Da quando Stuart Lynn ha lanciato il suo appello (President’s Report: ICANN – The Case for Reform), affermando che “il concetto attuale sul quale è basato l’ICANN non può più funzionare”, decine di messaggi sono stati inviati da numerosi personaggi della comunità Internet – Autorità per la registrazione dei nomi di dominio, associazioni di utenti, ecc. – e molti di loro l’hanno fatto per sollecitare una riforma dell’organismo di gestione della Rete nel quale, ormai, non si riconoscono più.
Illuminante a questo proposito l’opinione di Timothy Denton, del CIRA, la Registration Authority canadese: “Gli utilizzatori e i venditori di nomi di dominio hanno problemi reali di funzionamento e devono sbrigarsela da soli. È in questi casi che l’ICANN potrebbe essere utile, come ha già fatto mettendo in piedi l’UDRP per la protezione dei marchi in relazione ai nomi di dominio”.
Attualmente l’ICANN ha avviato una campagna di riforme che, secondo i più critici, non è altro che un progetto “per continuare a fare come prima, facendo finta di cambiare”. Una critica piuttosto velenosa che ha, però, solo una parte di fondamento. Nel progetto di riforma, infatti, l’ICANN si pone il problema della legittimità dell’organismo americano nello stabilire nuove regolamentazioni anche in ambiti nazionali. E il fatto che si ponga il problema è un segnale positivo nei confronti delle Registration Authority nazionali che da tempo chiedono maggiore autonomia.
Questa presa di coscienza, però, potrebbe non essere sufficiente, anche perché i motivi di recriminazione sono molti. Ad esempio, i rappresentanti dei governi nazionali all’interno del Governmental Advisory Committee (GAC) che avevano creduto, leggendo la lettera di Stuart Lynn, che il loro ruolo avrebbe avuto maggior peso, rimarranno certamente delusi nell’apprendere che gli viene concesso un solo seggio senza diritto di voto all’interno del consiglio d’amministrazione dell’ICANN. Inoltre, le Registration Authority nazionali si sono pronunciate contro la proposta del pagamento all’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers di 25 centesimi di dollari per ogni nome di dominio registrato, ritenendo una misura una vera e propria gabella.
Nonostante le critiche, qualcosa che funziona nel progetto di riforma c’è. Ad esempio l’idea di creare un’organizzazione che rappresenti direttamente le Registration Authority nazionali, reclamata ormai da tempo. Positiva anche la proposta di ripristinare il “Committee @ Large”, rappresentante direttamente gli utenti della Rete. Una vecchia idea che non ha mai visto la luce e che ora potrebbe finalmente tradursi in pratica.
Questi aspetti positivi dal progetto di riforma saranno sufficienti a far accettare i punti contrastati? Qualche possibilità c’è, anche perché alcuni operatori del mondo Internet, in questo periodo, stanno facendo esercizio di realismo, valutando che, se l’ICANN sparisse, si troverebbero a contrattare direttamente con il Governo americano. E certamente questo non sarebbe un passo avanti. La struttura attuale consente, quanto meno, di dialogare, anche se non sempre i rappresentanti non americani vengono ascoltati.
Le sorti dell’ICANN, comunque, non saranno decise in queste settimane, ma a settembre, quando il Department of Commerce del Governo americano deciderà se rinnovare la propria fiducia nell’attuale organismo di gestione della Rete. È quindi vitale per l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers andare avanti sulla strada delle riforme e molte cose dovranno ancora succedere prima della prossima riunione dell’ICANN, prevista per il mese di ottobre a Shanghai. La storica frase di John Postel, “Abbiamo ancora molto da fare in questi tempi interessanti che stiamo vivendo”, non è mai stata così d’attualità.