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Hacker scatenati negli Stati Uniti

25 Marzo 1998

Hacker scatenati negli Stati Uniti

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Un attacco su larga scala di hacker o presunti tali, ha messo a soqquadro negli Stati Uniti il mondo della Rete, proponendo nuovi inquietanti quesiti sul problema della sicurezza online. E se tutto ciò accadesse in Italia?

Una nuova ondata di attacchi a sistemi informatici di grandi enti americani ha messo in crisi quelli che speravano che i computer collegati a Internet potessero ritenersi ragionevolmente sicuri e a prova di attacchi esterni. Prima, alcuni sistemi del Pentagono sono stati scardinati da due adolescenti californiani; poi centinaia – alcuni dicono migliaia – di computer con installati i diffusissimi sistemi operativi di Microsoft come Windows 95 o NT, sono stati messi fuori servizio nella notte del 2 marzo. Si è trattato di un attacco su larga scala a computer di molte Università, della Marina, e anche della NASA. Gli attacchi sono arrivati contemporaneamente da diverse macchine collegate a Internet, mandando in tilt i computer colpiti, senza che però ci siano stati danni rilevanti ai dati o al software.

Gli attacchi sono stati di vario tipo, ma hanno colpito alcuni bug conosciuti dei sistemi operativi Microsoft. Gli esperti di sicurezza della casa di Redmond hanno rassicurato gli esperti sostenendo che i computer assaltati non avevano installato le patch che Microsoft aveva messo in rete nel gennaio di quest’anno per ovviare ad alcuni problemi di sicurezza che si erano evidenziati. Gli esperti della mega software house hanno cercato di minimizzare l’evento e stanno indagando con NASA e FBI per localizzare la provenienza degli attacchi. Resta però un forte imbarazzo intorno alla società di Bill Gates che proprio in questi giorni sta cercando di risolvere altri suoi problemi riguardanti le accuse di concorrenza sleale piovutele addosso da più parti.

La stampa americana ha dato grande rilievo alle gesta di questi hacker notando che i fenomeni di violazione di sicurezza informatica sono cresciuti del 16% in un anno e che i costi di queste azioni sono di circa 100 milioni di dollari l’anno. Il governo americano ha dichiarato che aumenterà ancora i suoi sforzi per “pattugliare la rete”contro altri guastatori telematici. Resta il timore diffuso che il fenomeno dell’hacking possa trasformarsi in un problema politico e sociale perché il computer crime potrebbe anche diventare una forma di ricatto fra governi o entrare nelle mani delle frange più pericolose del terrorismo internazionale. Se l’attacco a centinaia di computer ha fatto soprattutto audience su televisioni e giornali, la passeggiata di due ragazzini californiani nei computer del Pentagono ha posto dubbi molto seri sui sistemi di sicurezza presenti e sull’abilità del Ministero della Difesa Americano di tutelare informazioni strettamente riservate.

Ma si tratta di hacker veri o siamo di fronte ad un fenomeno diverso ? Ne abbiamo parlato con Raul Chiesa hacker pentito diventato famoso suo malgrado 3 anni fa per aver scardinato i computer della Banca d’Italia. Oggi Raul dopo essere stato condannato per le sue azioni è il titolare di una azienda che si occupa di informatica, Internet e ovviamente di sicurezza.

Cosa ne pensi dell’attacco combinato di hacker avvenuto negli USA?

“Innanzitutto non penso che sia un fenomeno di terrorismo politico o economico nei confronti di Microsoft, ma piuttosto di un gruppo di ragazzini che si sono voluti divertire per mettersi in mostra sui media. I bachi dei sistemi Microsoft che sono stati fatti saltare sono conosciuti da molti esperti di informatica e si possono comodamente leggere sulla Rete bollettini che spiegano per filo e per segno come sfruttarli. Ma non si tratta di hacker di vecchio stampo perché l’hacker tradizionale ama studiare a fondo dove e come introdursi nel sistema prima di trovare la strada per penetrarci. In questo caso bastava trovare i computer con i sistemi operativi insicuri e poi dirigere l’attacco. C’è scarsa affinità culturale fra questi ragazzi e gli hacker veri”.

Ma qualche cosa del genere potrebbe capitare anche in Italia?

“Assolutamente sì, da molto tempo non si sente parlare di grandi exploit di hacking in Italia, anche se difetti sistemistici come quelli sfruttati dai ragazzi americani sono più o meno noti a tutti. Indubbiamente oggi c’è molto più controllo da parte della polizia da quando la responsabilità del settore è passata dal Servizio Centrale Operativo (SCO) che aveva una struttura centralizzata alla Polizia Postale (NOPT) che ha una organizzazione molto più diffusa sul territorio per controllare la situazione e fare intercettazioni e verifiche”.

Ma le aziende in Italia si preoccupano veramente a fondo di sicurezza informatica e si proteggono dagli attacchi di potenziali hacker?

“Le aziende per ora fanno ben poco per interessarsi di sicurezza, sembra che il problema non le tocchi salvo poi svegliarsi di soprassalto nel momento in cui qualche cosa non va.. Il problema è invece molto serio anche perché la vecchia guardia degli hacker era costituita da personaggi che per spirito d’avventura volevano entrare nei sistemi per verificarne la sicurezza, mentre ora sembrano esserci nuove generazioni di smanettoni il cui obiettivo è soprattutto quello di fare dei danni. Ai miei tempi il nostro crimine era la curiosità, anche noi avevamo un codice etico che ci impediva di fare danni gratuiti. Oggi temo che alcuni vogliano volutamente creare scompiglio”.

L'autore

  • Vittorio Pasteris
    Vittorio Pasteris è un giornalista italiano. Esperto di media, comunicazione, tecnologia e scienza, è stato organizzatore dei primi Barcamp italiani e collabora con il Festival del giornalismo di Perugia.

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