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I nostri dati al sicuro in un bunker svizzero

06 Luglio 2007

I nostri dati al sicuro in un bunker svizzero

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La fine della Guerra Fredda ha significato il progressivo smantellamento di parte dei bunker antiatomici svizzeri, trasformati ora in hotel o in sicurissimi depositi di informazioni

Negli anni della Guerra Fredda gli svizzeri decisero che essere neutrali era bello, ma che era molto meglio essere neutrali e terribilmente difficili da conquistare. Così, per evitare a chiunque la tentazione di impadronirsi della Svizzera come risorsa strategica per la fornitura di cioccolata, Emmenthal e orologi alle truppe, la Confederazione Elvetica intraprese un vasto programma di preparazione ad una guerra futura. Oltre a rendere obbligatorio la messa a disposizione di un posto in un rifugio antiatomico per ogni cittadino, vennero realizzate costruzioni militari altamente protette, a prova di Bomba (evoluzioni del programma di fortificazioni militari già da decenni attivo).

Tra le installazioni più eclatanti, senza dubbio i vasti bunker sparsi per la campagna svizzera, mimetizzati sotto finte fattorie o scavati all’interno del massiccio alpino, in grado di ospitare e proteggere truppe, mezzi militari (tra cui la mitica bicicletta dell’esercito svizzero) e persino aerei, in comodi hangar a prova di attacco nucleare o quasi. Trasformando la nazione in una mimetizzata fortezza alpina.

Cambiano i tempi, cambiano le minacce, le probabilità che qualcuno si prenda il mal di pancia di tentare di occupare la Svizzera sono scese vertiginosamente (nonostante i buoni risultati della squadra di hockey dell’Ambrì Piotta) e un certo numero di queste istallazioni militari sono state ritenute non più cruciali per la sicurezza nazionale, aprendo quindi la strada per una privatizzazione dei bunker. Il mercato inizialmente non sembrava molto roseo per un impiego civile di queste cavità sotterranee: non adatte per la maturazione dei formaggi tipo taleggio, difficilmente markettabili come locali notturni o ristoranti data la loro ubicazione spesso poco pratica rispetto ai principali centri urbani.

Si può certo tentare la strada del turismo (date un’occhiata qui se volete soggiornare in un rifugio antiatomico trasformato in economico hotel e qui per un’alternativa più lussuosa, votata alla calma e alla concentrazione), ma la locazione sotterranea limita la tipologia di clienti interessati.

Il futuro dei bunker pare però avviato verso orizzonti positivi grazie all’idea dell’azienda elvetica C-Channel, che ha individuato una perfetta opportunità: trasformare due di questi bunker in sicurissime aree di backup per dati sensibili di aziende, privati facoltosi e chissà, forse anche governi. L’azienda, specialista in software bancario, ritiene infatti che la dislocazione di questi ambienti li renda particolarmente appetibili per tutti coloro che non possono permettersi il lusso di perdere i dati, per atti accidentali, naturali, criminali o terroristici.

Il bunker presenta infatti per sua natura una elevata capacità di protezione: molti di questi sono in località remote e facilmente sorvegliabili, gli accessi alle caverne svizzere digitalizzate saranno presidiati da personale armato… e può sempre far comodo il fatto che numerose strade e tunnel svizzeri siano ancora minati con esplosivi sotterranei pronti a esplodere, sepolti negli anni passati per rendere impercorribile la Svizzera agli invasori.

Se il concetto avrà successo, possiamo facilmente prevederne l’estensione a tutta una serie di strutture paragonabili esistenti in molte nazioni. Gli inglesi si sono già mossi. Ma ascoltando il nostro immaginario collettivo, nutrito dal diabolico piano di Goldfinger, un candidato ideale sarebbe il mitico Fort Knox, sede della riserva aurea degli Stati Uniti, difeso dalle forze speciali della Zecca americana e dalle unità militari corazzate che si esercitano in installazioni adiacenti.

Anche se ufficialmente non c’è posto per allocare server e dispositivi di storage, ospitando Fort Knox oltre 4.000 tonnellate d’oro, esiste una teoria della cospirazione segreta, secondo la quale l’oro sarebbe stato venduto negli anni ’60. Un nuovo auditing indipendente della situazione verrà effettuato a fine anno. Se la teoria fosse confermata (e dopo l’inevitabile crollo dell’economia mondiale se si scoprisse che la riserva aurea statunitense è effettivamente evaporata), Fort Knox potrebbe agevolmente riciclarsi come perfetto candidato nel crescente mercato delle location per l’archiviazione di dati ad altissima sicurezza.

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