Si è appena conclusa al centralissimo Moscone West Center di San Francisco la prima edizione della Web 2.0 Expo. Evento che, a scanso di equivoci, è stata ben più di una vetrina per aziende e prodotti high-tech, quanto invece un evento ricco di presentazioni, dibattiti, interazioni. E che ha visto, oltre alla presenza di persone di primo piano nell’imprenditoria digitale, tra cui Tim O’Reilly, Jeff Bezos, David Sifry, Eric Schmidt, un’ampia e differenziata partecipazione di pubblico. Anzi, è stato forse questo l’aspetto cruciale della kermesse californiana: girando nei tre piani dell’edificio, all’inglese si intrecciavano di frequente lingue europee, incluse quelle dell’est, asiatiche, sudamericane e altre meno distinte. Scenario facilmente verificabile, anche da casa, tramite una rapida ricerca su Technorati: tra le migliaia di blogger che ne parlano, spiccano i post in francese, portoghese, coreano, spagnolo e via di seguito. (Unica eccezione negativa, purtroppo, la scarsissima presenza italiana).
Pur usando maggior prudenza del quotidiano locale San Francisco Chronicle, che riporta addirittura un 11.000 presenze, il via vai di persone è rimasto incessante per le tre giornate, dalle 8 di mattina alla tarda serata, e l’enorme sala riservata alle sessioni plenarie era spesso stracolma. Soprattutto per l’intervista, nella seconda giornata, condotta sul palco da John Battelle al Ceo di Google Eric Schmidt, su cui torneremo in dettaglio nei prossimi giorni. Una partecipazione diffusa resa più facile dall’ampia scalabilità delle tariffe previste: dai 1.495 dollari per il tutto compreso (con party serali e pranzi quotidiani) ai 100 dollari per le sessioni plenarie e poco più. Puntando all’ambito mainstream, l’evento si pone così come necessaria evoluzione ed estensione del Web 2.0 Summit autunnale—ormai passato alla storia proprio per la definizione del termine Web 2.0 illustrata da Tim O’Reilly nella prima edizione del 2005 e dove si partecipa solo su invito. Organizzata dallo stesso circuito, questa manifestazione si pone così come indispensabile companion per collegare tra loro in maniera diretta chiunque sia coinvolto a vario titolo nel magma digitale.
Pur non negando le esagerazioni e la mezza-bolla che alimenta l’intero panorama, il leit-motiv è stato ribadito in apertura dallo stesso Tim O’Reilly: «L’informatica persistente, le connessioni globali, l’integrazione tra rete e business non sono affatto finite». Non va persa la fiducia nell’integrazione costante e proficua tra tecnologia, imprenditoria e individui come strumento di grande potenzialità per l’intero pianeta a ogni livello. Un’iniezione di concreto ottimismo, dunque, per evitare il rischio di inopportune bolle. Dando massimo valore al dinamismo dell’intelligenza collettiva e proiettandosi nel futuro, ben pronti a mettere a punto e/o saltare sul vagone della prossima killer application. Lo ha rilanciato il boss di Amazon, Jeff Bezos, dettagliando la sua nuova carta: la creazione di mega data-center per offrire in affitto spazi, infrastrutture, servizi web puntando più in là a creare “magazzini globali” anche per merci fisiche. Un outsourcing tagliato su misura per utenti, start-up e aziende di ogni grandezza e Paese, adeguato alle esigenze assai variegate dell’intelligenze collettiva, con tariffe da pochi spiccioli, anzi pagando on-the-go, per “bevanda” consumata. Anche se per ora, ha ammesso, «siamo nettamente in rosso con i conti».
Stimolante anche la presentazione, da parte di Kevin Lynch di Adobe, della nuova piattaforma Apollo, mirata a integrare i benefici delle applicazioni Web (dal networking al rich-media content) con le tipiche capacità dell’ambiente desktop. Onde arrivare a far girare sul proprio PC in maniera autonoma i programmi che consentono poi l’interazione con i maggiori siti online; eBay sta testando un applicativo basato su Apollo grazie al quale gli utenti possono operare in modo fluido offline sui suoi siti di aste online. Assai indicativi poi i dati sullo “State of the Web 2.0”, snocciolati da Bill Tancer di Hitwise e dal boss di Technorati Dave Sifry. Ecco qualche cifra (relativamente) sorprendente: mentre i più giovani consultano spesso Wikipedia, a inserire e rivederne le voci sono persone più adulte; rispetto all’upload dei video online, i meno rappresentati sono quelli compresi tra 18 e 24 anni; in discesa la percentuale di blog attivi, dal 36% di maggio 2006 al 21% di marzo 2007; aumentano i blog in lingue diverse dall’inglese (tuttora in vetta con il 43%), con il giapponese al 37%, il cinese all’8% e lingue inaspettate come il farsi che raggiunge l’1%.
Il dinamismo di questo Web 2.0 Expo non ha mancato di offrire giusto spazio anche a esperienze meno note, quali Esnips: un rete sociale che vanta oltre 2 milioni di utenti registrati e 10 milioni di visite al mese in poco più di un anno di attività. Come mai nessuno ne parla? Be’, al contrario di Ning non c’è un Marc Andreessen alle spalle ma una piccola azienda di Tel Aviv che ora, guarda caso, pensa di trasferirsi in Silicon Valley. Ben rappresentato fra l’altro l’ambito isrealiano, come anche quello indiano, sia tra gli espositori che tra il pubblico. Un caso tutt’altro che unico, quello di Esnips, con analoghe iniziative ridotte ma promettenti che puntano o sperano di fare il grande passo e, meglio, essere acquistate dai Golia della situazione. Perfino Jay Adelson, giovane Ceo del noto Digg, ha raccontato dei conflitti personali e interni “all’universo Digg”, rispetto alla gran corte che gli fanno venture capitalist e grossi nomi di ogni sorta, per ora invano.
Da non dimenticare, fra i molti eventi dentro l’evento, l’improvvisata attivazione di una “Community Roundtable”, con una 50ina di persone riunite a discutere temi quali lo stato odierno della Web community o le responsabilità legali della publicazione online. Ciò anche rispetto alle recenti minacce ricevute dalla blogger Kathy Sierra (una sua presentazione qui al Web 2.0 Expo è stata cancellata proprio a causa di tali minacce). Lo stesso spazio ha poi dato luogo a mini-presentazioni con il tipico formato da Barcamp (altrimenti dette unconference) su svariati progetti in stile social networking e/o localizzati in varie regioni del mondo.
Forse in tal senso bene sarebbe stato includere spazi di domande e risposte con il pubblico, in particolare dopo le sessioni plenarie con i big, ma qualcuno dal palco ha buttato lì che «con tutta questa gente diventerebbe solo caotico». Come anche noiose alcune sessioni e panel eccessivamente tecnici nonché fastidiosa certa enfasi sull’aspetto più schiettamente commerciale, con la tipica aria di chi tenta sempre di allungare le mani nel portafoglio altrui. Ma tant’è. Il futuro del digitale passa anche per il business, oltre che lungo i variegati percorsi della socialità online e offline. Per chi vorrà dire la propria, la prossima edizione del Web 2.0 Expo è già programmata per il 22-25 aprile 2008.