Questo articolo richiama contenuti dal webinar Che cos’è il content design in pratica? tenuto da Nicola Bonora per Apogeo Editore il 17 febbraio 2021 in diretta Facebook.
L’unicorno necessario all’interno del mercato
Nel 1995 lavoravo già da qualche anno, quando è arrivata Internet. Ho cominciato a occuparmi di Internet con il configurare modem (si vive anche di quello, no?). Poi sono passato a scrivere HTML, poi ancora a disegnare interfacce e dopo a progettare architetture, verso livelli di astrazione sempre superiori, perché si diventa sempre più incompetenti nella vita da un punto di vista dell’ampliamento delle cose. A un certo punto sono arrivato a capire che l’architettura dell’informazione era per me il punto in cui potevo mettere a sintesi un po’ di cultura umanistica e quel minimo di cultura tecnica che avevo acquisito.
Il mio è stato un percorso lungo, novecentesco, nel corso del quale sono arrivato a capire che in realtà è la componente umanistica quella che regge tutto, quindi il contenuto e le sue premesse, le sue visioni. Il mio obiettivo è molto ambizioso: far capire che quelli più titolati ad avere la proprietà di un’architettura, a disegnarne, a disegnare dell’ontologia sono ancora una volta quelli che hanno una provenienza umanistica, e la conoscenza di cose che non sono troppo verticali.
La mia idea è che metodi, processi, tecniche possano essere acquisiti e applicai. L’inverso è difficile. È una questione anche caratteriale e anche di predisposizione delle persone. Chi arriva dal contenuto è in prospettiva l’unicorno veramente necessario all’interno di questo mercato, cioè qualcuno che possa partire da una visione molto ampia per ricondurla al matrimonio tra l’azienda; anche perché il contenuto è l’interfaccia; trascuriamo che diventi una pagina web oppure un post o una interfaccia zero UI, come sta per accadere con la dematerializzazione massiccia di tutto quanto. Ma, se non lo ragioniamo in questi termini, non facciamo poi la declinazione locale sui canali.
I canali sono tantissimi e l’entropia è tanta. Sappiamo come leggiamo tutti, poco e male, in coda, con ansia. Se non prendiamo una rincorsa prima saremo sempre tattici e rischieremo di non capire perché le cose non vadano bene e perché non andranno bene se non ragioniamo in termini strategici. Il contenuto è l’interfaccia ma anche molto di più: il linguaggio è l’interfaccia che premette il contenuto e chi conosce il linguaggio, oggi, credo che abbia tante possibilità di poterlo poi fare lievitare. Credo che acquisire metodi, processi e strumenti, come dice la quarta di copertina del mio libro, della User eXperience (da ora UX) e dell’architettura dell’informazione possa creare delle professionalità a T dove forse la gamba verticale è uguale a quella orizzontale. Professionalità di cui c’è bisogno per colmare un gap preciso, quello dove oggi i progetti digitali generalmente fanno acqua.
Acquisire la tecnica o acquisire un mindset?
L’acquisizione di tecniche è alla portata di tutti quelli che ne hanno voglia. L’acquisizione di mindset, per quanto ci si possa allenare, è un pochino più complessa e diventa meno istintiva man mano che invecchiano e cresciamo. Da questo punto di vista, ho fatto la mossa del judo. Ho pensato di ribaltare il concetto dicendo che non è l’architetto dell’informazione a diventare un bravo custode del contenuto. È chi si occupa del contenuto.
È questa la grande opportunità di diventare un architetto, diventare un designer. Questo sì che è nella barra orizzontale della T. Pare complesso? Un libro come Design your Life, oltre a essere bellissimo, è un viatico nella complessità. Dobbiamo convivere con l’incertezza. L’importante è avere chiara la direzione, proprio come cibernauti, gente che sa navigare e ha una visione. Gli strumenti li puoi appunto acquisire strada facendo.
Che cos’è il design dal punto di vista del content design
Per spiegare, parto da un passo indietro: la lettura di Antifragile – prosperare nel disordine, di Nassim Taleb.
Quante volte si è parlato di antifragilità in questi mesi e anche a sproposito, come è successo al concetto di cigno nero. Nel citare il libro, dico che il concetto di antifragile è un oggetto, un’entità che cresce nelle difficoltà. Quindi c’è un concetto di fragile: si rompe quando gli dai un pugno; solido: non si rompe se gli dai un pugno; antifragile: cresce, migliora quando gli dai un pugno. Che cosa sta nella sfera del designer? Una cosa antifragile, una solida e una un pochino più fragile ma indispensabile. Oggi parliamo della cosa antifragile.
Le virtù di partenza del content designer
La parte antifragile è l’insieme delle virtù. Le virtù sono quelle antifragili e sono quelle che crescono con le prove della vita oppure sono innate. E se non ce l’hai, la virtù innata, sei fregato? No, le virtù si possono anche allenare. Ora racconto quelle che sono le virtù di base che io reputo importanti.
Curiosità
Avere la conoscenza delle regole di base ci permette poi di dimenticarcene artisticamente, come il fotografo che che aggiusta le luci per istinto da tanto ha interiorizzato le regole, ed esplorare liberi. Lo skill di base per entrare nel mondo digitale oggi è sicuramente la curiosità. Se non sei curioso lascia perdere, diceva Achille Castiglioni, ma in un processo di design, cioè di definizione di perimetri di puntini da unire.
Unire i puntini come diceva Steve Jobs, non necessariamente creare. Unire i puntini, non inventare, non scoprire ma disegnare la curiosità. Chiedere SEMPRE perché. Perché. Perché. Cercando di non risultare impertinenti, chiedere perché.
Umiltà
La seconda cosa fondamentale è l’umiltà, non nel senso francescano, bensì il saper spostarsi da se stessi.
L’ego del designer è ipertrofico. Quando metti un designer davanti a un test di usabilità e vede come le persone usano le cose che pensava avrebbero usato in un altro modo, piange. Questo perché il suo ego non gli ha consentito di essere prono all’errore e saper costruire insieme agli altri.
Empatia
Non ci sono wow o disperazione in un processo di design. Questo ci porta a un terzo valore importantissimo, anche questo sciupato negli ultimi tempi. Empatia. Non è una empatia pelosa di quelle lacrimose, con le pacche sulle spalle; è la comprensione utilitaristica, persino cinica se vogliamo. E poi ciascuno declini come vuole. Di come le persone pensano e perché fanno le cose e le motivazioni che le muovono. Se conosciamo quelle, riusciamo a disegnare cose che siano utili a loro.
Ascolto
Il quarto elemento sono le orecchie, che dovranno stare sempre aperte e in ascolto attivo.
C’è chi ascolta perché non vede l’ora di dire quello che pensa. Invece l’ascolto puro, nel segno dell’umiltà, nell’essere spugne, permette di liberarsi di tanti preconcetti in modo molto zen. Sembra essere in California negli anni settanta, ma ci consente di fare un’operazione, la gestalt, che ci fa vedere a un certo punto i puntini che stiamo raccogliendo mentre prendono una forma diversa, nuova e utile, che ci restituisce la forma e il progetto, la morfologia del progetto. Se non abbiamo questa capacità, non è questione di tempi o di soldi; è una questione di approccio, dove rischiamo di non vedere le cose migliori di come le riceviamo.
Queste sono le quattro virtù di base. Prossimamente parleremo anche delle altre due componenti che stanno nella sfera del designer.
Questo articolo richiama contenuti dal webinar Che cos’è il content design in pratica? tenuto da Nicola Bonora per Apogeo Editore il 17 febbraio 2021 in diretta Facebook.
Immagine di apertura di FitNish Media su Unsplash.
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