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Il filtro caotico-puntuativo sulla realtà

22 Dicembre 2008

Il filtro caotico-puntuativo sulla realtà

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La fruizione di programmi televisivi ha alterato profondamente la nostra percezione di ciò che ci circonda. Che cosa succederà ora che la comunicazione si trasforma sempre più da push a pull?

Carlo Sartori, presidente di RaiSat e responsabile del progetto Digitale terrestre Rai, nel 1989 pubblicò per Mondadori un importante libro sul linguaggio televisivo dal titolo La grande sorella, il mondo cambiato dalla televisione. Da quel libro riprendo quanto disse Robert Pitnam nel 1980, a proposito degli studi di mercato compiuti per la nascita di Mtv: «La “tv generation” tratta l’informazione in modo non lineare: i ragazzi oggi possono fare i compiti a casa, guardare la tv, ascoltare la radio, parlare al telefono, tutto nello stesso tempo. E da essi l’informazione è trattenuta non in senso logico-sequenziale, ma in clusters caotico puntuativi. Inoltre, si può comunicare con loro attraverso le impressioni dei sensi – umori ed emozioni – piuttosto che attraverso le parole e la forma narrativa».

Osservando i comportamenti radiotelevisivi del pubblico di oggi, mi viene da considerare che la ricezione caotico-puntuativa è piuttosto dilagante, non solo nei giovani di allora (i quaranta/cinquantenni di oggi), ma anche in persone più anziane che si sono adeguate ai comportamenti dominanti. I giovani e giovanissimi seguono altri media, con altre modalità di emissione/ricezione, ma quando guardano la televisione non differiscono di molto dai giovani degli anni ’80. Se per altri spettacoli come il cinema, il teatro, i concerti, ciò che si vede è protagonista del tempo in cui assistiamo allo spettacolo, e ci rechiamo in quei luoghi pagando un biglietto proprio per assistere a quello spettacolo, la televisione ce l’abbiamo in casa (o deprecabilmente oggi si trova in quasi tutti i ristoranti), e spesso la si tiene accesa come sottofondo durante tutta la giornata, anche quando si ricevono gli amici. Non ci si fa più caso, tanto è vero che si parla, si svolgono altre faccende, perfino si lavora. Ne consegue che ci siamo abituati alla sua presenza, e non ce ne rendiamo più conto, o in certi casi non possiamo farne a meno, perché il silenzio ci mette a disagio.

Naturalmente non sempre è così, per cui possiamo individuare diversi livelli di ricezione:

  • ricezione attenta: prevalentemente da soli, con la gestione del telecomando, per guardare tg, talk show di approfondimento, film e documentari;
  • ricezione semiattenta: da soli e in compagnia, con o senza gestione del telecomando, si salta da un programma all’altro, si parla durante l’ascolto, per guardare show, gare sportive, giochi, telenovelas;
  • ricezione casuale: si entra e si esce dalla stanza in cui c’è il televisore, si fanno altre cose, si parla, si salta da un programma all’altro, per guardare o non guardare indifferentemente quello che capita;
  • ricezione di sottofondo: si tiene il televisore acceso senza guardarlo, si parla con gli amici o si fanno altre cose, ogni tanto ci si butta uno sguardo ma è indifferente quello che si guarda, è il televisore in salotto durante un party, o al ristorante;
  • ricezione distratta: il televisore è sempre acceso, qualcuno cambia i programmi casualmente, ogni tanto si butta l’occhio e si sente qualcosa, ma si fanno altre cose.

Gli ultimi tre livelli portano a una ricezione caotico-puntuativa, dove piccoli o minimi bocconi (crunch) di informazione vengono inghiottiti come capita, e si vanno a depositare nella mente in modo amorfo e caotico. La maggior parte di essi viene dimenticata, ma alcuni restano e si aggregano sempre in modo casuale, ma secondo le leggi di potenza delle reti, per cui alcuni di essi si uniscono ai propri simili e formano nodi più forti (hub) che man mano diventano sempre più forti. Ne consegue che per la ricezione attenta e semiattenta sono importanti i contenuti e il linguaggio articolato, razionale, narrante, esplicativo. Per la ricezione caotico-puntuativa il contenuto è irrilevante, il linguaggio razionale è inutile, quello che conta è condensare o banalizzare un’informazione in un piccolo boccone e ripeterla molte volte, per scatenare nel subconscio la legge di potenza e trasformare quell’informazione in un hub informativo.

In altre parole, tutto quello che ho scritto finora è adatto a una ricezione attenta. Per riscriverlo in modo adatto alla ricezione caotico puntuativa potrei dire: hai tempo? Sei solo? Vuoi sapere che è successo? Guarda il Tg5. Sei in compagnia? Spegni il televisore! Anche se questi messaggi vengono ascoltati distrattamente e – in modo caotico-puntuativo – ne viene colta una sola parola, qualcosa di essi arriva, anche se nella rozza antitesi guarda/spegni. Se poi ripeto gli stessi messaggi ogni giorno, prima o poi arriverà quasi tutto e si depositerà nella mente a costituire un cluster un po’ più forte dei piccoli bocconi sparsi, e quindi capace di aggregare altri cluster unendoli in rete e tenendoli insieme come un hub destinato a diventare sempre più forte, e quindi a trasformarsi da idea in ideologia, da giudizio a pregiudizio, da ragione a fede.

Dunque, coloro che ricevono prevalentemente in modo attento-sequenziale-strutturato costituiscono una popolazione del tutto diversa da quelli che ricevono prevalentemente in modo distratto-caotico-puntuativo, hanno modelli di riferimento diversi, votano in modo diverso. Una comunicazione televisiva che tenga conto di ciò dovrà usare un linguaggio articolato e ragionato per la ricezione attenta, un linguaggio semplice, emotivo, fatto di slogan ripetuti, di icone e immagini ricorrenti, di luoghi comuni. Mi si dirà che questo è il linguaggio della pubblicità. Proprio così. È un linguaggio fatto per una ricezione disattenta e casuale (durante la pubblicità facciamo zapping, andiamo al bagno, o semplicemente pensiamo ai fatti nostri). Temi più interessanti invece richiedono di essere sviluppati con un linguaggio più evoluto. È vero. Però anche temi importanti, se sono destinati a un ascolto prevalentemente caotico-puntuativo, sono recepiti in qualche modo solo se vengono espressi nel linguaggio adatto, cioè pubblicitario. Anche nei talk show chi si esprime per slogan arriva meglio di chi argomenta con sottigliezza.

E pure la persona più intelligente, impegnata, colta, se in un certo momento assiste a una trasmissione in modo distratto, la riceve in modo caotico-puntuativo, con tutte le coseguenze di cui sopra. Allora, come anticipava il buon McLuhan, il problema non è tanto nei contenuti, quanto nelle modalità di ricezione. Alcune trasmissioni sono fatte apposta per la modalità distratta, come i reality, le telenovelas; altre no, come gli special, i telegiornali, i dibattiti. Questi però, se ricevuti in modo distratto, fanno sì che l’ascoltatore o il telespettatore li appiattisca eliminando tutte le argomentazioni sequenziali, e cogliendo solo alcuni sprazzi già sintonizzati con ciò che pensa e che sa. È probabile, quindi, che decodifichi significati diversi e persino opposti a quelli del messaggio emesso.

Sempre nel libro La grande sorella, Sartori affronta il rapporto fra realtà e televisione, fra ciò che è successo veramente e ciò che si vede in tv, e si chiede: «Se un albero cade in una foresta e non è ripreso in televisione, l’albero è realmente caduto?». Io aggiungo: se la televisione fa vedere un albero che cade, l’albero sarà caduto veramente? E quando? E per lo spettatore quanto sarà importante che l’albero sia caduto veramente, dal momento che l’ha visto in televisione? E se un servizio tv mostrasse un albero che cade, da che cosa riusciremmo a capire se è la cronaca di un albero caduto davvero o se è una fiction, se è un evento attuale o un filmato di repertorio? È una sorta di test di Turing: finchè non ti accorgi se è vero o falso, lo devi prendere per vero. Ma quando sei così distratto da non essere in grado di capire se assisti a un documento o a una fiction, come si forma il tuo sistema di pensiero, di emozioni, di opinioni? Molto prima della televisione, Orson Welles aveva affrontato il problema col suo La guerra dei mondi, dove una fiction radiofonica su una presunta invasione di marziani, da ascoltatori distratti veniva percepita come vera e seminava il panico. Infatti, quanto detto per la televisione, vale anche per la radio.

Tutto questo è vero per la comunicazione push che arriva dal televisore. C’è però tutto un altro mondo di comunicazione pull: il digitale terrestre, la tv satellitare e la pay tv, i podcast, lo streaming video e la tv prosumer di YouTube e simili, l’universo dei blog, wiki e social network, l’iPod e i telefoni Mms, i passaparola virali. Quali sono le modalità di comunicazione di questo mondo? Come si emettono i messaggi? Come si ricevono? Che cosa succederà quando queste modalità avranno preso il sopravvento sulla televisione così come la conosciamo ora?

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