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Il dilemma dei provider americani, tra tutela del copyright e rispetto della privacy

04 Dicembre 2002

Il dilemma dei provider americani, tra tutela del copyright e rispetto della privacy

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Una nuova controversia giudiziaria, tra la più grande associazione americana di produttori musicali e il fornitore d'accesso a Internet Verizon, riaccende la polemica sui limiti e gli strumenti di tutela del diritto d'autore.

Un tribunale americano dovrà presto stabilire quale debba essere il punto di equilibrio tra la tutela della proprietà intellettuale e le cosiddette libertà civili, tra le quali, in particolare, il diritto alla privacy degli utenti di Internet.

La Recording Industry Association of America (RIAA), infatti, ha recentemente intentato un’azione giudiziaria contro il fornitore d’accesso a Internet Verizon, con l’obiettivo di ottenere il nominativo di un abbonato accusato di aver copiato migliaia di files musicali attraverso la Rete “Kazaa”.

La questione di fondo è quella di stabilire se la protezione del diritto alla proprietà intellettuale, mediante l’identificazione dei contraffattori, prevalga sul rispetto della loro privacy.

La RIAA, appellandosi al Digital millenium Copyright Act (DMCA) del 1998, spera che i fornitori d’accesso accettino di rivelare spontaneamente le informazioni riguardanti le operazioni effettuate su Internet dai loro abbonati.

Al contrario, Verizon, interpretando in maniera diversa lo stesso Digital millenium Copyright Act, sostiene di avere l’obbligo di fornire la lista dei suoi clienti soltanto nel caso in cui i brani protetti dal copyright siano conservati su un computer di sua proprietà.

La decisone del tribunale americano assumerà, perciò, una grande importanza anche per i fornitori d’accesso a Internet, che mirano ad ottenere un chiarimento sull’entità dei loro obblighi nei confronti sia dell’industria musicale sia dei loro abbonati.

Verizon contesta, in particolare, l’utilizzo, da parte dei produttori musicali, di software che consentono di identificare i presunti pirati informatici e di inviare automaticamente una lettera ai fornitori d’accesso per chiedere che impediscano l’accesso a Internet.

Questo sistema, infatti, è all’origine delle proteste degli abbonati, che accusano i fornitori di non garantire a sufficienza la riservatezza e l’integrità dei loro dati personali e di violare la loro privacy.

Attualmente, gli unici casi in cui i fornitori d’accesso americani ed europei accettano senza difficoltà di impedire l’accesso a Internet ai loro clienti, sono quelli in cui si verificano palesi violazioni delle leggi penali – ad esempio, la diffusione di contenuti a carattere pedofilo o la vendita di prodotti stupefacenti – o in cui il carattere illecito del comportamento dell’utente può compromettere l’immagine del fornitore stesso.

L'autore

  • Annarita Gili
    Annarita Gili è avvocato civilista. Dal 1995 si dedica allo studio e all’attività professionale relativamente a tutti i settori del Diritto Civile, tra cui il Diritto dell’Informatica, di Internet e delle Nuove tecnologie.

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