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Identity Theft: furto d’identità

05 Dicembre 2003

Identity Theft: furto d’identità

di

Problema crescente negli Usa: più ci si globalizza e si usa il Web, e più si espande. Un'esperienza di prima mano

I dati e le statistiche ve li passo poi tutti; per il momento consideratene solo alcuni: le denunce fatte per possibile Identity Theft qui negli USA sono state: 1.980 nel 1999, 31.117 nel 2000, 86.198 nel 2001, 161.819 nel 2002, e si ha una proiezione di 210.000 casi per il 2003. Ma io, invece dei freddi numeri, ho una storia reale da proporvi, che può offrire indicazioni per avere un’idea della situazione. Quello che vi vado a raccontare è un’esperienza diretta, grazie al cielo non mia, ma di un mio carissimo amico che chiamerò “M.”, con il quale sto dividendo la casa e, da più di tre mesi, pure i problemi.

Atto I: dalla totale serenità al panico

Il furto d’identità è silenzioso, strisciante, può andare avanti per un tempo molto lungo senza che si abbia la minima coscienza del fatto. Nel caso di M., è andato avanti tranquillamente per più di due anni, senza che lui sospettasse nulla. Oddio, delle volte arrivava della posta con il nome un poco storpiato, oppure con il diminutivo al posto del nome, ma chi ci fa caso? Stima del truffato: sedicimila dollari, già una bella sommetta, ma sembra che sia da considerarsi una cifra ancora più che accettabile in un caso del genere.

Come è stato scoperto: nel preparare i documenti per affittare una nuova casa, M. ha chiesto (come tutti gli altri facenti parte di questo sodalizio) un Credit Report, ovviamente, tramite il Web. Si tratta di un rapportino sullo stato del proprio credito e sull’affidabilità ad effettuare transazioni in cui il denaro è coinvolto. Il Credit Report si ottiene pagando una somma variabile fino ad un massimo di 8,50 dollari, da una delle seguenti agenzie:
www.equifax.com
www.esperian.com
www.transunion.com

Il che offre già l’idea di come siamo tutti schedati per benino; che queste agenzie private sanno morte e miracoli di come vanno i nostri conti bancari, ecc. M., quindi, chiede il suo bravo Rapportino sul Credito, e lì il panico: invece delle tre credit card che lui sa di avere e che usa da circa 8 anni qui in California, risulta averne ben nove: sei di più. Incredulità ed esclamazioni di: “ma come è possibile?”. È possibile.

Azione diretta

Avendo avuto coscienza del problema, per M. è cominciato il lavoro di raccolta informazioni per tentare di risolvere il problema: gli USA sono parecchio organizzati in questo, a riprova della gravità del problema:

Statistiche: una media di 60-175 ore di lavoro e $500.00 – $2000.00 di spese e a volte anche due anni per riuscire a riprendersi la propria innocenza bancaria. Tra telefonate, lettere raccomandate, ed eventuale azione legale se fosse necessaria.

Sì, perché una volta che viene riconosciuto il fatto dell’Identity Theft, la prima reazione delle banche è stata: “… bene, allora visto che sei tu il sig. Caio Sempronio, sei tu che ci devi pagare”. Punto.

E da lì a spiegare com’era il busillis, il tempo perso e le telefonate fatte ad answering services o ad impiegati annoiati e non compiacenti si sono accumulati. E meno male che la cifra era piccola.

Venuto a conoscenza del fatto, quindi, M. parte in quarta facendo subito denuncia alla polizia locale, ed in seguito telefonando a tutte le banche e a chiunque abbia a che fare con il suo caso, mandando lettere e plichi di documentazione di identità a destra e a manca, per dimostrare che non è lui quello che ha fatto il debito, ecc.

Strategia più che giusta, ma molto stressante. È però vero che in capo a poco più di 3 mesi è riuscito a chiudere tutti i conti bancari aperti a sua insaputa con il suo nome ed a bloccare le possibili azioni delle banche nei suoi confronti, che hanno riconosciuto la sua estraneità. Ogni tanto arriva ancora adesso una sporadica lettera con richiesta di informazioni, ma non è più così terribile. Ma tre mesi di stress, ore al telefono passando da un ufficio all’altro di meandri bancari.

Atto II: quali danni

E altrettanto: quali sono stati i vantaggi per chi si è appropriato dell’identità di M.?

Vediamo questi ultimi. A parte i soldi fattisi prestare dalle banche e mai restituiti, altri fatti sono da notare:

  • Parte dei conti in banca venivano pagati, anzi, per tutto un periodo piuttosto lungo tutte le operazioni si sono svolte normalmente. Quindi il motivo non era solo monetario.
  • Il ladro addirittura ha usato l’identità di M. per lavorare! Indicazione che avrebbe potuto essere un detenuto, oppure un ex-detenuto?
  • Da un certo periodo in poi nessuna carta di credito è stata più onorata. La nuova identità quindi andava bene forse anche senza fare una truffa alle banche, ma poi è subentrata la crisi.
  • Pare che gli stranieri siano i prediletti per l’Identity Theft: tanto poi torneranno al paese di origine e mai più si preoccuperanno di queste cose. Ma come, in Italia chi ha bisogno del Credit Report? Di solito si chiede al padrone di casa, alla panettiera, ai colleghi del bar… non tramite internet…
  • Alla fine per M. molte lettere, molte ore perse (il primo mese quasi tutte le mattine, dal secondo mese in poi un giorno a settimana), ovviamente nessun rimborso pagato alle banche, che così scontano la troppa facilità con cui aprono le loro casse. Ma tanto poi saremo noi tutti che pagheremo questi danni nel prossimo estratto conto…

Lo scorso anno si parla di un costo per le banche di 48 bilioni di dollari. Ma poi è sempre Pantalone che paga, ne avevate dei dubbi?

Crimine organizzato?

Pare, ma è difficile dire, in ogni caso dopo giorni e giorni di ricerche e telefonate, M. è riuscito a crearsi un profilo del ladro (presumibilmente lo stesso) che negli ultimi 2 anni, una dopo l’altra, ha aperto le nuove credit card, all’inizio pagandone pure parzialmente i bilanci, chiudendole, aprendone di nuove… Debito accumulato e non pagato, come dicevo, sedicimila dollari, non molto, ma già troppo.

La “persona in questione” ha usato il nome di M., diminutivi del suo nome, storpiature del cognome, per crearsi nuove identità, in cui, grazie alla conoscenza del SSN (Social Security Number – tipo Codice Fiscale) e ad altri dati personali di cui era in possesso (data di nascita, numero di patente, ecc.) le persone con cui ha avuto che fare hanno riconosciuto in lui la persona che dichiarava di essere. Al supermercato o tramite web é facile, in fondo.

Il tutto faceva capo a una cittadina, Temecula, CA, dove pare ci sia un penitenziario di quelli grandini, come si nominasse Poggioreale, Ucciardone o San Vittore in Italia, tutti sanno. Forse i computer dentro i penitenziari non sempre vengono usati solamente per visitare i siti porno…

Può capitare anche a me?

Bravi voi, e come? Vediamo la situazione di M.:

Non possiede immobili, ha però un’auto, una bicicletta, vive qui negli USA da 8 anni, lavora come professore, uno stipendio medio-basso, in casa di affitto divisa con altri (sua moglie, io e mia moglie) è una persona che non dà in giro il suo numero di carta di credito senza pensarci su due volte, quasi paranoico in questo suo rifiuto di esporsi. Sempre stato così. Ha (aveva) una storia di credito ottima, sempre pagato in tempo i conti, mai fatto un debito, ecc.

Perché lui? Forse puro caso, forse il suo numero è finito nel database “sbagliato” come quando estraggono il tuo numero nella grande lotteria della vita. Capita.

Post scriptum

Quando stavo quasi per mandare l’articolo, ultimo (speriamo!) atto di questa storia sciagurata:

M. riceve una telefonata per l’ennesima volta da una di queste finanziarie-squalo che offrono carte di credito a cani e porci, fanno una pubblicità molto aggressiva e si comportano di conseguenza. Vogliono che lui paghi $750,00 per il debito contratto. M., che ha già mandato loro ben due volte tutto il plico di documentazione dell’avvenuto furto di identità, rimane un’intera mattinata al telefono cercando di far capire il problema, e a spiegare che non c’entra per niente.

Incredibilmente il giorno dopo richiamano (ovviamente un’altra persona del recupero crediti) in modo ancora più aggressivo chiedendo questa volta $450,00.

Sconto? Oppure stanno cercando di incontrare il limite in cui M. pagherà pur di toglierseli di torno? Pizzo, quindi? Un dubbio: ma che non siano queste aziende stesse una causa di questo espandersi del furto di identità? Meditiamo insieme.

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