Di libri elettronici si parla ormai da molto tempo (molto, intendiamoci, relativamente ai tempi rapidissimi della rivoluzione digitale). A cavallo fra 1999 e 2000 – l’epoca della cosiddetta “falsa partenza” – sembrava fosse questione di mesi. Due o tre anni dopo, si è capito che non era così. Sfidare la carta? Un’idea balzana, hanno pensato (e scritto) in molti. Del resto, di paperless office si parlava da ancor prima, e al suo posto sono arrivate stampanti sempre più veloci, impegnate a fagocitare tonnellate di risme di carta e cartucce d’inchiostro. Ma l’idea dei libri elettronici non era un’idea balzana (così come non lo è quella del paperless office). Per poterci arrivare, però, mancavano ancora tre ingredienti.
Il primo. Dei dispositivi di lettura comodi, portatili e con schermi di buona qualità.
Il secondo. Un formato standard ragionevolmente diffuso, che potesse essere utilizzato senza eccessive difficoltà, e che permettesse un’impaginazione liquida dei testi senza pregiudicarne troppo la buona “messa in pagina”.
Il terzo. La capacità di costruire attorno alla lettura in ambiente digitale un ecosistema funzionante: gestione facile degli acquisti, meccanismi di protezione non penalizzanti, programmi di lettura funzionali e capaci di permettere non solo la lettura del testo, ma anche la gestione di servizi attorno al testo (dalle annotazioni agli aggiornamenti, dalle recensioni alle discussioni e così via).
Sono tre problemi sui quali proprio negli ultimi anni del secolo scorso si era cominciato a lavorare: i primi e-book reader degni di questo nome compaiono nel 1998. Negli stessi anni Amazon introduceva nel proprio sito (nato nel 1995) i primi strumenti di filtraggio collaborativo, mattoni di un ecosistema della lettura che restava in apparenza ancorato alla carta, ma che si avviava a diventare autonomo. Nel 1999 arrivava la prima versione di Open eBook Publication Structure (OEBPS), il progenitore di ePub.
Nonostante l’entusiasmo, però, gli annunci e i prototipi non bastano: fra l’avvio del lavoro e i primi risultati in qualche misura soddisfacenti doveva passare quasi un decennio.
Dalla fine del millennio spostiamoci allora a gennaio 2007. È in quel mese che Time Magazine pubblica la celebre copertina a specchio: la “persona dell’anno” è l’utente attivo, che non si limita a consumare informazione ma la produce. In quel gennaio 2007 Facebook è già uscito da Harvard per aprirsi a milioni di utenti di tutto il mondo, il Web 2.0 e l’idea di user generated content sono già merce comune, Windows XP è già stato sostituito dalle prime versioni di Windows Vista (non un gran passo avanti…). Guardato da questo punto di vista, quel gennaio del 2007 non è troppo lontano.
C’è però un settore in cui il gennaio 2007 è lontanissimo: quello della lettura e dell’uso mobile dell’informazione. Niente iPhone (l’annuncio è del 9 gennaio, ma i primi esemplari escono a fine giugno), niente Kindle (arriverà a novembre), e ovviamente niente iPad (la cui prima versione è dell’aprile 2010). Da questo punto di vista, il 1 gennaio 2007 è passato remoto: fra allora e oggi, c’è stata una rivoluzione.
Certo, lo spazio per ulteriori innovazioni tecnologiche relative ai dispositivi di lettura è enorme: ma possiamo dire che sul primo punto abbiamo fatto passi avanti davvero notevoli. Il periodo 2007-2011 è stato insomma quello dell’esplosione del nuovo hardware.
E il software? Le funzionalità dei programmi di lettura, i servizi offerti, il linguaggio in cui scrivere gli e-book? Anche qui, i progressi ci sono. Ma sono solo la punta di un iceberg: se posso rischiare una previsione, nel campo della lettura in ambiente elettronico dopo i cinque anni dell’hardware ci aspettano (almeno) cinque anni di crescita esplosiva delle caratteristiche e delle funzionalità offerte dal software.
Il primo elemento di questo sviluppo è il linguaggio ePub. Il passaggio da ePub 2 a ePub 3 non è solo un raffinamento: è un passo avanti enorme, e sicuramente ancora provvisorio. Occorrerà integrare ePub con strumenti standard per la gestione condivisa delle annotazioni, per la gestione di feed RSS… non possiamo più permetterci di considerare il ‘pacchetto’ ePub come un oggetto chiuso, e già ePub 3 ne è almeno in parte consapevole.
L’e-book del futuro, insomma, non sarà un pacchetto chiuso di contenuti: sarà una raccolta di servizi. E in apertura del bel lavoro che avete sullo schermo, Ivan Rachieli lo sottolinea subito e con grande chiarezza: “non solo un ebook non è in nessun caso un package, ma (…) è senza ombra di dubbio un information service”.
Per avvicinarci a questa dimensione, che caratterizzerà l’ePub di domani, bisogna capire come funziona l’ePub di oggi. E questo libro aiuta a farlo: non nella forma di manuale tecnico ma nella forma di compendio ragionato e ragionevole, capace di identificare e spiegare i principi alla base degli e-book in formato ePub. Uno per tutti: accanto al principio tradizionale (e sempre valido) secondo cui content is the king, il meno scontato ma non meno importante metadata is the king. Perché l’e-book funzioni, insomma, contenuto e metadati devono regnare insieme.
Chi voglia lavorare professionalmente sul linguaggio ePub avrà probabilmente bisogno, dopo aver letto questo libro, di ulteriori approfondimenti. Ma non avrà certo perso il suo tempo: potrà muoversi all’interno di un territorio esteso e complesso conservando il senso dell’orientamento.
Gino Roncaglia
@roncaglia
Pubblicato originariamente come prefazione a La pratica dell’epub di Ivan Rachieli. Scopri la collana di ebook Apogeo dedicati all’editoria digitale.