Mentre le autorità incaricate delle norme tecniche del Web (IETF, l’Internet engeneering task force) tenta di mettere a punto i nomi di dominio con accenti, una start-up cerca di far valere un brevetto in questo campo e chiede di essere pagata per il suo uso.
Insomma, si vuole vendere la pelle ancora prima di aver ammazzato l’orso (mi scusino gli animalisti). Infatti, non ancora a punto tecnicamente, i nomi di dominio accentati o contenenti caratteri speciali stanno diventando preda di una querelle giuridica.
La soluzione tecnica sviluppata dall’IETF cadrebbe in presenza del brevetto depositato dalla società Walid.
Il ritardo, già acquisito in materia, invece che recuperarsi rischia di aumentare.
Ma all’interno della task force sono ottimisti e vedono segni che mostrano che la Walid potrebbe riconsiderare la sua posizione.
La domanda sorge spontanea ed è la stessa che si sono posti genericamente molti economisti: il concetto di brevetto (nello specifico sul software) non dimostra di diventare un freno all’innovazione?
È quello che pensano i supporter di Linux o in casa Sun, ad esempio, che chiedono a gran voce libertà di intervento sul software, senza codici sorgenti proprietari e con la possibilità di migliorare ogni tipo di prodotto.
In Europa, l’unica voce ufficiale contraria all’istituzione di questo tipo di brevetti arriva dalla Francia, terra di rivoluzioni e di libertà, uguaglianza e fraternità.