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I quattro punti cardinali

21 Ottobre 2015

I quattro punti cardinali

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Design is not just what it looks like and feels like. Design is how it works! (Il design è come funziona, non come appare!)

È su questo presupposto che Steve Jobs ha costruito la filosofia di Apple e il mondo della mobile – smartphone – experience, basata sulla user friendly ability – la capacità di creare prodotti di facile uso – nonché il mondo delle app.

La domanda come si progetta una app? potrebbe quindi sembrare mal posta. Così come direbbe Pensiero profondo nella Guida Galattica per Autostoppisti (Douglas Adams, 1979):

La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto è… 42. Sì, ci ho pensato attentamente; è questa, 42. Certo sarebbe stato più semplice se avessi conosciuto la domanda.

Per poi aggiungere qualcos’altro:

Questo [perché] non è una domanda! Solo quando conoscerete la domanda comprenderete la risposta.

Quindi, prima di rispondere a tutti 42, bisogna porsi altre domande, altrimenti sarà difficile rispondere correttamente. Se per app si intende una mobile app (una applicazione per smartphone, tablet e ormai anche smartwatch), la si deve progettare tenendo in considerazione quelli che per comodità mi piace chiamare i quattro punti cardinali:

  1. Il target (gli utenti ai quali ci vogliamo rivolgere).
  2. I contenuti o servizi che vogliamo offrire.
  3. Il contesto d’uso dell’app.
  4. Su quali device è opportuno rilasciare la app.

Proviamo ad esplodere i singoli punti.

Target

Ogni pubblico ha le sue esigenze, così come uomini e donne, adulti e bambini, e perché no, cani e gatti (Paint for Cats è un ottimo esempio su questa falsariga).

Una interfaccia semplice dove il nostro micio deve solo picchiettare lo schermo con la zampa e colpire il topo. Effetto finale: una emozionale tavola colorata. Scopo dell’app: far divertire il gatto (credo).

In passato abbiamo parlato anche delle app baby e di come sia importante tenere in considerazione il pubblico al quale ci rivolgiamo. Anche in questo caso è il target che comanda. Progettare infatti una app che richiede gesture (gesti, azioni) complesse non sarà gradito ai giovanissimi. I modi per capire che cosa vuole il pubblico sono i seguenti.

  • Le interviste aperte. Possono essere definite conversazioni focalizzate su uno specifico argomento. In Interaction Design (edizione italiana Apogeo Education, 2004) Jennifer Preece, Yvonne Rogers e Helen Sharp dedicano loro un intero capitolo. Un estratto consultabile gratuitamente è disponibile su Google Libri.
  • Un’altra modalità sono le interviste strutturate, composte da una lista di domande chiuse che richiedono una risposta precisa tra quelle fornite. Le domande devono essere brevi e dirette. Uno degli strumenti più utilizzati per formulare e condividere è sicuramente Survey Monkey ma possono essere di aiuto anche i Google Moduli, semplicissimi da utilizzare.
  • Infine si dovrebbero citare anche i focus group, una metodologia nata negli anni quaranta. Si organizza di solito con gruppi medio-grandi invitati a discutere su un tema. Immaginiamo quindi di voler progettare una app che aiuti a prenotare il taxi. Si invita un gruppo di persone, precedentemente selezionato, per discutere il loro naturale comportamento quando prenotano un taxi. Dai loro racconti è necessario estrapolare le problematiche o le difficoltà che vivono e farle diventare l’obiettivo del design: migliorare l’esperienza degli utenti facilitando il raggiungimento dell’obiettivo.
Contenuti e servizi

Ogni contenuto ha le sue regole di categorizzazione, impaginazione e divisione-raggruppamento per tipologia. Di questi si occupa la disciplina che prende il nome di Content Design. Per contenuti si intendono i testi, le immagini, gli elementi animati, gli effetti sonori e relative musiche e l’impaginazione.

Contesto d’uso

Studiare e capire il luogo di fruizione (a casa, al lavoro, per strada, in aeroporto, alla guida dell’auto eccetera) è indispensabile per progettare una corretta interfaccia che consenta di vivere al meglio l’esperienza utente. Pensare una app di navigatore satellitare con pulsanti minuscoli, che richieda uno sforzo cognitivo elevato per capire quale pulsante toccare allo scopo di impostare destinazione casa, può inevitabilmente portare a far compiere errori all’utente.

Device

A parte le specifiche tecniche (che meritano un articolo a parte) la risposta sta nell’ergonomia del device. Smartphone e tablet hanno dimensioni diverse e impugnature differenti. Luke Wroblewski spiega in un articolo come le persone usano in media gli smartphone. I dati dimostrano che il 94 percento delle persone usa il device in verticale tenendolo con una mano, mentre il restante sei percento lo utilizza in modalità landscape, orizzontale.

A queste riflessioni è utile aggiungere un altro studio ergonomico sempre di Luke Wroblewski, Designing for Large Screen Smartphones.

Risulta interessante come l’ergonomia del device porti a usare, come spazio più comodo e confortevole, l’angolo in basso a sinistra dello schermo, mentre quello meno utilizzato è quello relativo all’angolo in alto a sinistra. Queste riflessioni aiutano a procedere con il design delle schermate e come disporre i pulsanti.

Presupposto principe ai quattro punti cardinali sopra descritti è il seguente: l’utente che utilizza una app (vale per qualsiasi interfaccia, anche quella delle app per la SmartTV e del decoder del digitale terrestre) non compie errori perché è incapace, bensì perché probabilmente l’interfaccia è mal progettata. Questo non dovrebbe mai accadere e quando accade è dovuto, per buona parte, al fatto che non è stato seguito uno dei quattro punti cardinali.

Quanto detto finora vale sia per le app che per i siti. Nel suo Seven UX Design Misconceptions That Simply Aren’t True, Alex Ivanovs inserisce tra i sette punti quello dal titolo Mobile Apps for a Mobile Experience.

Ivanovs cerca di spiegare come non sia sempre necessario realizzare una mobile app. È più importante a volte avere un sito web responsive (che adatta la sua impaginazione a seconda della dimensione dello schermo e del device) che rilasciare un mediocre sito web – magari non responsive – e una mobile app non ottimizzata per smartphone e tablet (iOS, Android, Win). Agli occhi degli utenti – i veri “critici” – il risultato sarebbe tutt’altro che gradito.

Affronteremo il tema in un prossimo articolo. Stay tuned!

Nei prossimi mesi i nostri autori esamineranno in più articoli la creazione di una app sotto tutti i punti di vista, dal design alla programmazione al marketing alle questioni legali, sotto lo hashtag #mifacciolapp. Tutti i post resteranno consultabili a partire dalla pagina Come fare una app.

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