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I micropagamenti: come trasformarli in transazioni elettroniche?

25 Novembre 2004

I micropagamenti: come trasformarli in transazioni elettroniche?

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Si intende comunemente con il termine micropagamenti, tutta la serie di transazioni monetarie di piccolo importo che costituiscono il 90% delle attività individuali legate al denaro

Convenzionalmente il limite tra micro e macropagamenti si pone a 10 euro, cifra che nella stragrande maggioranza dei casi viene regolata in contanti e, con l’euro, in monete metalliche. Da almeno 8 anni sono in atto anche in Italia una serie di tentativi per sostituire con una qualche forma di pagamento elettronico queste transazioni, tentativi che solo negli ultimi due anni hanno avuto un qualche successo, anche se limitato.

Oggi è ad esempio possibile pagare il taxi via cellulare, e sono in corso sperimentazioni per il pagamento del biglietto dei mezzi pubblici con lo stesso metodo. Alcuni progetti pilota, partiti in altri Paesi, prevedono anche l’acquisto di oggetti d’uso quotidiano come i quotidiani.

Si tratta, in altre parole, di effettuare il pagamento per l’acquisito di beni e servizi tradizionali, offline, con uno strumento elettronico, di solito il cellulare. Per queste attività si è coniato il termine di m-commerce, ovvero “mobile commerce”, e in tutto il mondo ci si è messi in moto nella definizione di standard e nello sviluppo d tecnologie e infrastrutture, Italia compresa (basti pensare all’iniziativa Bankpass Mobile dell’ABI).

La “mobilità”, però, c’entra con i micropagamenti anche in un altro senso, andando a interessare un campo di attività e un mercato diversi. Se invece di usare il dispositivo mobile per pagare beni e servizi esterni, infatti, ci si concentra sull’uso del dispositivo mobile per usufruire di servizi, si è costretti a esaminare la questione da un punto di vista completamente diverso, tentando di rispondere a una domanda che arrovella gli esperti di settore: come far pagare i contenuti “mobili”?

La risposta è apparentemente banale: il servizio mobile fondamentale è la conversazione telefonica e da quasi 150 anni esiste un metodo per farla pagare, la bolletta telefonica. Quindi, per pagare i contenuti mobili è sufficiente adottare uno schema equivalente agli “scatti” o al costo/tempo, basato su un accordo tra fornitore di contenuti e gestore telefonico. Qui, però, nasce il problema vero. Tecnicamente, infatti, sembrerebbe la cosa più semplice del mondo, ma in termini di business si tratta di rispondere a un’altra domanda: chi controlla?

La risposta non è poi così banale. Esistono dei contesti in cui il ruolo centrale nell’operatore telefonico è stato bene accetto dai fornitori di contenuti, ottenendo un effetto positivo sul mercato con soddisfazione di tutti gli attori, in primis il caso I-Mode DoCoMo in Giappone. Il fatto, però, che nella maggior parte dei casi il mercato stenti a decollare proprio per la riluttanza dei possibili fornitori di contenuti ad affidarsi ai gestori per i pagamenti (che si portano dietro anche una dipendenza per le strategie di marketing e commerciali), spinge molti analisti a identificare la soluzione proprio nella disponibilità di sistemi di micropagamento svincolati dai gestori.

Per questo tali sistemi stanno acquisendo sempre maggiore importanza, divennendo nodo centrale per il futuro dell’m-commerce.

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