Si era già precedentemente parlato del caso degli ISP (Internet Service Provider) d’oltralpe e del fatto che diverse associazioni antirazziste come SOS Razzismo, MRAP e la Lega dei Diritti dell’Uomo (LDH), avevano citato in giudizio una decina di Internet provider a causa di un sito a carattere revisionista visibile online: Aaargh.
La procedura, avviata l’8 marzo 2005 innanzi al Tribunal de Grande Instance (TGI) di Parigi, si era conclusa con una sentenza del 13 giugno 2005, che aveva ordinato agli ISP francesi di interrompere l’accesso al sito sotto accusa.
I provider, ai quali erano stati assegnati dieci giorni di tempo per adeguarsi alla sentenza, avevano acconsentito a filtrare l’accesso al sito, criticando, però, le modalità tecniche indicate.
Il sito, infatti, era composto da un dominio principale e da un sottodominio collegato (del tipo www.xxx.com/yyy), sottodominio che i provider non sono in grado di bloccare. Gli ISP hanno quindi bloccato l’accesso al nome di dominio principale (www.xxx.com).
Resta però il giustificato timore che quest’azione possa coinvolgere anche siti che, pur non avendo nulla a che fare con il sito revisionista, si trovano a condividere con questo il dominio principale. L’argomentazione, però, non ha convinto i giudici e la questione è ancora aperta.
Al tempo stesso, poi, il sito in causa è ancora accessibile; semplicemente è consultabile a un altro indirizzo Web. Una soluzione tecnica al problema è perciò davvero urgente.