì di Repubblica a Steven Spielberg, il regista parla del problema della privacy.
Realizza un film tratto da un romanzo di Philip K. Dick ma, paradossalmente, giunge a una conclusione diversa: la perdita del diritto alla privacy è uno scotto da pagare.

È interessante cosa racconta di quanto emerso in un seminario, voluto da lui per il film, che ha raccolto i futurologi del MIT: “Fra cinquant’anni la perdita della privacy sarà uno degli eventi più rilevanti”.

Una frase da brivido, degno dello Squalo, il suo film più terrificante.

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